Gaia è figlia di Roma e della sua periferia. È figlia della classe proletaria e delle attese estenuanti per l’assegnazione degli alloggi popolari. Gaia è figlia della tenacia di Antonia, sua madre, che lotta senza cedere terreno per farsi restituire la dignità da un mondo che la vorrebbe zitta e invisibile. Antonia è severa e mai tenera, e davanti a tutto mette un inscalfibile senso della giustizia. Antonia sembra sempre sapere cos’è meglio, e decide per tutti: per Gaia, per Mariano, per i gemelli e per suo marito reso invalido da un incidente sul lavoro. Un giorno, li porta a vivere ad Anguillara Sabazia: qualche decina di chilometri fuori Roma, il lago di Bracciano davanti, una casa che le sembra finalmente la prospettiva di una vita migliore.
Giulia Caminito dà vita a un romanzo ancorato nella realtà e insieme percorso da un’inquietudine radicale, che fa di una scrittura essenziale e misurata, spigolosa e poetica l’ultimo baluardo contro i fantasmi che incombono. Il lago è uno specchio magico: sul fondo, insieme al presepe sommerso, vediamo la giovinezza, la sua ostinata sfida all’infelicità.
Sbattuta dalla Capitale a una provincia in cui tutto ha nomi precisi e confini più stretti, Gaia assimila la forza di Antonia, ma cova la sua personale rabbia. Studia, prende ogni giorno il treno per raggiungere la scuola di Roma Nord che la madre le ha scelto, guarda in silenzio le crepe che si allargano nella sua famiglia, intreccia rapporti d’amicizia e d’amore in cui sembra sempre mancare qualcosa, frequenta coetanei più abbienti e case più belle, si vendica con estrema ferocia dei torti subiti e cerca riscatto per una vita che forse avrebbe voluto più simile a quella degli altri e che invece non ha potuto ottenere.
Alzo la pistola, vedo nitide le lattine, una, due, tre, vado avanti; da bambina non sono mai salita sulla giostra dei cavalli e avrei voluto vestire da principessa, mettere in testa corona, stringere scettro, ma le giostre si pagano, ma le corone si pagano, ma le scarpette di cristallo si pagano. Manca un solo colpo, penso siano ormai in tanti alle mie spalle, ho attirato una ingiusta e morbosa attenzione. Dicono: È una bambina, non ha neanche i muscoli nelle braccia, non ha neanche i soldi per cambiarsi le mutande
L’acqua del lago non è mai dolce, vincitore del Premio Campiello 2021 e finalista al Premio Strega 2021, è un racconto potente e crudele, splendido e spietato al contempo, narrato con la maestria di uno stile asciutto e senza orpelli che lascia spazio a eleganza e misura; un racconto dove i personaggi, soprattutto, sono così realistici e ben caratterizzati da sembrare quasi tangibili. Giulia Caminito si dimostra perfettamente a proprio agio nel mettere in scena una storia che non è solo personale, ma anche familiare e sociale: c’è una bambina che diventa ragazza e poi donna, e c’è una famiglia che cerca di tenere insieme i propri pezzi sullo sfondo di un’Italia, quella dei primi anni Duemila, che procede a velocità drammaticamente diverse.
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