Le ossessioni imprigionano, tutti, anche un padre che non sa più come amare suo figlio autistico.
Scrondo, Pietro chiama suo figlio Scrondo.
Chi, come Daniele Mencarelli, ha vissuto la sua infanzia e adolescenza negli anni Ottanta non può che sorridere al nome di Scrondo. Ai più giovani una breve ricerca Google farà comparire sullo schermo un essere verde dall’aspetto inquietante e goffo, con un parrucchino biondo, orecchie da elfo, bocca senza denti e occhi contornati di nero.
È così che Jacopo appare agli occhi del padre, un mostro che respira, in cui sono morte tutte le capacità che rendono un uomo “normale” e autonomo.
“Mmm” è l’unico suono che esce dalla sua bocca, il corpo non regge il suo stesso peso e chiede sempre aiuto, moti violenti si impossessano di lui quando è solo anche da pochi minuti.
La diagnosi è stata subito chiara: autismo a basso funzionamento, una forma rara e grave. Per Jacopo è la normalità, per la madre una sentenza accettata con difficoltà e rassegnazione, per Pietro una condanna.
Perché la madre [...] ha saputo ricostruire il suo amore attorno alla malattia del figlio.
Il padre no. Il padre ha iniziato a competerci con la malattia, come fossero due innamorati che corteggiano lo stesso cuore. E alla fine ha perso.
Il cuore di suo figlio se l’è preso l’autismo a basso funzionamento, bassissimo.
Un innamorato deluso, incattivito, ecco che ne è rimasto.
Fame d’aria si apre con il viaggio di padre e figlio verso Marina di Ginosa, luogo del primo incontro per Pietro e Bianca e punto di ritrovo per festeggiare il loro anniversario. La frizione dell’auto però ha in serbo per loro una fermata obbligata a Sant’Anna del Sannio, un paesino delle colline beneventane che sembra non abbia nulla da offrire.
La polverosa locanda di Agata in cui alloggiano Jacopo e il padre è anche il luogo di incontro dei pochi abitanti del paese, un concentrato di vite stanche e burbere, in perfetta sintonia con l’esistenza di Pietro. Inizia così il percorso tortuoso e angusto nell’interiorità di un uomo che ad eccezione della moglie non ha più nulla. Insieme ai soldi spesi per le terapie del figlio che non hanno portato a nessun miglioramento ha perso qualunque forma di fiducia verso gli altri, qualunque pensiero positivo. Nel suo mondo dalle mille sfumature di nero non c’è più posto per l’affetto nei confronti del figlio, sentimento scalzato da una rabbia latente che si risveglia al minimo richiamo esterno.
Il miracolo non è mai arrivato. Come unica risposta, da est è spuntato l’odio. Ha ricoperto tutto, i sani e i malati, la vita intera. Per anni è stato così. Poi pure l’odio è tramontato. Resta la rabbia, quando esplode
Mencarelli, con il suo stile tagliente, asciutto e diretto che ricorda L’acqua del lago non è mai dolce di Giulia Caminito, ci fa conoscere un papà molto reale e poco romanzato, difficile da condannare con la lente del perbenismo e con cui si empatizza fin dalle prime pagine.
Come ognuno di noi di fronte a montagne invalicabili, anche Pietro si pone delle domande. Chi c’è lassù? Cosa ha fatto per meritarsi un figlio che più che un essere umano sembra ai suoi occhi una macchina da avviare, controllare e spegnere?
Prima di cominciare a mangiare deve avviare lo Scrondo, lo deve caricare come si fa con un orologio
Nel borgo desolante di Sant’Anna Pietro si risveglia dalla sua povertà di vita e riscopre un altro volto dell’umanità, ben diverso dal suo, cupo e senza speranza.
Le persone che incontra, dal carattere rude ma dal cuore buono, gli dimostrano che esiste ancora qualche forma di bene. Così l’arcigna locandiera Agata, vedova di un marito che non l’ha mai rispettata, si affeziona a Jacopo che inizialmente disprezza. Oliviero, il meccanico del paese che soccorre la Golf di Pietro, cerca disperatamente una frizione nuova e lavora nel suo giorno di riposo. Gaia, psicologa che è rinata a Sant’Anna, gli ricorda che esiste ancora la bellezza.
In seguito a un evento inaspettato Pietro e Jacopo tornano a respirare vita ma la Fame d’aria deve essere saziata con costanza e non può bastare quel singolo respiro con cui si conclude il romanzo, aperto a mille interpretazioni.
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