Sapore di sala

Ecco (finalmente!) No Time to Die, il 25esimo attesissimo "Bond"

Arriva al cinema No Time to Die, il venticinquesimo “Bond”. Dopo tanto tempo, di Covid, di decisioni e di ripensamenti, ormai ci siamo. Ma non è stata solo la pandemia a creare problemi. Un dato è che la quasi-sessantenne saga, fatica per la propria mole. L’altro è che personaggio e serie non presentano più l’appeal di un tempo. Sono molti 25 film, soprattutto sono molte la variabili da risolvere, di mercato, di generazione, di linguaggio, di storia, di spettacolo, di politica.

Michael G. Wilson, il co-produttore con Barbara Broccoli, quando alla fine del 2016 (!) si accinse all’impresa dello 007 numero venticinque fece un’istantanea precisa e... preoccupata: “Abbiamo appena iniziato a buttare giù qualche idea per il prossimo film. Ogni processo per lo script inizia quando ci poniamo la domanda: di cosa ha paura il mondo adesso? Nel caso di Spectre il tema era il monitoraggio e l’utilizzo di informazioni globali. Così ora stiamo cercando di scoprire che cosa sarà rilevante nei prossimi anni. Abbiamo sempre voglia di fare qualcosa di nuovo con il personaggio e vedere Bond in situazioni sempre nuove. Il pubblico si aspetta qualcosa di nuovo ogni volta! Ci aiuta guardare ai romanzi di Ian Fleming, possono essere di grande ispirazione…”

Non fa una grinza. Davvero bei tempi quelli di Fleming. Era il lontano 1962 quando apparve il primo 007 Licenza di uccidere e fu l’inizio di quel successo sicuro, di quella bella abitudine, di una cultura. E fu tutto abbastanza semplice, i produttori Saltzman e Broccoli e lo scrittore Fleming si innamorarono di Sean Connery, scelsero un regista affidabile, Terence Young, e tutto partì.

Per No Time to Die le variabili e i contrasti sono stati molti, troppi. A complicare ulteriormente ci si sono messi scrittori e registi, soprattutto ci si è messo Daniel Craig che, faticosamente convinto dai produttori, che ha detto: “Sarà l’ultima volta che faccio Bond, non ne posso più”. Si temeva che gli  storici sceneggiatori apocrifi Neal Purvis e Robert Wade, che raccolsero il testimone di Fleming,  potessero essere a corto di idee, così la produzione ha assunto due new entry “fresche”, Scott Z. Burns e Paul Haggis.

Sam Mendes, regista dei due precedenti “Bond”, ha preferito rinunciare al terzo. Christopher Nolan nome garante, non ha voluto entrare in quella che ha chiamato una centrifuga. Denis Villeneuve ci ha pensato, ma poi ha deciso di impegnarsi su Dune, scelta azzeccata. Dopo un altro tentativo, a vuoto, con Danny Boyle, ecco finalmente la scelta definitiva: Cary Fukunaga, portatore di garanzia col suo IT tratto da Stephen King. Per un ulteriore punto di sicurezza la produttrice Barbara Broccoli ha chiamato Phoebe Waller-Bridge, autrice della famosa serie tv Fleabag che domina il gradimento britannico.

La storia. Bond non è più in servizio, si è ritirato nella sua prediletta Giamaica, ma il suo amico della Cia Felix Leiter lo rimette il gioco. Si tratta di salvare uno scienziato rapito. Riemergono antichi nemici, come la Spectre, nei panni di un terrorista Lyutsifer Safin, che possiede armi nucleari e chimiche, e intende agire. Dunque lo schema non cambia, l’antagonista coprotagonista è il solito macrocriminale che minaccia il mondo. Il nemico non è più la Russia o l’Islam, è il terrorismo. Le occasioni, e le fonti... non mancano. E non mancheranno.

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