«Bambini! Non fate i monelli!»
Scommetto che almeno una volta ce lo siamo sentiti dire tutti, magari in un'altra forma, per esempio con la domanda: «oggi sei stata brava o monella?» ̶ così mi dicevano quando ero piccola. Certo, essere monelli non è bellissimo, ma ne siamo davvero sicuri? Ci sono delle volte in cui essere monelli è necessario. Non intendo per fare i dispetti o comportarsi male, quello che intendo ce lo rende chiaro e lampante la collana di Momo Edizioni, Libri Monelli. Mi spiego meglio. Capita di pensare, e a ragione, che alcune regole o convenzioni non siano proprio giuste, per non dire totalmente sbagliate, eppure sono regole che ci si aspetta vengano rispettate.
Il fatto è che il nostro cuore e la nostra coscienza proprio non ci fanno stare tranquilli, quella regola va cambiata, abbattuta, quella convenzione dovrebbe essere superata. Diciamo che alla base di tutte le rivoluzioni e dei grandi cambiamenti che hanno segnato l’evoluzione della storia umana, c’è sempre un pensiero “monello”, inteso in questo senso. Trovo quindi che il nome di questa collana sia geniale! I personaggi, o le loro idee, di cui ci raccontano in questa collana sono persone “contro” tutto ciò che rappresenta la volontà di non cambiare, di accettare ciecamente le regole che ci sono sempre state, anche quando i tempi ne chiedono il superamento.
Tempo fa avevamo presentato il volume su Giangiacomo Feltrinelli, Cambiare il mondo con i libri (qui la recensione), un monello dei libri e della cultura. Oggi raccontiamo il volume dedicato a don Lorenzo Milani, un uomo che scelse di andare contro la discriminazione derivante dall’ignoranza – intesa come mancanza di istruzione e cultura – e contro la guerra.
La vicenda umana e sociale di quest’uomo è molto ampia, eppure pur focalizzandosi su due spetti specifici, l’autrice di questo libro, Vanessa Roghi, riesce a trasmetterne un’immagine a tutto tondo. Sicuramente il primo pregio di questo libro è proprio lo stimolo a indagare oltre la storia di Don Milani.
Questo libro racconta la storia di Don Milani ed è un omaggio al suo rischiare in prima persona, al suo non tirarsi indietro mai quando in gioco ci sono l’ingiustizia, l’oppressione, la violenza. «Se voi avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri»
Bisogna avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l’obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l’unico responsabile di tutto
Queste parole di Don Milani sull’obbedienza fanno parecchio riflettere e restano tutt’oggi valide e forti: siamo tutti responsabili in prima persona delle nostre scelte e aver compiuto determinate azioni o preso decisioni, perché obbedivamo ad altri, non può essere una giustificazione. Se quindi ritengo che andare a combattere sia sbagliato, ho diritto a fare obiezione di coscienza. Ai giorni nostri questa è una scelta legittima e garantita, ai tempi in cui Don Milani espresse questo concetto, l’idea era un reato, tanto che Don Milani fu mandato a processo.
Non fu solo questa idea che rese il prete di Barbiana un uomo scomodo, forse perché troppo avanti rispetto ai suoi tempi. Proprio a Barbiana, un piccolo borgo in cui fu mandato dai suoi superiori, quasi a volerlo allontanare da luoghi più grandi, Don Milani fondò una scuola che accoglieva i ragazzi più poveri, quelli per cui il sistema prevedeva entrassero presto nel mondo del lavoro, senza una vera istruzione. Ritorna qui la frase di Gianni Rodari che ho già citato parlando di Giangiacomo Feltrinelli:
Tutti gli usi della parola a tutti, non perché siano artisti ma perché non siano più schiavi
Don Milani sceglie di insegnare agli ultimi le parole, perché siano cittadini e non sudditi, decide di dare alle persone gli strumenti per emanciparsi e difendersi: con le parole si può anche segregare e fare sentire inferiori gli altri.
La lingua può diventare anche strumento di oppressione. Usare parole difficili per non farsi capire, per far confondere, per far sentire le persone piccine piccine, ecco questa è una cosa odiosa che don Lorenzo Milani combatte
Così ci dice l’autrice del libro. Le parole hanno un potere enorme e insegnarle diventa quasi un atto rivoluzionario. Si può cambiare il mondo col potere delle parole, e non solo con quelle dell’italiano.
Vorremmo che tutti i poveri del mondo studiassero lingue per potersi intendere e organizzare fra loro. Così non ci sarebbero più oppressori, né patrie, né guerre… Non a caso, su una parete della scuola c’è scritto grande “I care”. È il motto intraducibile dei giovani americani migliori. “Me ne importa, mi sta a cuore”. È il contrario esatto del motto fascista “Me ne frego”».
Ecco, anche io di Don Milani sapevo poco prima di leggere questo libro, breve e intenso, quindi un grazie va a chi ha raccontato la sua storia per noi e per voi ragazzi.
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