Questa mattina un collega mi ha detto: “Quando parli di questo libro, ti brillano gli occhi”.
È vero, mi viene voglia di consigliare a tutti, ragazzi e non, questo capolavoro di Pierdomenico Baccalario, La rivincita dei matti, per la vicenda umana che racconta e i valori che trasmette. Un romanzo di sport e amicizia, appassionante e intenso.
Il romanzo ispirato e appassionante di un grande scrittore: un inno al valore della diversità, una storia popolata di personaggi indimenticabili che si muovono sul palcoscenico di una città magica.
È l’estate del 1982, e Trieste brilla nella sua luce mattutina. Si sta per disputare la prima partita dell’Italia ai Mondiali, Italia-Polonia, ma nessuno crede negli undici di Bearzot. Come nessuno crede ancora alle storie di Arturo Praz, che sfreccia veloce sulla sua Vespa stringendo in tasca una lettera preziosa. Agnese, detta Steno, ha tredici anni ed è la nipote di Arturo, leggenda per gli amici, ed è la voce narrante di questa storia di calcio e di riscatto. Lo zio ha deciso di rimettere in piedi una squadra di vecchi amici per sfidare, il giorno della finale dei Mondiali, l’11 luglio, gli infermieri del San Giovanni, ex manicomio della città. Perché Arturo e gli altri sono tutti ex pazienti del “Collegio” e ne sono usciti grazie al dottore dai modi gentili e alla legge che porta il suo nome: Franco Basaglia.
La base operativa per reclutare la squadra dei “Veci” è l’osteria di Valerio, dove tra un tiro di bocce e un bicchiere di rosso si comincia a pensare alla formazione. Ci vuole Bones, l’inglese picchiatore, pianista che costruisce mobili con i pacchetti di Marlboro rosse e che si vanta di aver inventato il ritornello di Please Please Me dei Beatles. Poi Clodomiro Weiss, agile e sorridente, appassionato di scommesse, convinto che l’Italia arriverà in finale. La scelta per il ruolo di allenatore e manager cade su Mario Aislanter, che vive in un magazzino in fondo al porto vecchio. Filantropo, appassionato di libri e citazioni, dorme in una cassa da morto. Intanto anche gli infermieri si stanno organizzando, grazie a Giorgio, “uno di quelli gentili”, che adesso lavora al Centro di Igiene mentale. Non sempre le cose sono andate bene dentro al Collegio, ci sono state violenze, soprusi e a volte infortuni sospetti, ed è proprio per questo che la squadra dei matti vuole la sua rivincita, per riscattarsi e dimostrare che la differenza tra diverso e normale spesso è molto labile.
E allora via, si recluta anche Dimitri Ferluga che il martedì e il mercoledì si veste da vigile urbano, il giovedì e il venerdì indossa la divisa da appuntato carabiniere, il sabato e la domenica lavora in un maneggio. I biglietti che lascia sulle auto in sosta non sono multe ma motti.
La maglia numero 9 è per Brecht, che ha un piccolo laboratorio di falegnameria in un edificio dell’ex manicomio. Non è mai riuscito a mettere i piedi fuori del cancello. Lo farà per la partita? Intanto l’Italia pareggia con il Perù e la prima fase eliminatoria sembra complicarsi, e anche per i Veci si profila un’altra sfida: trovare Bobi Pilepich. Bobi ha già cambiato almeno un paio di religioni, ogni volta perché è morto, dice lui, e si è reincarnato. Adesso, dopo l’apparizione della Madonna, è da qualche parte sulle Dolomiti alla ricerca della Scabiosa, una pianta miracolosa e ovviamente inesistente.
Per andarlo a cercare si reclutano anche Carlo Dragassi, che non deve assolutamente ridere, altrimenti va in cataplessia e di conseguenza si addormenta e la moglie Giulia, detta Judy Garland, perché tutto il giorno nella sua testa risuonano le note di Over the Rainbow. La loro storia d’amore è nata su una panchina del San Giovanni: nel giardino le pazienti donne camminavano sempre a sinistra, gli uomini a destra.
Mentre il gruppo procede spedito per raggiungere la Croda dei Toni e trovare Bobi, spuntano altri due nomi per la formazione dei matti: Paoletti, che ha il vizio di fischiare sempre ma è un’ottima ala e Fausto Strukley, difensore, che parla solo muovendosi, altrimenti rimane muto. Trovato Bobi bisogna pensare a reperire il campo, le maglie e l’attrezzatura e, al contempo, anche l’Italia passa alla seconda fase: Italia-Argentina 29 giugno e Italia-Brasile 5 luglio. Intanto la notizia dell’imminente sfida matti/infermieri inizia a fare il giro della città e la politica locale e nazionale si muove rapidamente per non mancare a quella che sembra la partita del secolo. E così il Sindaco mette a disposizione il campo del San Luigi, il PCI fornisce le maglie ufficiali e la Democrazia Cristiana chiede di affiggere i propri gagliardetti alle reti del campo. Adesso è davvero tutto pronto, sta succedendo davvero. Arturo stenta a crederci, potrà onorare il patto fatto a Enzo Bearzot, potrà davvero mantenere una promessa, un rito scaramantico che va avanti da più di 30 anni. E quindi bisogna giocare, proprio l’undici luglio.
In una Trieste luminosa e affascinante assisterete all’avventura di Arturo e dei Veci, farete il tifo dagli spalti, vi emozionerete per i gol fatti e subiti in una partita dove sfogheranno tutta la loro rabbia: perché non sono matti, ma persone come noi.
“Lo sai quando uno è matto Agnese?” Scuoto il capo, anche perché non è li che volevo arrivare con le mie domande. “Un matto è quando una persona glielo dice. E a forza di sentirselo dire, finisce che ci crede"
L’undici luglio del 1982, con un’impresa titanica, la Nazionale Italiana porta a casa la Coppa Del Mondo: Paolo Rossi segnerà uno dei gol decisivi, anche a lui credevano in pochi.
Carissimo Arturo, una sola cosa mi sento di dirti: se ci sarai anche tu al mio fianco, l’11 luglio, allora nessuno potrà fermarci. Chi lo ha mai fatto?
Quel matto del tuo amico,
Enzo
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