L’umanità non ha mai avuto così tanta paura della natura come in questo tempo
Think different recitava a fine anni Novanta una azzeccata pubblicità della Apple. Facile a dirsi ma non facile a farsi. Il pensiero alternativo, lo sguardo sulla realtà partendo da un punto di vista differente può essere unicamente frutto di un lungo allenamento alla consapevolezza, di un lavoro su sé stessi, di una fatica continua, giorno dopo giorno.
Già: il pensiero unico, instradato, convogliato da interessi di varia natura, in qualche modo “facile” permane nel nostro mondo molto di più di quanto sia percepibile nella quotidianità. Negli anni Settanta abbiamo creduto di liberarci dai conformismi e dal consumismo, negli Ottanta di vivere senza freni e di poter affermare tutto ciò che volevamo («il decennio della stupidità» lo definisce la Cilento), ma poi pian piano ci siamo accorti che non era proprio così. Ma ce ne siamo accorti? Forse non tanto…
Le polemiche agguerrite nate al tempo della pandemia hanno solo ingigantito un tema già molto presente nel dibattito culturale e politico, sociale ed etico.
C’è chi ha torto e chi ha ragione. Ma siamo poi così certi che il parere della massa, ciò che viene propagandato e diffuso dai media, il pensiero della maggioranza sia la ragione? Antonella Cilento in queste pagine insinua un ragionevole dubbio.
Cuma è la città dell'acropoli, della mitologia, di Enea, della Sibilla, e delle foreste sacre, oggi più che mai minacciate dall'uomo, dalla plastica e dall'inquinamento. Ma rimangono un luogo accogliente per gli esuli come l'autrice, che lì trascorre i lockdown per raccontare una nuova vita a contatto con la natura. Un reportage che è romanzo, dialogo con sé stessi e con il mondo, ma anche storia e ritratto di una società che sta dimenticando le proprie origini.
Questo libro è un racconto e una riflessione negli anni della “peste”, uno stimolo a un cambio di passo, anche piccolo, nella vita quotidiana. La scrittrice napoletana ripercorre la sua vita (ma che è anche la nostra), dall’infanzia alla maturità, con uno sguardo differente, critico e analitico.
Parte dall’analisi del suo corpo di bambina malaticcia, sempre un po’ sofferente, tartassato – come moltissimi a partire dalla generazione dei boomer – da cure e medicine, da agenti esterni e interni, da verità mediche poi contraddette nel tempo, dalle paure e dalle ansie di genitori divenuti troppo apprensivi.
Se ripenso alla mia infanzia mi tornano in mente scatole di medicinali, sciroppi, pasticche, capsule, pilloloni che non ingurgitavo e che bisognava pestare, aspirine. E poi le prime merendine industriali, le bibite gasate e dolcissime, dolci preparati o acquistati in continuazione, carne rossa, fettine immasticabili
Per anni ha cercato un nuovo equilibrio per uscire da questa condizione instabile e trovare la serenità sia fisica che morale. Un cambio di passo nell’alimentazione, nei ritmi di vita, nel contatto con la natura. La natura, sì. Nella seconda parte della narrazione infatti lo sguardo si sposta dal privato al pubblico, dal proprio corpo allo stato del “corpo” della terra. Una passeggiata nella Foresta Regionale di Cuma addormentata, come nelle favole è l’occasione per una riflessione più ampia, dove non mancano citazioni letterarie e artistiche, ricostruzioni storiche e riferimenti cinematografici, in una struttura narrativa appassionata cui Antonella Cilento ci ha abituati. Da questa foresta, che ha visto millenni di storia dell’umanità e che ora l’umanità sta definitivamente distruggendo, parte una riflessione sulla natura e sull’uomo stesso. Litorale, bosco e spiaggia che potrebbero essere un paradiso: non lo sono.
Insomma, inutile prendersi in giro: Il medico della mutua con Alberto Sordi e Le mani sulla città di Francesco Rosi erano la stessa faccia di un processo di distruzione e avvelenamento, che cinquant’anni fa era appena al principio e che oggi si mostra al suo ultimo stadio, persa la salute dei popoli, la loro libertà, l’equilibrio dell’ambiente e del clima, perse le speranze per il futuro. […] E, del resto, la distruzione alimentare di intere generazioni e la farmacodipendenza indotta dovevano andare di pari passo con la cementificazione dell’intero Paese (di interi Paesi), con la distruzione degli alberi e delle pinete, con la devastazione delle colline per edificare palazzi
Plastiche, sversamenti, depuratori non funzionanti, costruzioni abusive, sfruttamento incontrollato, cemento, cemento… Quando apriremo gli occhi sulla situazione drammatica in cui versa il nostro paese, anzi, il mondo intero? Lo dicevamo all’inizio: pensare è faticoso, pensare a un modo diverso di vivere lo è ancora di più. Cosa rende l’umanità incapace di percepire il mondo in cui esiste? Un piccolo passo in questa direzione si può fare leggendo queste pagine e ricordando che solo di uomini il bosco può morire.
Ho sempre saputo chi fossi. Lo sapevo da bambina e non ho mai cambiato. Io sono, come il gatto, come la colomba, come il coleottero e il corbezzolo, sono gli occhi larghi e dolci della giumenta
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