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Il castello di Barbablù di Javier Cercas

Javier Cercas torna con un thriller che conferma i personaggi che abbiamo già incrociato in Terra Alta e Indipendenza, spingendo Melchor Marìn a confrontarsi con la sfida più impegnativa che abbia mai affrontato: la verità e tutto ciò che ne consegue.

Cosette intuì che il padre le stava mentendo, ma anche che le stava mentendo con la verità

Il castello di Barbablù
Il castello di Barbablù Di Javier Cercas;

Melchor Marín, il poliziotto appassionato di libri con un passato da galeotto, dopo la morte della moglie Olga ha lasciato la divisa e lavora come bibliotecario a Gandesa, in Terra Alta. Con lui vive la figlia Cosette, ora adolescente, che non perdona al padre di averle nascosto per quattordici anni il vero motivo della morte di sua madre, causata dall'ostinazione di Melchor nel perseguire i colpevoli durante la sua prima indagine.

Il castello di Barbablù è un romanzo che adempie perfettamente ai canoni del genere thriller, riuscendo però a distinguersi grazie allo stile marcatamente Cercasiano. La storia vede Melchor Marìn – ora ex-poliziotto che ha trasferito la propria passione per i libri nel lavoro di bibliotecario – alle prese questa volta con la più grande delle sue paure. La figlia Cosette è infatti venuta a conoscenza delle implicazioni di Melchor nella morte della madre e, dopo essere partita per elaborare quanto ha scoperto, sparisce senza lasciare traccia. Javier Cercas prende in ostaggio il lettore, attingendo a tutto il proprio repertorio e tutta la propria esperienza di autore navigato per alternare ritmi serrati con analisi meticolose di tutto il mondo narrativo. Il castello di Barbablù è soprattutto questo: un mondo che è possibile conoscere fino al minimo dettaglio, dove agiscono persone prima ancora che personaggi.

Fu questo che sentì, senza sapere esattamente di sentirlo: che il miraggio aveva sconfitto la realtà, il fantasma l’uomo in carne e ossa

Javier Cercas dimostra di sapersi collocare su un piano della realtà in cui è impossibile non ritrovare le considerazioni maturate dai suoi lavori precedenti (in particolare la non-fiction dell’Impostore). Da una parte c’è la verità, quella che cerca di ricostruire il protagonista e che lo porterà a smascherare corruzioni sedimentate e a scoprirsi vulnerabile; dall’altra c’è la bugia, quella che viene nascosta nella Sierra Tramuntana, quella che lentamente viene sommersa da un velo di polvere che la rende invisibile solo fino al prossimo soffio di vento; e poi c’è Cercas, a cavallo tra questi due. L’autore ci inganna e inganna i suoi personaggi, costruisce un mondo vero che è anche falso – o forse che è falso ma incredibilmente verosimile – fino a rendere indistinguibile la realtà dalla realtà dei media, inserendosi addirittura come vero e proprio personaggio. Ci ricorda insomma che lui c’è ma ci racconta una bugia; e raccontandoci una bugia smaschera la verità.

Anche il lungomare è deserto e i suoi dehors pieni di sedie appoggiate al rovescio sui tavoli; si sentono soltanto il mormorio delle onde che si infrangono sulla spiaggia, gli stridii dei gabbiani che sorvolano la riva e gli scricchiolii delle sartie delle imbarcazioni ormeggiate nel porticciolo

In tutto Il castello di Barbablù regna un silenzio spettrale, che è anche il silenzio che viene allestito intorno alle malefatte dell’antagonista; è il silenzio di ciò che si ha troppa paura di affrontare, ciò che ci portiamo dietro e cerchiamo di seppellire. E Cercas intesse questo silenzio con un disperato desiderio di comprensione, di analisi, di senso che però non basta a coprire quest’assenza assordante che caratterizza il mondo di Melchor Marìn e che rischia di essere ereditata anche dalla figlia Cosette. È un romanzo che parla di comunicazione, di elaborazione, di persone. E sfido io a non innamorarsi di tutto il cast che compone il romanzo. Che sia il sergente Blai, chiuso nel suo scetticismo ma sempre pronto a mettersi in pericolo per l’amico Melchor; o Paca Poch, la poliziotta con la “passione” per i poliziotti; o ancora Cosette, giovane e vulnerabile ma piena di forza e vitalità. Il castello di Barbablù è un thriller che si dimostra coinvolgente e abitabile, che non spaventa e non scaccia i lettori deboli di cuore. È un pezzo di Spagna che vale la pena di essere vissuta.

 

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Javier Cercas (1962) è uno scrittore spagnolo, collaboratore abituale dell'edizione catalana di "El País" e del supplemento del sabato, oltre che dal 1989 docente di letteratura spagnola all'Università di Gerona.Ha raggiunto il successo con Soldati di Salamina (Guanda 2002); Il movente (Guanda 2004); La velocità della luce (Guanda 2006); La donna del ritratto (Guanda 2008); Anatomia di un istante (Guanda 2010); Il nuovo inquilino (Guanda 2011); La verità di Agamennone (Guanda, 2012); Le leggi della frontiera (Guanda, 2013); L'impostore (Guanda 2015, vincitore dell'European Book Prize 2016); Il punto cieco (Guanda 2016), Terra Alta (Guanda 2020), Indipendenza (2021).Nel 2016 ha vinto la IX edizione del Premio FriulAdria "La storia in un romanzo", per «l’audace esplorazione dei limiti fra realtà e finzione: per aver restituito nei suoi romanzi la coerenza e la simmetria della storia, ma anche tutta la forza drammatica e il potenziale simbolico che esigiamo dalla letteratura». Tra i premi che gli sono stati conferiti ricordiamo il Premio Nacional de Narrativa (2010), il Premio Salone Internazionale del Libro di Torino (2011) e il Premio Internazionale Mondello (2011). Nel 2019 gli viene attribuito il Premio Sicilia, conferito nelle precedenti edizioni a Isabel Allende e Luis Sepúlveda. Un premio nato per omaggiare le massime voci del nostro tempo, per riconoscerne l’eccellente impegno personale, civile ed artistico.Del 2022 il Premio Fulvia, prestigioso riconoscimento dedicato al personaggio femminile di Una questione privata, il romanzo che Beppe Fenoglio ha scritto nel 1963.

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