Prendiamo una ragazza del Cilento, aggiungiamole l'inchiostro di una penna, allunghiamola con l'acqua del mare di Procida e un po' di aria di Napoli. Infine, serviamo il tutto tra le mura di Torino...
Otteniamo Monica Acito.
Seduta al nostro tavolo, è venuta a raccontarci Uvaspina, il suo primo e promettente romanzo edito da Bompiani.
Uvaspina, il femminiello, sensibile e fragile. Minuccia, la sorella, feroce fino alla crudeltà. Un legame che rischia di diventare una prigione. Antonio, il pescatore che ama leggere. Amore, gelosia, rinascita, disperazione in un romanzo d’esordio tutto luci e ombre.
Fresca di Scuola Holden, dove ha imparato a "prendersi cura della propria voce", ha poi lavorato incessantemente da novembre 2020 a fine 2022 per portare alla luce la storia di un ragazzo, Carmine Riccio, che i lettori conosceranno con il nome di un frutto che è sempre servito per essere spremuto e guarire il dolore degli altri. Una similitudine scelta non a caso, poiché il protagonista del ruvido romanzo di Monica Acito ne incarna perfettamente tutte le caratteristiche.
Di similitudini il romanzo non è di certo carente, sono infatti moltissime, ed una più bella dell’altra, quelle tra i personaggi e una Napoli che ci permette di scoprire pagina dopo pagina.
«Una storia epidermica» che l'autrice ha sempre sentito campeggiare da qualche parte dentro di sé, finché non è riuscita a tirarla fuori, con le unghie e con il sangue, lo stesso che si fonde al succo di Uvaspina, più e più volte perseguitato dalla sorella - e quasi co-protagonista - Minuccia, che tanto ama quanto detesta.
Uvaspina è una storia molto visiva perché si concentra su alcuni punti cardine: il frutto spremuto, lo strummolo, che è il giocattolo di legno, la trottola che nel suo vorticare prende tutto. Diciamo che a me interessava a livello personale, emotivo e familiare, raccontare una storia di sopportazione, ma anche di legami viscerali e familiari che spesso non sono garanzia di amore sempiterno e duraturo
Lo strummolo è proprio Minuccia: un personaggio controverso, ai limiti del folle, che quando inizia a volteggiare come una trottola, riserva sorprese quasi mai positive. Potremmo definirla l'antagonista di Uvaspina, ma nei confronti di quel fratello che tanto tormenta, è anche capace di una dolcezza smisurata.
Da cosa saranno legati i loro destini?
Sopra di loro i genitori: Graziella la Spaiata, abituata per tutta la vita a "chiagnere e fottere", un'espressione che - insieme alle altre che scoprirete all'interno del libro - fanno prudere la pelle e allo stesso tempo fanno montare una gran sete di lettura. Sposata all'indifferente Pasquale Riccio, la Spaiata forma con lui una coppia ben lontana dalle figure di madre e padre che Uvaspina e Minuccia necessiterebbero.
In una Napoli capace di promettere e togliere, i personaggi di Monica Acito sono descritti con un linguaggio crudo, senza fronzoli, che con l'aiuto di inserti dialettali diventa dolorosamente reale.
L’umiliazione di Uvaspina è una costante che il lettore sembra vivere in prima persona, provando un patimento quasi fisico. Alle prese con la sua omosessualità e il triste destino che sembra essere già scritto per lui, il femminiello è in realtà criatura: viene voglia di stringerlo al petto, proteggerlo, finché non lo scopriamo custode di un'inaspettata durezza.
E per Monica Acito, Uvaspina è proprio la sua creatura, alla cui storia ha dato un pizzico di esoterismo, tra misteriose pratiche che assottigliano il confine tra realtà e magia, un aspetto che l'autrice ha sempre sentito suo, poiché a contatto sin da piccola con il lato che definisce «più disturbante della religione».
Sul nostro set di Milano Centrale è riuscita a portare con sé non solo il caloroso accento e i grandi sorrisi, ma un bisogno viscerale di comunicarci - e catturarci - nella storia del suo grande esordio.
Non abbiamo potuto fare altro che comprare un biglietto per Napoli, con sottobraccio il suo libro.
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