Sapore di sala

La grande fuga: i 60 anni dell’evasione più celebre del cinema

© MYmovies.it

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È opportuno partire da Paul Brickill, che ha scritto il libro.
Era un pilota australiano. Nel marzo del 1943 il suo Spitfire venne abbattuto in Tunisia. Riuscì a salvarsi e venne internato in Germania nel campo di concentramento per ufficiali Stalag Luft III dove organizzò un tunnel per evadere dal campo. Ci riuscì.
Chi più di lui era adatto a scrivere su una fuga? Infatti scrisse. E non si limitò alla “grande fuga”, scrisse altri libri che diventarono film: I guastatori delle dighe, e quello che è un vero classico del genere, Bader il pilota.

La Paramount acquisì i diritti del romanzo e affidò la regia a John Sturges, uno che offriva garanzie.
Basta qualche titolo: Sfide all’O.K. Corral, Il vecchio e il mare, I magnifici sette. Titolo che gli stava a cuore.
Così accadde che quando si apprestò a comporre il cast della “fuga” pensò subito ad alcuni attori che avevano dato personalità e qualità ai magnifici: Steve McQueen, Charles Bronson e James Coburn.
I tre diedero personalità, e con che forza, anche alla Grande fuga.

Il film è un vero superclassico, il titolo che identifica più di ogni altro un’evasione in grande stile. Citato anche in altri film. Per esempio da Dino Risi nel Giovedì.
Il racconto, grazie alla dinamica registica di Sturges e alla musica rapinosa legata ad ogni azione di Elmer Bernstein, un altro reduce dei magnifici sette, procede veloce. È vero cinema secondo la sua opzione più efficace, lo spettacolo.

La storia. Il campo Stalag Luft, appunto, viene organizzato per ospitare le cosiddette mele marce, secondo i tedeschi e gli eroi, secondo gli alleati. Arrivano i più organizzati campioni di evasioni. Comanda il campo il colonnello von Luger, interpretato da Hannes Messemer, un vero specialista, lo ricordiamo nel ruolo del comandante della prigione che ospita il generale Della Rovere, nel film di Rossellini.
La figura più importante fra i prigionieri è l’ufficiale inglese Roger Bartlett, un vero genio delle evasioni. Bartlett non perde un minuto, si mette subito a organizzare la “grande fuga”. Saranno in 250 a tentare di scappare.

Sturges racconta tutto nei particolari, come liberarsi della terra scavata per il tunnel, e poi i documenti, l’abbigliamento, le informazioni esterne. E lo scavo della galleria dove occorre pompare aria, illuminare, resistere in uno spazio da claustrofobia.
Tutto procede secondo il progetto. Ciascuno fa quello che deve fare. Da ricordare attori come Donald Pleasence, Richard Attemborough, James Garner, ma tutti sono all’altezza.

Il tunnel sbuca una ventina di metri oltre il recinto. Uno a uno i prigionieri escono. Ma non tutti, c’è stato un rumore sospetto e i nazisti bloccano gran parte dei fuggiaschi. A quel punto la storia si trasferisce all’esterno. Ogni evaso cerca di non farsi catturare e di raggiungere la Francia, la Svizzera o la Spagna. Gran parte di loro vengono ripresi, e riportati al campo. Ma altri cinquanta vengono radunati in un campo e falciati delle mitragliatrici della Gestapo.

E i tre “magnifici”? Sturges non se la sente di farli morire. Saranno fra i pochi a non farsi catturare. Bronson riesce a raggiungere una barca e a dirigersi verso la Svizzera. Coburn, a Parigi, viene aiutato dalla resistenza e prende la direzione della Spagna.

Steve McQueen è il vero eroe protagonista. Si impossessa di una moto e viene inseguito dai nazisti.
In quelle colline intorno al Reno ne fa di tutti i colori. Attraversa torrenti, supera barriere di filo spinato, guida la moto come… Valentino. Ed è proprio lui, non la controfigura. Sono convinto che Vasco Rossi quando canta «Voglio una vita spericolata, voglio una vita come Steve McQueen» si ispiri proprio a quell’eroe in fuga.
Steve finisce nel filo spinato. Deve arrendersi. Viene riportato nel campo. I superstiti lo applaudono. Entra in una cella, ma sappiamo che sta già pensando alla prossima impresa.

Davvero grande film quello di Sturges, che seppe alternare gli episodi con un ritmo che apparteneva al suo stile. Non era semplice per un film che durava quasi tre ore.
Nella stagione 1963/64 il titolo si insediò sul podio degli incassi. I network lo propongono spesso. E il gradimento è sempre alto.

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