A chi in metro guarda fuori e vede buio, a ogni piccola ragazza in una grande città.
Con questa dedica si apre Sono fame, il nuovo romanzo di Natalia Guerrieri finalista al Premio Inge Feltrinelli (ne parliamo qui) per la sezione “diritti in costruzione”.
Nella capitale tentacolare le "rondini" schizzano da una zona all'altra per portare ogni genere di cibo ai clienti che aspettano affamati dietro porte socchiuse. Chiara è una di loro. Attraverso una scrittura tagliente e immagini grottesche, "Sono fame" fa a pezzi la realtà che conosciamo per ripresentarla con un aspetto inconsueto e straniante.
La città di cui racconta è una generica metropoli, “la capitale”. Una qualunque: frettolosa, indifferente, spietata.
Come in tutte le capitali, per le sue strade sfrecciano veloci migliaia di rondini. Schivano le macchine su bici scassate, e sulle spalle portano pesanti zaini gialli. Da un quartiere all’altro, consegnano a casa qualsiasi genere alimentare si possa ordinare online.
Chiara si è trasferita nella capitale da meno di un anno, con i libri di filosofia dell’università e la felpa che sua sorella le ha raccomandato di indossare. Dopo uno stage non rinnovato, si ritrova in una stanza piena di aspiranti rondini per Envoyé, colosso del food delivery. Quello delle rondini è un lavoro che è quasi un gioco, le viene detto: più accumuli punteggio, più guadagni.
Sei libera di lavorare quanto vuoi, agli orari che preferisci.
Gli articoli di filosofia che Chiara sfoglia sullo smartphone adesso sono interrotti dai messaggi di Mario, di cui non conosce il volto né la voce, ma che tramite l’app gestisce la sua giornata lavorativa.
«Ci vogliono diciassette min riesci a farcela in quindici?», «sei risalita a _0105 punti», «perché rallenti?».
L’indipendenza e la flessibilità promesse si traducono così in uno sfruttamento in nome del “se vuoi puoi” e dell’ottimizzazione estrema delle risorse. Nella neoliberista capitale, Chiara si ritrova vittima del meccanismo di autocostrizione e iperproduttività a cui la società della performance ci ha ormai abituati.
La bicicletta è l’aria sotto le nostre ali, ci hanno detto, la bicicletta sfreccia, i nostri corpi hanno le ossa cave come quelle degli uccelli
Come avviene nelle nostre città, nella capitale i corpi dei rider sembrano essere invisibili: anche la protagonista finisce per ignorare la fame e la stanchezza e pensarsi leggera, con le sue ossa di rondine.
Il corpo, però, resta in questa storia inevitabilmente centrale. La rondine corre veloce tra sangue e sudore ma la capitale sembra essere insaziabile.
Perché la capitale è carne, inizia a capire Chiara, è una distesa di pelle piena di ferite, con mille occhi che ti spiano. La capitale è un corpo, fatto di corpi affamati che si divorano l’un l’altro.
L’ascensore panoramico mostra la capitale nella sua enormità. Cupole, tetti, fili elettrici, campanili, torrette formano un tessuto epiteliale pieno di rigonfiamenti, buchi, cicatrici. Attorno all’occhio spalancato dell’arena si aprono stradine fatte di ciglia
Nei grandi complessi di periferia, i nuovi arrivati si ammassano in appartamenti divisi con sconosciuti, lottano per uno spazio proprio, a volte dormono in due in una camera-sgabuzzino.
Si parlano il meno possibile, evitando di incontrarsi in corridoio.
Chiara nella nuova città preferisce non creare legami, continua a lavorare senza pause. Non torna mai a casa e di rado telefona a parenti e amici.
Natalia Guerrieri racconta l’alienazione di chi vive nelle grandi città, di una generazione che vede le proprie speranze sgretolarsi.
Lo fa con voce limpida e coraggiosa, in pagine che corrono veloci e non lasciano spazio a retorica, perché non ne hanno bisogno.
Tra iperrealismo e grottesco, Sono fame è un libro magnetico, che inquieta proprio per il suo essere un perfetto ritratto del nostro presente.
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