In una cartelletta di cartone bordeaux, ecco le prime tracce, a lungo misteriosamente cercate, dei primi abbozzi del grande romanzo La Recherche. Scoperte solo nel 2018, in un cassetto dell’editore francese Bernard de Fallois, queste pagine senza numerazione e ordine, risalgono agli ultimi mesi del 1907 e al 1908, e regalano a tutti gli amanti dell’opera la grande emozione di trovarsi di fronte alle sue fondamenta, al processo di scrittura e al momento cruciale in cui la casualità di un’ idea e la necessità della scrittura danno il via alla creazione artistica.
Fogli sparsi, riscritti incessantemente, riprese e sviluppi di pagine precedenti, nuove versioni, fogli cancellati e alla fine tutti abbandonati dallo scrittore per anni, ma dove troviamo anticipati tutti i temi essenziali e le pagine più suggestive che verranno inglobate nella struttura dell’opera, insieme a quelle inedite, che rimarranno al di fuori di essa, ma che conservano un’importanza cruciale per lo sviluppo della stessa. Così rileggiamo, ma è come se leggessimo per la prima volta, dell’angosciante attesa del bacio della buonanotte della madre e del lacerante dolore della sua privazione in un ambiente percepito come ostile dal piccolo Marcel; la trasformazione da foglio in foglio della topologia dei luoghi e dei nomi dei personaggi in una necessaria presa di distanza dalle prime stesure, più strettamente autobiografiche dove compaiono con i veri nomi sia i famigliari sia lo stesso Marcel.
I settantacinque fogli sono il nucleo originario di Alla ricerca del tempo perduto: le primissime pagine che Marcel Proust ne ha scritto. Cercati a lungo, solo ora sono stati ritrovati in casa del proustiano e grande editore Bernard de Fallois, scomparso nel 2018.
Così assaporiamo nella lettura dei fogli la distinzione, fondamentale nella struttura finale del romanzo, delle due passeggiate dell’ancora inesistente Combray: quella verso Meséglise,“misteriosa per me come l’orizzonte”, e quella verso Villebon, ”astratta come un punto cardinale”, strade vissute come “parti dell’universo contrapposte come Oriente e Occidente” nella concezione spaziale del piccolo Marcel, e solo in seguito, in età adulta, scoperte, con stupore e incredulità, come convergenti. Assaporiamo il momento dell’apparizione, per la prima volta, delle fanciulle in fiore sulla spiaggia “come uccelli marini che camminano sulla sabbia e stanno per prendere il volo” e che sembrano appartenere ad “un’altra razza rispetto alle ragazzine del (suo) ambiente”.
Ci perdiamo, in queste stesure incomplete, e per questo magiche di risonanze, nell’analisi poetica dei nomi nobili, simili ad “un urna piena di ignoto”, che così grande importanza avranno nella suggestione del romanzo, poiché scrive Proust, “Ogni nome nobile contiene, nello spazio colorato delle sue sillabe, un castello dove dopo un sentiero impervio è dolce arrivare...”
Appare anche, qua e là tra i fogli, la magia di Venezia, città che si farà densa di aspettative nel romanzo evocando, già solo nel nome, desiderio, attesa e nostalgia.
Entra nel gioco di scrittura dei 75 fogli una sorta di tecnica di montaggio delle parti, una riscrittura delle sensazioni dell’infanzia alla ricerca del tempo e della durata, della memoria delle sensazioni che ci portano al nodo cruciale dell’opera, ma di cui ancora l’autore sembra non aver preso piena coscienza, ovvero entrano per la prima volta tra gli appunti di Proust quelle “estasi extratemporali” che fanno breccia nella linearità temporale permettendo il passaggio del passato, del ricordo, in una continuità con l’attimo presente che ci dona un’inaspettata e improvvisa gioia scaturita da una sensazione condivisa fra presente e passato.
Nelle righe dei primi manoscritti inclusi nel saggio critico che partecipano alla genesi dell’opera e che vengono così accostati ai 75 fogli, Proust dà vita ai primi istanti affrancati dal tempo, ovvero a quelle rappresentazioni della memoria involontaria che costituiranno l’ossatura centrale de La Recherche: il sapore del pane tostato (futura madeleine) inzuppato nel tè, la sensazione fisica del piede sul “selciato irregolare” della piazza di San Marco che provoca un turbamento vicino all’estasi, evocatori entrambi di ricordi e di sensazioni che si ripetono identiche nel presente, e che diventeranno eterne solamente nell’ancoraggio finale in un’opera d’arte.
Si coglie già in questi preziosi fogli sparsi, la ricerca di una possibilità “altra” alla razionalità, come unica forma di accesso alla verità, alla vera essenza delle cose e a quella del proprio essere. Possibilità che si fa spazio-pagina a cui accedere attraverso richiami analogici, con una sospensione momentanea della razionalità, per un improvviso intervento dell’immaginazione nella linearità del pensiero logico ancorato alla realtà, possibilità che è per Proust una vera e propria “Resurrezione poetica”.
Ciò che crea un fascino, una seduzione ulteriore nella lettura dell’opera in atto, sembra essere dovuto proprio alla necessità del grande scrittore di portare il momento della creazione artistica, la complessità del suo divenire all’interno dell’opera stessa. Queste 75 pagine, insieme ai manoscritti antecedenti, sembrano mostrarci come La Recherche conservi nel suo substrato, come volontà dell’autore, le preziose tracce della sua genesi e nella scrittura l’atto stesso dello scrivere, facendosi così, Opera Assoluta.
Spero che l’entusiasmo e l’emozione che ho provato nella lettura di queste pagine inedite siano contagiosi. Mai come prima ci siamo avvicinati così intimamente a Proust, entrando nella mente dell’artista, per assistere alla metamorfosi di una nebulosa di emozioni e ricordi personali che, attraversate dal genio dello scrittore, hanno dato vita ad un’opera immortale ed universale.
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