Tutte le cose tornano indietro. Questo PJ l’ha capito subito, nonostante i suoi dodici anni. È per questo che sa che le cose fra sua madre e suo padre torneranno come prima, come sono sempre state. Che sua sorella Cass smetterà di ignorarlo e torneranno ad essere vicini come sempre – quando lei sarà una poetessa famosa gli permetterà di vivere con lei a Dublino e lui si costruirà un laboratorio scientifico in soffitta –.
La famiglia Barnes è nei guai. Dove è andato tutto storto? Una chiazza di ghiaccio sull'asfalto, un favore casuale a un affascinante sconosciuto, un'ape intrappolata sotto il velo da sposa: può un singolo momento di sfortuna cambiare la direzione di una vita? E se la storia è già stata scritta, c'è ancora tempo per trovare un lieto fine?
The Bee Sting è il quarto romanzo dello scrittore irlandese Paul Murray, finalista del Booker Prize 2023 (per saperne di più, leggi il nostro articolo sul premio). Un libro che ripercorre la vita della famiglia Barnes in un turbinio di parole vorticose, mobili costosi venduti su eBay e scarpe troppo piccole che ci ricorda come le cose ritornano sì, ma mai come prima, mai come ce le aspettavamo.
Cass è una ragazzina adolescente che sta per diplomarsi: da un po’ di tempo le cose a casa non vanno troppo bene perché la concessionaria di famiglia, che suo padre Dickie gestisce, sta per chiudere. Così i soldi che sono sempre stati abbondanti cominciano a scarseggiare e l’aria in famiglia si fa tesa.
L’unico punto fisso della sua vita è Elaine, la sua migliore amica, l’essere più perfetto che lei conosca, l’unica, incommensurabile luce della sua esistenza fatta di poesie di Sylvia Plathe ragazzini a cui devi piacere, senza chiederti se a te davvero piacciono; suo fratello minore PJ soffre la crisi della famiglia in silenzio, passa l’estate ai videogames e a fare amicizia con sconosciuti sui forum dedicati. Ha le scarpe troppo piccole e i piedi gli sanguinano, ma preferisce sanguinare invece che chiedere i soldi ai suoi e farsi mandare in collegio per tutta la vita.
Poi c’è la madre Imelda, e i suoi capitoli scivolano velocissimi in un eterno flusso di coscienza; bellissima, l’invidia di tutte le donne della città, Imelda è cresciuta in una famiglia disfunzionale e poverissima in cui la vita non era mai programmabile, ma sempre un eterno presente fatto di niente:
Because in her house there was never a plan No thought for the future Life just came at you like a gang of lads getting out of a van
Poi conosce Frank, il figlio perfetto dell’uomo più ricco della città, il signor Barnes. I due devono sposarsi ma Frank muore all’improvviso e lei, incinta, sposa invece il suo fratello maggiore. Il giorno delle nozze copre il volto con un velo che non scosta mai dal viso. Perché nel tragitto verso la chiesa un’ape l’ha punta in faccia e ne ha deturpato la bellezza, dicono in città, e lei è così vanitosa che non può sopportare questa umiliazione.
E ad attenderla all’altare c’è Dickie, il fratello di Frank che si farà fantasma tutta la vita, fantasma di un fratello che non c’è più, un velo eternamente celato addosso, il bisogno di essere quello che si è senza riuscirci mai e l’unica, necessaria convinzione di fare tutto per proteggere la sua famiglia, la famiglia di qualcuno che non ha potuto viverla, e per proteggerli arrivare a tutto.
Things are always coming back. Birds. Comets. Leaves on the trees. Yeah, that’s true. Rebirth, she says. That’s the whole nature thing.
Tutte le cose tornano indietro ma ogni volta sono diverse, si sfilacciano e perdono pezzi; tornano indietro e trascinano ricordi di cose che non ci sono più e che non saranno, che forse potevano essere ma non sono state mai. Come una puntura d’ape il giorno delle nozze, un velo sul viso ed uno specchio che riflette il passato. E rimane solamente la speranza che se sono state una volta potranno essere ancora, e ancora, e ancora.
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