La vita di un artista è spesso caratterizzata da uno sguardo dualistico sulla realtà, capace di cogliere luci intense e ombre profonde. Edvard Munch, grande pittore norvegese, è considerato uno dei precursori dell'espressionismo e ha avuto un ruolo fondamentale nella definizione dell'arte moderna. La sua parabola esistenziale è stata scandita da passioni, dolori, amori e tormenti, che si intrecciavano con un intenso desiderio di esplorare i recessi dell'animo umano.
Nato il 12 dicembre 1863, nella cittadina di Løten, in una famiglia segnata dalla malattia e dalla morte, Munch sperimenta fin da giovane il dolore più acuto. L’arte, per lui, si trasforma in strumento potente per esternare i suoi tormenti e dar voce all’inquietudine che lo assilla. I suoi lavori non si limitano ad essere rappresentazione della realtà visibile, ma veri e propri specchi che ci mostrano le nostre più profonde paure. In opere come L’urlo (1893), o La danza della vita (1899/1900), l’artista raffigura l’angoscia dell’esistenza umana, il senso di isolamento e di estraniamento che spesso ci affliggono. Con queste parole, ci racconta la genesi del suo celebre capolavoro:
Una sera camminavo lungo un viottolo in collina nei pressi di Kristiania - con due compagni. Era il periodo in cui la vita aveva ridotto a brandelli la mia anima. Il sole calava - si era immerso fiammeggiando sotto l'orizzonte. Sembrava una spada infuocata di sangue che tagliava la volta celeste. Il cielo era di sangue - sezionato in strisce di fuoco - le pareti rocciose infondevano un blu profondo al fiordo - scolorandolo in azzurro freddo, giallo e rosso - Esplodeva il rosso sanguinante - lungo il sentiero e il corrimano - mentre i miei amici assumevano un pallore luminescente - ho avvertito un grande urlo ho udito, realmente, un grande urlo - i colori della natura - mandavano in pezzi le sue linee - le linee e i colori risuonavano vibrando - queste oscillazioni della vita non solo costringevano i miei occhi a oscillare ma imprimevano altrettante oscillazioni alle orecchie - perché io realmente ho udito quell'urlo - e poi ho dipinto il quadro "L'urlo".
Nel loro insieme, gli scritti di Munch sono uno stream of consciousness, un fiume in piena in cui il sogno e il ricordo, le esperienze artistiche e i conflitti personali sfociano in una sorta di «opera totale» in cui si afferma un credo estetico che è al tempo stesso scelta esistenziale.
La sua estetica, fortemente influenzata dal simbolismo, si manifesta come violenta e provocatoria per l'epoca, ma in realtà era un riflesso della tensione drammatica che caratterizzava il suo esistere e l'intera epoca. Munch predilige raffigurare in pittura gli avvenimenti che lo hanno segnato in modo particolare, come dichiara: «I miei quadri sono il mio diario».
Ad esempio, nel dipinto La bambina malata, (1885-1886), ritrae la morte della sorella Sophie, ponendo maggiore attenzione all'aspetto emotivo e psicologico piuttosto che alla precisione tecnica delle figure.
L'amore e l’ambiguità sono altre tematiche ricorrenti nella sua ricerca, e trovano forma in dipinti come Il bacio (1897), e Pubertà (1894). Quest'ultima, raffigurazione di una giovane ragazza in preda all'incertezza della fase adolescenziale porta l'osservatore a riflettere sulle complesse dinamiche dell'età adulta, segnata da desideri contrastanti e cupe insicurezze. La figura femminile, in particolare, occupa un posto di rilievo.
I testi raccolti in questo libro contribuiscono a ricostruire la melodia della pittura di Munch, consentendo di cogliere la ricchezza dell’universo umano e creativo dell’artista e illuminando le sue opere, le più note e le meno conosciute, di una nuova luce.
C'è una battaglia che va avanti tra uomini e donne. Molte persone lo chiamano amore.
I suoi rapporti con donne affascinanti e tormentate, come Tulla Larsen e Dagny Juel, sono spesso altrettanto drammatici e ambigui come la sua pittura. Le relazioni passionali si consumano in un turbine di emozioni, tra amori impossibili e gelosie distruttive, lasciando l'artista con un profondo senso di solitudine.
Edvard Munch muore il 23 gennaio 1944, a Oslo, ma la sua eredità artistica e umana non si è mai spenta, divenendo nel tempo l'icona di un'umanità schiacciata, di una società che sembra aver perso il suo centro. Il suo grido silenzioso ci ricorda che siamo circondati da una moltitudine di individui, ognuno con il proprio carico di sofferenza. Tuttavia, siamo soli. Siamo soli in mezzo a milioni di volti distratti che sfiorano il nostro viso senza davvero vedere chi siamo.
L'uomo contemporaneo è un animo smarrito, un individuo senza radici. Vive in un contesto frenetico e superficiale, che gli impone una continua ricerca di successo, di apparenze e di conformità. Ma in questa frenesia, in questo mondo di maschere, egli si dimentica di sé, smarrisce la propria essenza. Si trasforma in un'ombra, in una figura anonima che si confonde nel caos della vita moderna. Il cammino artistico di Munch ci ricorda che dietro alle apparenze che mostriamo agli altri, si nasconde un'anima vulnerabile e sensibile, desiderosa di trovare la sua voce e il suo posto nel mondo.
Attraverso l'arte cerco di vedere chiaro nella mia relazione con il mondo, e se possibile aiutare anche chi osserva le mie opere a capirle, a guardarsi dentro
Di
| Giunti Editore, 2022Di
| Electa, 2017Di
| Alpes Italia, 2023Di
| Lapis, 2006Di
| Abscondita, 2022Di
| Donzelli, 2022Gli altri approfondimenti
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