I colleghi ripetevano che il compito dell’avvocato è quello di garantire l’equità del processo, non di stabilire la verità e ancor meno quello di far condannare i colpevoli e assolvere gli innocenti. Però a lui, forse per via del suo passato da carabiniere, forse per via di suo padre, che da carabiniere ci era vissuto e morto, a lui, Giacomo Meroni, la verità interessava
Un nuovo appuntamento con Torino, un nuovo appuntamento con il giallo. Ancora una volta sono le belle, lineari strade di questa città a fare da scenografia a un racconto, tanto pieno di mistero quanto di semplice quotidianità.
Giacomo Meroni – avvocato penalista – vive in una vecchia falegnameria trasformata di loft in un cortile come tanti delle nostre metropoli, con il basso fabbricato scrutato dall’alto dai palazzi circostanti. Via Perugia è una vecchia zona di piccole fabbriche, accanto alla Lavazza, adiacente al fiume Dora, vicina al centro storico e a Porta Palazzo, non lontano dalla zona universitaria. Un quartiere vivo, ma tranquillo. La moglie di Giacomo è stata vittima l’11 settembre 2001 di un pirata della strada mai trovato (nel lessico famigliare battezzato Bin Laden) e ora è su una sedia a rotelle, ma non per questo ha rinunciato alla sua professione di insegnante. Giacomo non si dà pace per non aver mia individuato questo Bin Laden, ma del resto chi potrebbe rassegnarsi?
Una ragazza è uccisa durante una cena di classe nel 1984. Nel 2018, l'avvocato Meroni si ritrova a difendere il principale sospettato, anche se il caso sembrava da tempo chiuso. Combattuto tra lo scoprire la verità e il difendere l'assistito, il legale dovrà fare i conti prima di tutto con sé stesso
Per raggiungere il suo studio legale (gestito con il suocero) cavalca una biciletta elettrica. Come tanti, ogni giorno. E la mattina in cui noi lo seguiamo nello studio c’è già una madamin ad aspettarlo, una donna della piccola, piccolissima borghesia che «considera più probabile l’impatto con un meteorite che una disavventura giudiziaria». Quella minuta donna ha bisogno del suo aiuto: il figlio è stato arrestato per omicidio, «dicono che tanti anni fa ha ammazzato una sua compagna di scuola».
È un bravo ragazzo, non può aver fatto quello che dicono
Ha un attacco lento, prende la rincorsa questa storia, ma piano piano, senza quasi accorgercene, ci avvolge come le spire di un pitone e ci cattura. Il segreto: un mix perfetto tra una trama intelligente e un contesto normale, conosciuto, famigliare. Piccoli particolari che raccontano la nuova quotidianità, quella che tutti viviamo («il vecchio iPhone3 che, cessata per vetustà la sua funzione di telefono, svolgeva quella di sveglia da comodino»). Ci sembra di conoscerlo bene Giacomo, un vicino di casa, un amico, un vecchio compagno di scuola… Già, proprio questo è il tema: sarà vero, sarà possibile che tanti anni prima il suo assistito abbia ucciso quella ragazza, una compagna di scuola? Giacomo non è del tutto convinto della sua innocenza: ne ha visti molti di imputati e sa che non può fidarsi, vuole vederci chiaro e deve indagare in prima persona.
L’omicidio risale al 1984, per questo reato c’è già un condannato, ma in circostanze poco chiare, al suo assistito viene prelevato il DNA e tutto sembra ribaltarsi. È credibile che alla cena di classe in cui la ragazza è stata stuprata e uccisa lui non fosse presente, come continua ad affermare? C’è qualcuno che ha architettato una strategia per incastrarlo? O forse è stato tutto progettato proprio per far prendere finalmente il vero colpevole?
La scrittura di Perissinotto la conosciamo già da tanti anni: pulita, fluida, quasi liquida. A lui si affianca il tratto di Piero d’Ettorre, avvocato penalista e socio di un importante studio torinese, che invece scopriamo con questo libro. Leggere queste pagine è come ascoltare un racconto narrato da un amico, un amico che fa l’avvocato come Piero. E questa è la sua grande forza. Nessuna sovrastruttura narrativa, nessun eccesso stilistico né compiacimento professionale: la bellezza della semplicità e della verità. Quel taglio narrativo difficile da ritrovare dopo Fruttero e Lucentini. Possiamo dire, finalmente?
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