Il 28 giugno 1988 un'etichetta discografica che ha segnato la storia dell'hip hop, la Def Jam, pubblicava il secondo disco del gruppo rap newyorchese Public Enemy, It Takes A Nation Of Millions To Hold Us Back. Un mese dopo l'album aveva già venduto 500.000 copie.
E non è un dato trascurabile perché il rap, all’epoca, non era affatto il genere musicale dominante nelle classifiche, come è poi diventato, e questo disco ancora oggi suona come un mix di basi dirompenti che lasciano il segno anche grazie a un flusso di rime di impatto e a testi antagonisti e irriverenti (soprattutto contro il potere bianco).
Non si tratta di rap leggero, insomma, perché le atmosfere sono così colme di tensione che gli stessi amanti del rock ci hanno trovato subito suoni a loro familiari, o quanto meno un'irruenza che li ha fatti sentire a casa, nonostante per molti, all'epoca, tutta la musica che nasceva dalla cultura hip hop non fosse considerata rispettabile perché nei pezzi, dicevano, nessuno suonava né cantava.
Erano anni cruciali per l'affermazione del rap che, per esempio, ancora doveva affacciarsi stabilmente in Europa, ma proprio l'uscita di It Takes a Nation of Millions to Hold Us Back ha segnato una svolta da questo punto di vista.
Gli anni '80 e il loro edonismo stavano per lasciare spazio a un ultimo decennio del novecento molto movimentato, e anche la rabbia veicolata da dischi come questo ha contribuito a determinare una svolta nei sentimenti dominanti, soprattutto dei giovani, che quanto meno nella prima metà degli anni 90 si faranno sentire, spesso proprio tramite la musica, e non solo quella cosiddetta "impegnata".
Lo conferma il fatto che gli stessi ragazzini bianchi, non solo statunitensi, si identificavano in questa "rabbia nera".
L'impatto del disco, insomma, è stato clamoroso perché se il titolo di un brano, Don’t Believe The Hype, è diventato uno slogan, Martin Luther King e Malcolm X, grazie a certi versi, sono tornati in auge tra i più giovani che, di conseguenza, allo stesso tempo, hanno iniziato a identificare il vero nemico pubblico in CIA e FBI.
Così Kurt Cobain ha inserito It Takes a Nation of Millions to Hold Us Back tra i suoi 50 album preferiti di sempre e molti altri artisti più riconducibili a chitarre pesanti e batterie frenetiche, come Henry Rollins, hanno lodato questi suoni fino a posizionare l’album dalla stessa parte del rock.
Non a caso gli Anthrax, band thrash metal sempre di New York, tre anni dopo prenderà Bring The Noise, il secondo singolo nonché la seconda traccia dell'album, per farne una versione ancora più tirata e "rumorosa" rimasta nella storia anche perché all’epoca gli amanti del rap e del rock non si vedevano di buon occhio.
D’altronde She Watch Channel Zero?!, altra traccia del disco, anche senza remix o riprese di musicisti di altri generi, è un pezzo in cui il rock e il rap in versioni “pesanti” convivono piuttosto bene. Poi, come vuole la migliore tradizione rap, nel disco c’è anche il funk, molto presente nei campionamenti, ma in un contesto simile non è musica per ballare, non è un semplice groove coinvolgente, ma un elemento che contribuisce all’irrequietezza.
Chuck D e Flavor Flav, le due voci dei Public Enemy, la prima più profonda e intimidatoria, la seconda più scanzonata e caotica, insieme alla loro crew, dopo questo hanno pubblicato altri due dischi rimasti nella storia, non solo del rap, ossia Fear of a Black Planet (1990) - contenente anche quella Fight the Power composta per l'epocale film di Spike Lee Fa' la cosa giusta (1989) - e Apocalypse 91... The Enemy Strikes Black (1991): erano anni di grande ispirazione per il gruppo, complici le politiche conservatrici dei presidenti statunitensi in carica, i repubblicani Reagan e Bush (padre), e la carica che dava l’ascesa del rap, che si stava guadagnando le attenzioni di mezzo mondo perché per molti, allora, era la vera grande e sorprendente novità della musica.
Il fatto che uno dei gruppi rap simbolo di questo periodo storico avesse propositi rivoluzionari dà anche la misura di quanto questo genere sia cambiato negli ultimi decenni. Già all’epoca c’era chi prediligeva testi leggeri e disimpegnati - per esempio LL Cool J, vera star negli anni 80 – o più focalizzati sulla vita di strada – come gli N.W.A. – ma c’erano grandi spazi anche per chi, come i Public Enemy, puntava tutto su un rap militante che arrivava dritto in faccia e faceva preoccupare soprattutto i genitori bianchi che vedevano i loro figli scaldarsi con questi suoni e queste rime non proprio concilianti....
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