I morti continuano a vivere con semplicità. Sono sull’elenco del telefono. Ricevono la posta. Le loro parrucche riposano sulle teste di polistirolo in fondo agli armadi. I loro letti sono rifatti. Le loro scarpe sono dappertutto
C’è qualcosa di spettrale nei racconti di Elizabeth McCracken, Cose dell’altro mondo, un guazzabuglio di perdite paralizzanti e piccole gioie, una miscellanea di anime perse che cercano di convivere con il dolore, trovando la luce nei meandri più inaspettati.
Il titolo originale di questa antologia è Thunderstuck, che significa folgorato, stralunato, e credo che rappresenti alla perfezione il senso di stupore sia di chi legge sia di chi recita in queste storie, ben incarnando quella fragilità che lascia inermi e pronti a essere sopraffatti dal senso di incredibile raccontato tra le pagine.
Soprattutto quando l’incredibile si nasconde in squarci di una quotidianità perfettamente normale e riconoscibile.
Un universo variegato in cui momenti di gioia inaspettata ci ricordano la meraviglia e il mistero dell’essere vivi. Nove storie intrise di umorismo ed empatia, personaggi vividissimi che confermano l’unicità dello stile di Elizabeth McCracken
Sulla copertina dell’edizione italiana, brillantemente illustrata da Lida Ziruffo, gli alberi perdono di contorno, assumendo forme di animali. Uccelli volano in cielo confondendosi in foglie che sembrano sgretolarsi dalle chiome degli alberi.
E poi ci sono le case, le finestre tutte illuminate all’infuori di quella in centro. E forse è proprio il lettore a prendere per mano i personaggi dei racconti, a farli uscire dall’unica stanza buia, guidandoli attraverso i corridoi fino a dimostrare loro che una parvenza di luce è ancora possibile.
Ciascuno dei nove racconti può essere letto autonomamente, eppure i protagonisti persi nel loro girovagare, potrebbero appartenere ad un’unica città, incontrarsi nelle corsie del supermercato all’angolo, accompagnare i figli nella stessa scuola, scambiarsi i libri nella biblioteca del paese.
Giusto a ovest di Boston, giusto a nord dell’autostrada, il fantasma di Missy Goodby sonnecchia rannicchiato contro la rete metallica in un punto morto in fondo a Winter Terrace, con indosso una salopette ectoplasmatica
L’incipit del primo racconto illustra perfettamente quello in cui si imbatterà il lettore.
Accenni di elementi gotici, in questa storia più presenti che nelle altre, a fianco di immagini concrete e reali. Il tutto condito dalla prosa brillante di McCracken, capace di trafiggere e di divertire allo stesso tempo, con le sue insolite combinazioni di parole.
In questa storia Grace, conosciuta come la strega di Winter Terrace, ancora non ha superato la morte della figlia Missy, e vive immobile in una casa polverosa dove la presenza-assenza della piccola viene avvertita come un’umidità liquida che si attacca alla pelle. A rimetterla in moto sarà l’incontro con un bambino fin troppo sveglio.
Se c’è una cosa infatti che non manca nelle pagine di questo libro è la speranza.
Ecco quindi che accanto alla descrizione autentica e tangibile del dolore e della perdita, troviamo spasmi di gioia, possibilità di riscatto che non diminuiscono la sofferenza narrata, ma ne esaltano la duplice natura.
Ciò che viene analizzato e raccontato non è solamente il dolore in sé, ma come i personaggi lo fronteggiano, come ne vengono cambiati, e imparano a convivere con una nuova condizione dolce amara.
Come in Beni Immobili, dove un uomo cerca di voltare pagina dopo aver perso la donna amata, rintanandosi in una casa in affitto piena di cose superflue che appartengono alla proprietaria. Inizialmente straniato e immune alla sentimentalità che la donna prova per questi oggetti, finirà per riconoscerne il valore, considerandoli dei veri e propri ritratti spirituali di chi ci ha lasciato.
Nulla infatti è senza vita in Cose dell’altro mondo; spettri, oggetti, utensili, tappezzerie e libri compartecipano ai traumi dei personaggi, fungendo da spettatori compassionevoli e stimolatori di epifanie.
Si legge nel racconto Tersicore, dove una donna ricorda con un sentimento misto di nostalgia e orrore un ex amante violento:
Quando ho sentito te ho pensato: Ecco una voce che potrei ascoltare per il resto della vita
Ed è proprio qui che si snoda un altro dei temi centrali della raccolta, ovvero la memoria, quanto ne siamo avidamente dipendenti e quanto ci facciamo condizionare dalle sue contraddizioni.
I ricordi di chi resta, ottenebrati, sfocati, possono essere infatti armi a doppio taglio; pacche sulle spalle e sale nelle ferite.
La memoria è anche al centro del racconto che forse più mi ha colpito, L’ufficio oggetti smarriti di Greater Boston.
Da una parte Asher Blackbird, studente modello che viene sorpreso a rubare pizze e baguette surgelate dopo che la madre è scomparsa improvvisamente; dall’altra il direttore del supermercato che, prendendo a cuore la storia del ragazzo, decide di graziarlo, salvandolo.
Quello che sembrerebbe un racconto lineare e privo di incongruenze, viene completamente ribaltato, ad anni di distanza, quando i due si incontrano di nuovo e scoprono di avere ricordi completamente diversi dell’accaduto.
E quello che cerca di dirci McCraken in fondo è che non importa chi ha ragione, ma come ognuno di noi sperimenta e vive una determinata situazione in maniera differente, vincolato e condizionato da stati d’animo, scelte, sensazioni fugaci, ma preganti.
E allora viene da chiedersi giunti alla fine di questo libro, esiste un’oggettività nel modo in cui ci relazioniamo e soffriamo?
Possiamo quantificare il dolore che proviamo e questo diminuisce davvero quando impariamo finalmente a conviverci?
«Era un pensiero che ogni tanto gli passava per la testa ultimamente. Non era dolore, che avrebbe potuto travolgerlo in ogni momento, che come l’acqua piegava tutte le righe dritte e sbalestrava qualunque suo strumento di navigazione rendendolo inutile, bensì un pensiero razionale, distaccato: Non è orribile quello che mi è successo uno, due, tre mesi fa? È stato bruttissimo doverlo affrontare.»
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