scienza senza maiuscola

Ci vuole un fisico bestiale...

È finita addirittura sulle pagine della rivista scientifica Science l'irriverente storia del fisico teorico chiamato Stronzo Bestiale, che qualche anno fa era stata ricostruita nei dettagli dal giornalista scientifico Vito Tartamella. Quella vicenda, di cui sveleremo qualcosa di più qualche riga più in basso, è solo una delle 111 storie divertenti e per molti versi esemplari raccolte nel libro Il pollo di Marconi e altri 110 scherzi scientifici, che hanno per protagonisti grandissimi nomi della storia della scienza, tra cui 5 premi Nobel: da Guglielmo Marconi a Richard Feynman, Hans Bethe, Andre Geim, Enrico Fermi (a quanto pare i fisici sono tra i più prolifici autori di scherzi scientifici), agli inventori come Nikola Tesla, Benjamin Franklin e Thomas Edison, senza dimenticare l'autore di fantascienza Isaac Asimov.

Il pollo di Marconi e altri 110 scherzi scientifici

Negli ultimi 150 anni riviste scientifiche, enti di ricerca e scienziati (compresi premi Nobel) di tutto il mondo hanno escogitato scherzi clamorosi. Questo libro li racconta per la prima volta: ironici e provocatori, spesso sono un modo per smascherare pregiudizi e stereotipi, portando a galla verità scientifiche (e umane) inaspettate. Un libro per divertirsi imparando e imparare divertendosi.

La spassosa raccolta costituisce "un campionario intrigante: gli scherzi sono stati immaginati con creatività, attenzione al dettaglio ed efficacia teatrale. Trasudano intelligenza e fantasia, come ci si aspetta dagli uomini di scienza" scrive Tartamella nel capitolo introduttivo. "E rivelano cosa pensano gli scienziati di sé stessi e del mondo".

La vicenda del fisico di Stronzo Bestiale, in cui l'autore si era imbattuto nel 2014 e che ha dato l'avvio alla ricerca di altre burle simili, ha in effetti messo a nudo una delle verità che gli scienziati conoscono fin troppo bene, anche se raramente sono disposti a parlarne senza reticenze in contesti extrascientifici: l'aleatorietà di molti giudizi espressi nel corso della cosiddetta "peer review", la revisione tra pari che dovrebbe assicurare un efficace sistema di verifica della qualità di ciò che viene pubblicato sulle riviste specializzate, in un certo senso divenendo scienza.

Ovviamente si tratta di un nome fittizio, che un vero fisico – l'americano William Hoover, che ha lavorato a lungo al prestigioso Lawrence Livermore National Laboratory – decise di affiancare al proprio dopo che un suo articolo scientifico era stato respinto da ben due riviste a cui lo aveva presentato per la pubblicazione. L'ispirazione gli era venuta dopo aver ascoltato in aereo due giovani donne italiane che parlavano di qualcuno con toni poco lusinghieri, intercalando le frasi con il colorito epiteto: non conoscendo la lingua aveva chiesto a un collega italiano che cosa significassero quelle due parole che gli erano rimaste in testa, e una volta compreso pensò che sarebbe stato "il coautore perfetto per una pubblicazione rifiutata".

Al terzo tentativo, con un titolo lievemente modificato e con l'aggiunta del coautore "esotico", l'articolo ottenne l'agognata pubblicazione. A quell'articolo, uscito nel 1987, ne è seguito un secondo, in cui "il fisico Bestiale" viene associato non più a un Istituto di ricerca di Palermo (anch'esso inesistente) ma all'Università di Vienna, dove Hoover aveva insegnato sei mesi.

Tartamella argomenta nel libro a favore dell'interpretazione assolutoria: in fondo la goliardia è parte dell'esperienza accademica da qualche secolo, e ridere anche della scienza è un sano esercizio liberatorio.

Se fin qui la risata sincera accomuna tutti gli amanti della scienza, il fatto che quei due articoli figurino ancora oggi nei database della letteratura, attribuiti a uno scienziato inesistente, lascia un retrogusto amaro in più d'uno. Chi riflette sul rapporto spesso burrascoso tra scienza e società sa che negli ultimi anni la pressione del cosiddetto "publish or perish" – pubblica articoli a qualsiasi costo o preparati a cambiare mestiere – ha fatto sì che molte carriere scientifiche fossero aiutate illegittimamente, o ingiustamente rallentate, da comportamenti analoghi.

Conclude Tartamella:

"Giocare con la scienza, insomma, può essere affascinante. (...) Questi scherzi permettono davvero di guardare la scienza con occhi diversi. A patto di conoscere le sue regole, i suoi limiti e i suoi (veri) risultati. Altrimenti, si rischia di cadere nella pseudoscienza, e sarebbe una beffa ben peggiore".


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