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1888: Pasenow o il romanticismo. I sonnambuli. Vol. 1 di Hermann Broch

A leggere il 57° rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, ne vien fuori l’impressione di una generale cecità, di un esercito di sonnambuli, appunto.

Questa sentenza andrebbe forse stratificata, come ogni volta che si voglia offrire una panoramica di tipo collettivo: sappiamo ma ignoriamo, vediamo ma restiamo immobili. Intrappolati in innumerevoli limbi, ci incastrano la tragedia cassandrina della consapevolezza e l’impotenza dell’inetto in cui l’impulso non vuole, non può trasformarsi in azione. Soprattutto ad affliggerci è una disperante mancanza di immaginazione che sfoca gli esiti di processi già in atto e ci permette di procrastinare, centellinando le evidenze nelle ripetute afflizioni quotidiani.

1888: Pasenow o il romanticismo. I sonnambuli. Vol. 1

Sebbene composto da tre vicende distinte, questo libro è a ogni effetto un solo grande romanzo, e proprio lì sta la decisiva innovazione recata da Broch. L'unità romanzesca non è garantita dalla vicenda né dai personaggi né dal tempo dell'azione, e nemmeno dallo stile, bensì dalla dimensione tematica e simbolica. Una lezione senza la quale non avremmo oggi capolavori.

Sempre stando al Rapporto, il sonnambulismo – ben più di una miopia dunque  – è quello delle classi dirigenti ma anche di una “maggioranza silenziosa” di italiani che non vede (cioè che non vuole e non riesce a vedere) il calo demografico, gli spatriati in crescita, un welfare sgretolato, l’invecchiamento della popolazione e il sovrapponibile fossato che separa chi è dentro e fuori dal castello-città, i garantiti e non, per usare un leitmotiv sempre efficace.

Quello che mi colpisce, del rapporto, è la porzione di interesse dedicata al ruolo dell’emotività e dei cosiddetti, molto maldestramente, “desideri minori”: le relazioni prossime, gli hobby, il tempo libero. Ecco, per me è curioso definire il tempo libero un desiderio minore, un “piacere consolatorio per garantirsi uno spicchio di benessere”, perché è una rivelazione emblematica e drammatica di un ordine di valori ben preciso.

E qui, con una certa dose di imbarazzo, scomodo Hermann Broch per commentare il Rapporto Censis, e aderire alla sua versione de I sonnambuli, trilogia edita per Adelphi e commentata da Milan Kundera. a A inaugurare il triplice percorso è, nel 1888, Pasenow o il romanticismo.

La linea narrativa è piuttosto snella perché, anticipando le potenzialità del romanzo moderno, Broch riesce a sintetizzare la grande Storia nel singolo personaggio, rendendone centrali alcune micro-azioni e soprattutto le loro inspiegabili motivazioni.

Nelle pagine, tra picchi di erotismo tra Pasenow e la prostituta Ruzena, e lunghe digressioni in cui la filosofia della storia irrompe e si mescola alla teologia, si consuma la vicenda del giovane uomo, succube della persistente «indolenza del sentimento» che lo porterà a un matrimonio motivato soltanto dal senso dell’onore.

L’intera trilogia, e qui si giunge alla risposta di Broch al Rapporto Censis, affronta il sonnambulismo dell’umanità quando si confronta con la disgregazione dei valori. Più sottilmente, i valori persistono come sentimenti, cioè come fondo indistruttibile di conservatorismo, un residuo atavico che viene però svuotato di azione.

Il valore diventa simbolo, perde cioè di concretezza: l’onore, a cui l’individuo Pasenow disperatamente si attacca perché abbandonato nella sua precarietà esistenziale da un mondo secolarizzato, è un’uniforme militare ben indossata il giorno del matrimonio, una questione di biancheria.

In questo universo simbolico domina l’irrazionalità. Nell’agone politico, dice il Kundera che commenta la Russia comunista, si distribuiscono simboli: «abbiamo uno scarso senso del reale», come Pasenow, «che dissimula il suo volto sotto la maschera di una bella macchina che, nella sfera sur-reale dei simboli, rappresenta la vita; si confonde sorridente con la modernità, la libertà, l’avventura».

In questo immaginario, la vittima si confonde appunto con il carnefice: l’“agiatezza” del rapporto Censis, quando non si riferisce a uno standard minimo di qualità e sostenibilità della vita, è un valore capitalista, i suoi prodotti il guscio vuoto del simbolo che incarna il benessere del mondo che si crede moderno e invece è solo burocratizzato.

Allora la questione cruciale non è l’“ipertrofia emotiva”, come suggerisce il Rapporto, ma cosa il romanticismo della nostra epoca ha elevato al livello dell’assoluto, cioè quale artificio tecnico ha assunto il posto di una fede, in cui si è perso coscienza di dove comincia l’ Io e dove il dispositivo.

Forse che cosiddetti desideri minori sono una forma resistenziale di autocoscienza, e quindi un antidoto al sonnambulismo cieco che ci fa ignorare il prossimo (presente e futuro)? I due sonnambuli Pasenow e Ruzena si ritrovano comme individui nell’ «immobilità dello struggimento», nel sentimento, prima simbolo astratto, che si fa carne e azione.

Mentre per il rapporto Censis è il “sonno profondo del calcolo raziocinante” a definire il sonnambulo, viene invece da chiedersi in nome di quale valore l’azione ragionevole debba essere compiuta. Ed è così strano che «viviamo in un mondo di macchine e ferrovie e che, mentre i treni circolano e le fabbriche producono, due uomini si mettano l’uno di fronte all’altro e sparino».

Per affrontare la stranezza non occorre bandire i sentimenti della maggioranza silenziosa ma riconoscere che queste emozioni, quando «mancano di vita», sono meri atavismi, abitudini dello spirito che ci rendono concepibile l’inconcepibile, nella forma peculiare della produttività misurabile che ha assunto nel nostro mondo.   

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