Sotto le copertine

Settembre, sapore di festival

Qualche anno fa, in un suo pezzo per l'inserto culturale La lettura del Corriere della Sera, Francesco Piccolo raccontava il suo ruolo di “vittima consenziente” di festival e rassegne letterarie.
"Siamo una specie di compagnia di giro" diceva, divertendosi a dipingere autori e relatori come forzati dell’intrattenimento culturale, “un gruppo ampio di scrittori, giornalisti, pensatori, che passano di festival in festival”. Il ritratto non è tanto lontano dalla realtà: le iniziative culturali che si susseguono senza sosta, su tutto il territorio, in ogni momento dell’anno sono tantissime, e si aggiungono alle tante presentazioni di libri, firmacopie, reading e incontri con l’autore organizzati dagli editori per promuovere l’uscita di un libro.
Non saranno troppi, tutti questi eventi? E non si somigliano tutti un po’?

La verità è che i festival ci piacciono, ci piacciono tantissimo, e forse, dopo due anni vissuti con il freno a mano, oggi ci piacciono ancora di più. Piacciono agli autori ospiti – come del resto finiva per ammettere anche Piccolo – e piacciono ai lettori, soprattutto quando si tratta di manifestazioni che hanno saputo, anno dopo anno, crearsi un’identità ben precisa e instaurare un rapporto di fiducia con lettori e lettrici. Il pubblico sa, ormai, che in molti casi il programma del festival rappresenta una proposta, una chiave interpretativa, un invito a scoprire titoli e temi poco noti, o anche autori molto amati dal grande pubblico ma presentati attraverso una lettura insolita. Insomma, un marchio di qualità, una garanzia.

L’intrattenimento culturale è anche una gran bella macchina, che gira tutto l’anno senza fermarsi mai, anche se quella che si apre subito dopo le ferie d’agosto è una stagione festivaliera dal sapore particolare. Da noi non esiste il concetto di rentrée letteraria alla francese, ma settembre è comunque un mese speciale nel mondo dei libri, uno dei più strategici per gli editori, che lanciano titoli e autori importanti approfittando delle occasioni d’incontro fra pubblico e lettori offerte dai festival letterari che segnano, appunto, la ripartenza.

Benedetta Marietti (Direttrice del Festival della Mente)

Anche quest’anno si comincia quindi a Sarzana, dal 2 al 4 settembre, con il Festival della Mente, la cui XIX edizione è dedicata al tema del movimento: «La cosa più pericolosa da fare è rimanere immobili. È stata questa frase di William S. Burroughs a ispirare la scelta del concetto di movimento come filo conduttore della XIX edizione del Festival della Mente» racconta Benedetta Marietti, direttrice artistica della rassegna. «Contro l’immobilismo – che genera spesso un timore viscerale per ogni sorta di cambiamento positivo – la parola movimento associata al nostro festival vuole ribadire il dinamismo e la ricchezza provenienti dagli stimoli culturali, e l’intreccio vitale delle discipline umanistiche e scientifiche che vanno a formare un unico sapere indivisibile». Quest’anno al festival si parlerà, quindi, «di ambiente, salute, guerra, rete, adolescenti, con la convinzione che per trovare soluzioni ai problemi sia necessario innanzitutto esserne consapevoli.»

Alessandro Barbero e Benedetta Marietti (Direttrice del Festival della Mente)

I Dialoghi di Trani, in programma dal 20 al 25 settembre, hanno invece scelto la parola  “Convivere” come tema portante per la XXI edizione.
Come ci spiega la direttrice artistica Rosanna Gaeta, «fin dalle sue origini la questione della convivenza è stata cruciale: la convivenza dell’essere umano con gli dei, con gli altri esseri umani, con le altre forme di vita, di fronte a un mondo che, nei momenti più diversi, si interroga ogni volta di nuovo sul vivere insieme nella pace e nella differenza e quindi anche sulla sopravvivenza dell’essere umano». Quest’anno, ai Dialoghi, si cercherà di «individuare gli strumenti culturali, politici, sociali e istituzionali e le strategie di lungo respiro di cui la convivenza ha bisogno», valutare e discutere «proposte culturali e professionali, orizzonti di azione e di intervento per dare forma attraverso la trasversalità a idee e visioni per il nostro necessario convivere». Al di là del tema specifico che cambia di volta in volta, tradizionalmente la rassegna pugliese affronta e approfondisce tematiche correlate alla legalità, alla giustizia, all’ambiente e alla solidarietà. L’intento è quello di proporre «contaminazioni tra diversi linguaggi, favorendo le molteplici forme dell’espressione artistica nell’ambito dei nuovi media, e interagendo in particolare con i giovani per una cittadinanza attiva e responsabile».

