Ci sono frontiere che sono linee immaginarie, tracciate dall’uomo per determinare un prima e un dopo, un di qua e un di là. Ci servono, perché abbiamo bisogno di un posto da poter chiamare casa. Dopo un po’ quelle linee diventano muri. Veri.
Geografia di un dolore perfetto (Garzanti) è una storia che parla di confini, di muri.
Il primo è il confine che può sorgere tra un padre che fatica a comunicare e un figlio che non riesce a capire.
Il secondo è quello che sta fra realtà e finzione, quello che divide il fatto dalla sua interpretazione. Il terzo è costituito dalla distanza, che impedisce il dialogo, il contatto, il conforto. Raccolti insieme, questi limiti vanno a formare un sistema di frontiere e dogane, come in una carta geografica: insieme, costituiscono la mappa di un dolore perfetto.
Con la sua inconfondibile delicatezza, Enrico Galiano ci regala una prova di narratore maturo con una storia avvincente e coinvolgente. Una storia che, pagina dopo pagina, diventa sempre più la storia di tutti noi.
Il libro di Enrico Galiano inizia con una telefonata. Pietro, professore universitario di mezz’età, è in vacanza con moglie e figlio quando riceve la notizia: deve partire per Tenerife, e deve farlo in fretta.
Ma perché così lontano? Perché la sua vita è una storia complicata: è la storia di un figlio abbandonato dal padre quando ancora era un bambino. Pietro non è riuscito a comprenderne fino in fondo il motivo: non sa perché quell’uomo, che ora chiama Nando, fosse uscito dalla sua esistenza, ma è riuscito a superarlo, ad andare avanti. Ce l’ha fatta soprattutto grazie all’aiuto di Paco, un amico della madre che negli anni è diventato un secondo padre per lui.
Ora, Paco è a Tenerife, e sta morendo. Nel viaggio per raggiungerlo, Pietro dovrà affrontare fantasmi, paure e ricordi. Il vero sé stesso.
Non è difficile capire perché Galiano abbia scelto la geografia come fil rouge attorno al quale sviluppare il racconto: Pietro, nella sua corsa contro il tempo, è un esploratore. Viaggia non solo tra un continente e l’altro, ma anche fra emozioni, ricordi, persone che non conosceva o che conosce fin troppo bene. È un percorso, questo, che lo porterà a riconoscere una verità assoluta, un postulato che Paco gli aveva insegnato fin da bambino: «Quando studi i paesaggi studi anche le persone, perché le persone sono paesaggi» e quindi «c’è chi è foresta tropicale, chi è fredda tundra, chi vento e Mare del Nord. C’è chi è fatto di mare, chi di neve». Un percorso, pertanto, che permette a Pietro di capire che anche i genitori sono esseri umani e, in quanto tali, soggetti a cadute, errori, fallimenti.
Geografia di un dolore perfetto, nella complessità dei temi che porta, è un libro che coinvolge e cattura: l’autore, con il suo stile leggero ma mai banale, permette al lettore di entrare nella storia. Dal primo all’ultimo capitolo, il romanzo risulta equilibrato, pensato in ogni singola scena. Pare evidente il lavoro che l’autore ha messo in campo per rendere realistica la materia che tratta: conosce la vicenda, conosce i personaggi. Li rende vivi, palpabili.
È un libro delicato, ma al contempo deciso, che trasuda veridicità: l’immersione è totale.
QUI potete leggere e ascoltare la nostra intervista all'autore, venuto a presentare il suo libro per i lettori di Maremosso.
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