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Cosa c'entra la felicità? di Marco Balzano

Attraversa i secoli e le lingue, questa indagine etimologica intorno alla felicità, con un ampio e profondo sguardo che spazia dalla filosofia alla politica e che non annoia mai, riuscendo in deliziose pagine a far dialogare presente e passato mettendo in discussione quelle acquisite certezze intorno alla consumistica ed egoistica fruizione della felicità dei nostri giorni.

La felicità omologata e quasi imposta dalla nostra società, solo attraverso il confronto con diverse visioni, nelle differenti culture, sembra acquisire un senso più profondo e più ampio, e nello stesso tempo, solo con il raffronto con l’etimologia della parola anche il nostro modo di cercare e di appagare il bisogno di soddisfazione può cambiare accogliendo una pluralità di senso e possibilità alternative di fruizione.

Cosa c'entra la felicità? Una parola e quattro storie

Quattro storie che hanno come protagonista una parola su cui si dibatte da sempre: felicità. Marco Balzano analizza quattro lingue in cui questa viene espressa, per coglierne i significati e le radici, e per capire quale può esserne il futuro.

Sfuggendo all’imposizione di un piacere falsificato e indotto che sembra ridursi esclusivamente a un bisogno di possesso di un oggetto materiale, Balzano torna all’origine della parola felicità ricercandola in quella tridimensionalità delle lingue che sente più vicine a sé: il greco antico, il latino e l’ebraico, culla della civiltà occidentale, e l’inglese, con cui la realtà odierna si interpreta abitualmente.

«La felicità è una parola di cristallo, splende di luce diversa a seconda dell’angolazione da cui la guardiamo e della distanza da cui la ammiriamo», scrive l’autore, e nel gioco delle forme e delle voci che cattura nel suo splendido saggio inseguendo una parola sempre in movimento e in trasformazione, così come nei frammenti dei ricordi personali e intimi che si intrecciano nelle pagine, Balzano ci pone di fronte a nuovi orizzonti di senso e ci apre a possibilità altre di abitarli.

Partendo dall’antica Grecia e «dai due volti della felicità più arcaici», legati dall’ineluttabilità e dal caso, ci mostra come nel passato l’inquietudine legata alla passività dell’evento accompagnasse l’idea stessa dell’essere felici. In questa concezione originaria non c’è ancora apertura all’altro, ma chiusura, una gabbia in cui tenere ben stretta quella fortuna così casualmente e pericolosamente elargita dal fato.

Differente, la felicità intesa come beatitudine divina condivisa dagli dei e dagli eroi, che apre a una dimensione metafisica, rintracciabile nelle indimenticabili storie raccontate dalla letteratura greca e dalla Bibbia.

Ma già intorno al VI secolo a.C. una nuova concezione complessa e introspettiva, che si slega da quella religiosa, va formandosi con il concetto di eudaimonìa, legata alla necessità della conoscenza di sé, attraverso la ricerca del demone che si protrae lungo l’intera esistenza partendo dall’educazione. Non più elargita dal caso, questa vita felice è accessibile per la prima volta a tutti.

Approdando nel latino dell’antica Roma, Balzano ci mostra il legame intrinseco della felicitas con l’abbondanza e la fortuna, ma anche la sua peculiarità nel legame etimologico con la «donna nel suo essere fonte di vita», con la «madre-terra creatrice».

La felicità, in questo senso, che non l’unico, è un seme che cresce e diventa frutto che nutre i figli e i figli dei figli

Con un dono spontaneo, la felicità, nel mondo romano, oltre a essere accessibile a tutti, si apre all’altro da sé: «La condizione felice consiste nella percezione di una fusione di ciò che ci circonda».

Sono le parole stesse, come sottolinea Balzano in questo saggio, a raccontare le loro storie.

Ci si muove per analogie e discrepanze fra le lingue, cogliendone metafore suggestive e poetiche.

Queste ci accompagnano anche nel passaggio nella complessità della lingua ebraica, dove lo stesso alfabeto è già intriso di senso e di divino. Qui la felicità è tutt’uno con la gioia nella ricerca di Dio. Beato, ashrè, è colui infatti che si mette in cammino nella fede con gioia, cercando la propria strada ma assumendo «una precisa condotta», per ricongiungersi all’eterno, «alla sola vita autentica dove la felicità diventa beatitudine».

Risalendo, infine, dopo un appassionante viaggio nel mondo antico al tempo odierno, Balzano indaga sulle origini della parola felicità, happiness nella lingua inglese, divenuta «codice universale del nostro tempo», mostrandoci, partendo dalla radice norrena di hap-, come si torni nell’accezione moderna e condivisa del termine al punto di partenza: all’ idea di fortuna e caso, simbolizzata da qualcosa che cade e ci accade senza il nostro intervento e volontà: «La lotta tra felicità e caso si ingaggia già all’interno della stessa radice».

Ma è proprio nell’occasione della caduta accidentale della fortuna su di noi che oggi ci possiamo giocare lo spazio della nostra libertà di azione, sottolinea l’autore. Vincendo la passività e l’evento fulmineo della caduta, fermandoci a «raccoglierla per cercarne un senso», per metterci in cammino e farne dono di condivisione, ma sempre con la consapevolezza che la fortuna con la sua inestricabile caducità è solo un’occasione. E a riempire e a dare senso alla nostra vita è la vita stessa, con le sue misteriose strade fatte di fallimenti e rinascite.

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Conosci l'autore

Marco Balzano è nato a Milano nel 1978, dove vive e lavora come insegnante di liceo. Ha esordito nel 2007 con la raccolta di poesie Particolari in controsenso (Lieto Colle, Premio Gozzano). Nel 2008 è uscito il saggio I confini del sole. Leopardi e il Nuovo Mondo (Marsilio, Premio Centro Nazionale di Studi Leopardiani). Il suo primo romanzo è Il figlio del figlio (Avagliano 2010, finalista Premio Dessì 2010, menzione speciale della giuria Premio Brancati-Zafferana 2011, Premio Corrado Alvaro Opera prima 2012), tradotto in Germania presso l’editore Kunstmann.A questo primo romanzo hanno fatto seguito Pronti a tutte le partenze (Sellerio 2013), L'ultimo arrivato (Sellerio 2014), con il quale vince nel 2015 il premio Campiello. Altre pubblicazioni con Einaudi: Resto qui (2018), Le parole sono importanti (2019), Quando tornerò (2021). Nel 2022 è il vincitore del «Premio letterario Friuli-Venezia Giulia. Il racconto dei luoghi e del tempo».Tra gli altri titoli, Café Royal (2023), Bambino (2024).Fonte immagine: Feltrinelli editore

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