C'è voluta una ventina d'anni, ma finalmente l'atteggiamento dei cittadini europei nei confronti delle biotecnologie ha messo da parte diffidenza e timore per lasciare spazio all’ottimismo, quando non addirittura all’entusiasmo.
“L’entusiasmo è particolarmente visibile per quanto riguarda i progressi medici, i miglioramenti della qualità della vita e le prospettive per le generazioni a venire” spiegano gli autori di un’analisi delle indagini condotte sulla popolazione pubblicata nel marzo dell’anno scorso sulla rivista Trends in Biotechnology, diretta da Ewa Wozniak dell’Academia polacca delle scienze. “Sfortunatamente, c’è un grado inferiore di accettazione sociale per i prodotti geneticamente modificati, in particolare le piante, che aiutano a ridurre le emissioni di gas serra, resistono meglio ai parassiti e agli erbicidi, danno raccolti migliori, aiutano a garantire le esigenze nutrizionali di esseri umani e animali d’allevamento, e garantiscono maggiore resa economica agli agricoltori”.
La ricetta per affrontare questa apparente dissonanza tra la percezione degli esperti e quella del pubblico riguardo a vantaggi e svantaggi, reali e potenziali, secondo i ricercatori è un maggiore coinvolgimenti dei cittadini stessi nello sviluppo delle innovazioni: “Le persone dovrebbero essere davvero informate sui rischi e le opportunità delle nuove idee scientifiche che possono contribuire a risolvere le attuali sfide sociali, economiche e ambientali” scrivono.
Quasi per rispondere a questo invito, il biotecnologo e divulgatore Stefano Bertacchi ha dato alle stampe per l’editore Dedalo un volume che in 200 pagine scritte con linguaggio chiaro descrive le biotecnologie in 50 grandi idee, accompagnate da un’utile linea del tempo da cui si scopre, per esempio, che la prima produzione del formaggio che prende il nome dalla cittadina lombarda di Gorgonzola risale all’anno 879, e che il termine “biotecnologie” è stato coniato dall’agronomo ungherese Karl Ekery oltre un secolo fa, nel 1919, anno in cui fu anche isolato per la prima volta il batterio Lactobacillus Bulgaricus, responsabile della produzione dello yogurt.
Nonostante siano protagoniste della scienza e della società da diversi decenni, le biotecnologie sono ancora avvolte da una nube di mistero. Termini complessi come transgenesi, biorisanamento, terapia genica, bioeconomia e biomimetica stanno entrando sempre più nel linguaggio dei mass media, senza tuttavia il dovuto approfondimento. Stefano Bertacchi ci accompagna in un viaggio nel mondo delle biotecnologie, affrontando temi attuali e scottanti come gli OGM, le bioplastiche, la clonazione, la PCR, l'editing genomico, la biologia sintetica, i farmaci e i vaccini ricombinanti, partendo dalle basi della biologia e dell'ingegneria genetica.
Ognuna delle 50 idee è descritta in quattro pagine in cui il tono alle volte scanzonato e alleggerito da riferimenti pop – da Isaac Asimov alla “Signora in giallo”, da” Star Wars” a ”Dragon Ball”, ai “Pokémon” – non è mai segno di rinuncia al rigore scientifico delle spiegazioni. Ci sono ovviamente anche diverse pagine sulle piante OGM. Bertacchi è probabilmente troppo giovane per ricordare un divertente, e a suo modo significativo, incidente in cui incorse la stampa italiana all’inizio degli anni ’90, poco prima che negli Stati Uniti venisse concessa (nel 1994), l'autorizzazione al consumo umano del primo pomodoro geneticamente modificato. Riprendendo la notizia di un nuovo pomodoro geneticamente modificato per acquisire un succulento sapore di hamburger, pubblicata dal settimanale “New Scientist”, non si accorsero che si trattava del numero del primo aprile. La notizia era quasi plausibile, ma decisamente inventata. Meno divertente è la bufala che metteva in guardia contro fantasiose chimere come il “pomodoro pesce” o la “fragola pesce” che sarebbero stati modificati per resistere alle gelate producendo nientemeno che la sostanza usata nei comuni antigelo per auto. Anche quella era inventata – per così dire “di sana pianta” – ma nonostante le numerose, dettagliate smentite se ne trova ancora traccia in alcuni siti internet.
A distanza di vent’anni da quella profonda crisi di sfiducia, il libro di Bertacchi può oggi permettersi di spiegare semplicemente gli aspetti scientifici senza dover prima sgomberare il campo dai molti timori irrazionali alimentati da altrettante leggende metropolitane, potendo anzi dedicare l’ultimo capitolo agli aspetti sociali e alle questioni concrete su cui è utile interrogarsi: dalla cosiddetta bioeconomia – circolare e sostenibile – alla bioetica, dalla biosicurezza alle molte iniziative nate nel mondo per rendere le biotecnologie sempre meno spaventose e sempre più accessibili.
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