"Ci devono dire se è pericoloso o meno": le parole dell'allenatore della Lazio Maurizio Sarri, comprensibilmente frustrato per l'impatto della variante omicron sul turno di campionato di Serie A del giorno della Befana, hanno ricalcato quelle pronunciate nell'aprile del 2020 dall'allora ministro per gli affari regionali e le autonomie del governo Conte II: "Chiedo alla comunità scientifica, senza polemica, di darci certezze inconfutabili" aveva detto ai giornali Francesco Boccia (fornendo ispirazione per il libro che dà il nome a questa rubrica) "altrimenti non è scienza".
Purtroppo, nella scienza – e in particolar modo in medicina – le certezze sono tutt'altro che inconfutabili, e non di rado non sono nemmeno granché affidabili, come spiega molto bene il medico e ricercatore clinico Daniele Coen nel libro L'arte della probabilità. Certezze e incertezze della medicina (Raffaello Cortina Editore, 2021).
Certamente la salute è un ambito particolarmente sensibile, nel quale ci piacerebbe che tutto avesse risposte chiare e che ogni atto fosse il prodotto di una compiuta e adeguata sperimentazione. Così purtroppo non è. (...) Non è però l'imperfezione delle conoscenze cliniche che ci deve preoccupare, perché il fatto che queste siano incomplete e parziali è normale e inevitabile, ed è anzi il motore che stimola il progresso della ricerca scientifica dell'evoluzione tecnologica. (...)
La nostra preoccupazione deve invece essere quella di evitare che, di fronte a conoscenze scientifiche imperfette, la risposta sia quella di un'accettazione acritica delle mode, delle abitudini e del parere di esperti più o meno affidabili.
(Daniele Coen)
In questo libro Daniele Coen ci accompagna attraverso i territori dell’incertezza in medicina, in un viaggio che parte dalle disavventure sanitarie di Raffaello e di Magellano per giungere alle domande ancora aperte sulla pandemia da Coronavirus. Si parla di osteoporosi e di ipercolesterolemia, di ipertensione, di organizzazione degli studi clinici e di interessi industriali. Nonostante le incertezze, conclude l’autore, è sempre possibile fare scelte ragionevoli basandosi sulle migliori evidenze disponibili e su una valutazione delle esigenze di ogni singola persona.
Chi ha visto il film Pulp Fiction ricorda senz'altro la scena in cui Uma Thurman, vittima di overdose di droga, viene rianimata da John Travolta con un'iniezione di adrenalina direttamente nel cuore, con una pratica che a parte le coloriture tarantiniane è stata a lungo praticata abitualmente anche dai medici di pronto soccorso: "Al di là dell'indubbio impatto emotivo dell'atto, la cui eroicità contagiava anche il giovane medico assennato che ritenevo di essere, non si capisce in base a quale criterio dare il farmaco direttamente nel cuore avrebbe dovuto essere in qualsiasi modo più utile che somministrarlo in vena" racconta il medico, che a lungo ha diretto il più grande dipartimento di emergenza di Milano, all'Ospedale Niguarda. Oggi l'adrenalina viene somministrata in vena, evitando il rischio di danni anche gravi legati all'iniezione intracardiaca.
Attraverso affascinanti storie in gran parte poco note, e spiegazioni in linguaggio semplice, il libro porta per mano il lettore nella comprensione degli errori che si possono commettere – e che sono stati commessi più e più volte da menti assai brillanti – quando si cerca di offrire conforto e sollievo a chi soffre. Spesso ci si auto inganna, o si cade nell'inganno predisposto da chi ha interessi diversi dal puro e semplice benessere dei pazienti.
Negli ultimi decenni un gruppo di clinici e ricercatori – ispirati dall'epidemiologo Archibald Cochrane da cui il gruppo ha preso il nome – ha condotto un immane sforzo per valutare la solidità delle prove a sostegno delle pratiche mediche in uso e ha concluso che solo in un caso su due ci sono dietro adeguate dimostrazioni di efficacia. Per il resto, sono pratiche di incerta utilità, e forse dannose, analoghe a quelle tramandate in contesti culturali diversi. Nel riconoscere questi limiti, tuttavia, Coen invita a vedere il bicchiere mezzo pieno, e cita Barack Obama: "Dobbiamo riconoscere i progressi che abbiamo fatto, ma capire che ci resta una lunga strada da fare. Che le cose vanno meglio, ma non ancora bene come dovrebbero".
Questo vale per gli atti medici rivolti al singolo paziente, ma anche per l'impatto che hanno, o possono avere, a livello della salute della popolazione. Dove parla dei rischi e benefici delle terapie farmacologiche nella prevenzione cardiovascolare - con una riflessione che vale anche per i vaccini e le misure individuali e sociali per il contenimento del Covid-19 - Coen risponde in un certo senso anche alla domanda di Sarri, e di Boccia: "Gran parte della medicina moderna, quella basata sulla prevenzione farmacologica, offre la certezza di un beneficio di popolazione al costo dell'incertezza per quanto riguarda vantaggi e rischi per il singolo individuo. Anche se tutto ciò può sembrare a prima vista destabilizzante, sono convinto che una diffusa consapevolezza di questo quadro generale sia fondamentale per costruire una vera collaborazione terapeutica tra il paziente e il suo medico".
E nel caso di una pandemia, viene da chiosare, per costruire una dialettica sana tra il cittadino e chi è delegato a prendere decisioni pensando alla salute di tutti.
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