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Le figlie di Saffo di Selby Wynn Schwartz

Il genitivo è un caso grammaticale che riguarda le relazioni tra sostantivi. Ha spesso una connotazione avida, di possesso, come se l'unico modo in cui un sostantivo potesse convivere con un altro fosse quello di possederlo. Ma c'è anche il genitivo della memoria quando una parola pensa sempre a un'altra, rifiutando di dimenticarla.

Classificare Le figlie di Saffo (Garzanti) di Selby Wynn Schwartz non è per niente facile; si potrebbe - sarebbe comodo - ridurlo a un semplice romanzo, un volume di biografie di donne famose: attrici, scrittrici, poetesse, estete. Sarebbe comodo, sì, ma per niente puntuale. Perché è un volume impossibile da classificare, e mi piace pensare che l'intenzione dell'autrice sia proprio questa: creare un racconto in cui tutti(e) possano identificarsi, ritrovare nelle pieghe delle parole un frammento di sé, di ciò che si è state, di ciò che si vorrebbe essere, di ciò che si diventerà. 

Le figlie di Saffo
Le figlie di Saffo Di Selby Wynn Schwartz;

Viviamo… l'opposto… con audacia. «La nostra prima iniziativa fu quella di cambiarci il nome. Saremmo diventate Saffo.» Ci facciamo chiamare così perché vogliamo essere libere e indipendenti. Vogliamo avere idee e prospettive.

Inserito nella longlist del Booker Prize nel 2022 e  tra i 100 libri più importanti del 2023 secondo il New York Times, Le figlie di Saffo ci parla di donne che non vogliono farsi raccontare, che preferiscono trovare da sole le parole per definirsi - o non trovarle affatto; un lungo cammino in momenti delle loro vite che ha come filo conduttore il legame - l'amore - per la poetessa greca Saffo. Loro che da Saffo si sono fatte ispirare per smussare le pieghe del loro essere, per darsi una direzione in un mondo - quello tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo - in cui per loro non c'è davvero spazio.

Lina Poletti, Sibilla Aleramo, Eleonora Duse; e ancora Natalie Barney, Romaine Brooks, Sarah Bernhardt, Isadora Duncan e molte altre. Tutte legate fra di loro dall'elegia, dal genitivo della memoria e dal vocativo - O Saffo, Saffo! - . La narrazione comincia proprio da Lina Poletti, che a Ravenna da ragazzina si rifugiava sugli alberi per leggere i suoi libri e comporre poesie. Ed è forse proprio lei che cuce - insieme a Saffo - la trama di queste esistenze incrociate, in cui spicca il salotto parigino di Natalie Barney e l'arte necessaria e multiforme di tutte le altre.

Fili, frammenti slegati tra loro, salti temporali di decine di anni; un cammino nella memoria collettiva - in quella che Virginia Woolf definiva una vita iniziata centinaia di anni prima, quella di tutte le antenate che sono venute prima di lei - in cui il disegno collettivo prende forma e colore proprio nella frammentarietà

Uno stile di rottura, fusion fiction allo stato puro, che ricorda il bellissimo volume di Bernardine Evaristo, Ragazza, donna, altro (vincitore del Booker Prize nel 2019); un racconto collettivo di donne diversissime fra loro che sfuggono dalle categorizzazioni imposte dalla società per (ri)trovare dentro di loro - in quel nucleo profondissimo e privato - la vera essenza della loro esperienza di vita e della loro identità sessuale e culturale.

Il futuro è nel passato e il passato è nel presente.

Bernardine Evaristo, Ragazza, donna, altro

Una realtà di contaminazione e fluidità di cui anche Le figlie di Saffo si imbevono, in questo racconto corale in cui l'io narrante diventa Noi, come insegnavano Saffo e la stessa Woolf, che declina la sua narrazione al futuro. 

Diventare, diventare, in questo mare di possibilità in cui non ci si sente mai giuste: ascoltare ciò che quell'essere che ci portiamo dentro sussurra al nostro orecchio, nel buio della sera, abbandonando la paura di ricomporsi intere, sempre. Accogliere la bellezza dell'essere tante cose insieme, e non avere paura di cambiare e di ridefinirsi. Perché cambiare fa paura, sì, soprattutto quando si rompono i margini del disegno che gli altri hanno fatto di te e di ciò che dovresti essere. Ma è necessario per continuare a respirare.

Forse è proprio questo ciò che Le figlie di Saffo ci vuole suggerire: di ascoltarci, di prendere spazio, di diluire i tempi. Una guida enciclopedica da chi - più di cento anni fa - ha vissuto le stesse paure e le stesse complessità che l'essere donna si porta dietro, e che dalla frammentarietà ha tirato fuori la cosa più bella e importante di tutte: la (propria) sopravvivenza.

Una volta penetrata oltre la carne, la via proseguiva dritta fino a Saffo.

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Conosci l'autrice

Selby Wynn Schwartz è un'autrice statunitense. Ha conseguito un dottorato in letteratura comparata presso l’Università della California-Berkeley. Le figlie di Saffo, pubblicato in Italia da Garzanti nel 2024, è il suo romanzo d’esordio.

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