Lì c'era una storia
Noi lettori appassionati di gialli nordici conosciamo molto bene Fjällbacka. Un paese che prima del 2010, diciamoci la verità, quasi nessuno in Italia aveva sentito nominare, se non gli amanti del cinema e di Ingrid Bergman, attrice che trascorreva giorni di vacanza in questo piccolo luogo turistico.
Un villaggio affacciato sul Mare del Nord molto caratteristico, pulito, ordinato, gradevole, nelle fredde terre di Svezia. Un’idea di mare molto diversa dalla nostra, pur essendo nel sud della penisola scandinava. Il luogo dove l’autrice è cresciuta.
Nel 2010 abbiamo conosciuto i protagonisti di questa serie di successo, con La principessa di ghiaccio (edito già allora da Marsilio). Un inizio cristallinamente bello che porta subito sulla scena Erica Falck, scrittrice, e il poliziotto Patrik Hedström. Erica, in maniera autonoma e a volte al di fuori della legalità, affianca Patrik nelle indagini, spesso precedendolo nelle intuizioni.
A Fjällbacka è arrivato l’autunno e una fitta nebbia grigia si rifiuta di mollare la stretta sulla costa. Anche se la maggior parte dei turisti è già andata via, in paese sono in corso i preparativi per un’importante mostra fotografica: Rolf Stenklo sta per esporre le sue opere più personali. Ma quando mancano solo due giorni all’inaugurazione, qualcuno entra nella galleria e lo uccide.
Si resta incantati di fronte alla sfilata di tipi umani, ognuno con una diversa personalità, ognuno con una diversa maschera, che la Läckberg fa sfilare nella grande festa che occupa la prima parte dell’opera. Nell’assistere a questa variegata folla di personaggi, che si ritrovano ad interagire (e a confliggere) in un ambiente conviviale, appartenenti ad un ceto altoborghese, all’élite intellettuale, non si può fare a meno di tornare col pensiero a certi simili affreschi messi in scena da un’altra regina del mistery: Agatha Christie.
Senza rinunciare a quella vibes, come spesso avviene nei bei romanzi nordici, il tema affrontato da Camilla Läckberg è più vasto. La scrittrice mette in chiaro che il terreno di gioco è un altro: i suoi personaggi hanno infatti i vizi, i tormenti, le passioni tipiche dei nostri anni. Ed ecco quindi che il giallo si dimostra, ancora una volta, il vero genere di indagine sociale dei nostri tempi.
Ma tu sei una scrittrice, e nel loro mondo questo ha la sua importanza, no?
Come in ogni suo romanzo, l’autrice riflette anche su sé stessa, sulla propria opera, e sul proprio ruolo, trattando i diversi modi di essere donna, moglie e madre. Erica è una scrittrice di gialli che sembra soffrire del classico complesso di inferiorità che può colpire gli autori molto apprezzati dal pubblico, ma poco dalla critica: gli scrittori che potremmo definire con un termine infelice ma diffuso, commerciali.
Non so se quelli come Elisabeth e Henning mi considerano una scrittrice. I miei libri sono di facile lettura e piacciono alla gente normale.
Questo è l'amaro commento di Erica sulla sua professione di scrittrice d'intrattenimento. Eppure, proprio la forma mentis che da tale professione le deriva (o forse è il contrario) permetterà ad Erica di iniziare a scoprire le carte che andranno a formare la partita del romanzo.
Erica si avviò verso casa, sprofondata nei suoi pensieri. A metà della salita si girò. Vivian era ancora nella veranda della casetta gialla, lo sguardo perso sul grigiore davanti a lei.
È raro che i gialli nordici ci deludano e quello della Läckberg non fa eccezione: una lettura svelta e piacevolissima, uno stile elegante e scorrevole, una storia su cui riflettere.
Il metodo, anche quello, è collaudato e Camilla Läckberg, che prima di intraprendere la carriera di scrittrice di professione faceva l’economista, lo sa applicare alla perfezione.
Quel che è certo, è che il suo pennello riesce a dipingere una realtà non certo solare, anzi avvolta nelle plumbee nebbie come i luoghi nei quali è ambientata buona parte del libro. Ciononostante, o forse proprio per questo, è impossibile non lasciarsi trascinare e avvolgere dall'aspra bruma scandinava.
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