Rosanna Gaeta

Ma non tutti i festival battezzano le edizioni con un tema specifico.
Pordenonelegge, in programma dal 14 al 18 settembre, come ogni anno si presenta con una grafica di grande impatto, un’immagine singola e potente, gialla e nera.
Per il 2022 è stata scelta la spiga di grano: una suggestione senza commenti, la cui interpretazione è lasciata ai lettori.
«Noi vogliamo porre delle domande, più che dare delle risposte», dice Alberto Garlini, curatore del festival insieme a Valentina Gasparet e Gian Mario Villalta.
«Spesso sono le cose più semplici quelle più difficili da capire. E fin dall’inizio abbiamo pensato al festival come a un affresco della realtà che ci sta intorno, così sfuggente e indefinibile che non ci può essere, secondo noi, una parola in grado che renda conto di tutta la sua complessità e ricchezza. Cerchiamo di portare ai lettori le parole che di solito non si sentono in televisione, le parole pesanti, stratificate, di chi conosce bene la materia che affronta.» Senza la costrizione di tematiche precise, quindi. I tre curatori interpretano il loro ruolo come «collettori, polmoni che respirano la realtà e cercano di dare conto di quello che succede al di là delle loro opinioni e gusti estetici». Questo racconto del mondo è senz’altro un tratto distintivo della manifestazione, caratterizzata anche dalle tantissime collaborazioni con i partner più svariati: scuole, associazioni, istituti, altre sedi con cui Pordenonelegge ha creato legami duraturi di collaborazione e partecipazione. Da sempre la rassegna ospita al suo interno anche un festival di poesia, per dare spazio a un linguaggio a cui si dedica troppa poca attenzione. E poi siamo attivi tutto l’anno, con una scuola di scrittura, con premi e concorsi letterari e tantissimo altro. È tutto frutto della volontà di accogliere i tanti stimoli che arrivano dal mondo esterno, creando un programma di qualità senza mai avere «la puzza sotto il naso».  

Foto di gruppo - Pordenonelegge

Anche il Festivaletteratura di Mantova, l’attesissima manifestazione giunta ormai alla sua XXVI edizione (in programma dal 7 all’11 settembre) sceglie di farsi guidare, più che da un tema, innanzitutto da «autrici e autori che vogliamo proporre», come dice Carla Bernini Nicolini del Comitato Organizzatore del festival nato nel 1997. «E poi dai tantissimi fili tesi che sono gli argomenti che si sviluppano all’interno del festival.» La manifestazione ha maturato una volontà di approfondire ogni anno alcuni filoni fissi, come la cittadinanza e le riflessioni sulla convivenza civile, la scuola – che quest’anno sarà al centro dell’iniziativa “Una scuola al quadrato”, nata l’anno scorso per raccogliere pensieri, idee e suggerimenti e che coinvolgerà decine di ospiti del festival – e tutta l’attualità politica, sociale e ambientale.
«Noi ci sforziamo soprattutto di far accadere degli incontri, di individuare occasioni, di creare il tessuto giusto per farle capitare. Questo comporta un lavoro di ricerca davvero importante, che riguarda anche moderatori e moderatrici, e che fa parte del nostro DNA. Tutte le persone che lavorano al programma lo fanno mettendoci dentro le loro passioni e curiosità».
Uno dei tanti motivi d’orgoglio del festival di Mantova è sicuramente l’aver dimostrato, negli anni, di saper intercettare e proporre talenti, ad esempio attraverso l’iniziativa “Scritture Giovani” cui hanno partecipato, ai loro esordi, autori e autrici come Valeria Parrella, Chiara Valerio, Flavio Soriga, Giovanni Montanaro e moltissimi altri che regolarmente tornano al festival in qualità di scrittori o relatori.
In generale il mondo dei ragazzi è sempre stato al centro di Festivaletteratura, con tutte le attività alla Casa del Mantegna, e con la partecipazione a progetti ambiziosi come Read On, programma europeo di sostegno alla lettura.
«All’interno di questo programma, che vuole promuovere la lettura libera in tutte le classi di tutte le scuole come prima attività del mattino, quest’anno i ragazzi saranno invitati a elaborare una vera e propria proposta di legge per il diritto alla lettura

Di fronte a programmi così ricchi e articolati è difficilissimo segnalare uno o più eventi in particolare.
«Ci provo!», sorride Benedetta Marietti del Festival della Mente, «Quest’anno sarà nostro ospite David Grossman che ci parlerà della sua idea di movimento come cammino di speranza, di convivenza e di pace. Incontrerà il pubblico di Sarzana anche Adriana Albini, collaboratrice scientifica dell’Istituto Europeo di Oncologia e tra le 100 donne più influenti al mondo secondo la BBC.
E poi siamo davvero orgogliosi di inaugurare la XIX edizione del festival con la lectio magistralis di Filippo Grandi, Alto Commissario dell’ONU dei Rifugiati, intitolata “Il movimento degli ultimi”: «Grandi, che da oltre trent’anni si occupa di cooperazione internazionale per proteggere i diritti di quanti sono costretti a fuggire da guerre, violenze e persecuzioni, spiegherà come, ad oggi, cento milioni di rifugiati hanno varcato frontiere o cercato riparo in zone più sicure dei propri paesi, mescolandosi agli ancor più vasti flussi di persone che si muovono per motivi diversi: povertà, dinamiche della demografia, malgoverno, semplice desiderio di una vita migliore. Chi parte ha a disposizione percorsi e strumenti senza precedenti ma spesso, alle soglie della meta, trova le porte chiuse del mondo ricco che li respinge. Milioni di rifugiati ucraini però sono stati accolti in tutta Europa a braccia aperte, con misure umane ed efficaci: diventa inevitabile chiedersi se si sia trattato di un’eccezione politica o se non sia invece è un esempio di buona gestione a cui ispirarci per meglio affrontare una delle sfide globali del nostro tempo».

Comitato 2002 - Festivaletteratura

Aiutare a capire il mondo contemporaneo, a leggerlo – di questo sembra avere un gran bisogno il pubblico dei festival, oggi più che mai.

I Dialoghi di Trani affrontano nell’incontro di apertura (che quest’anno si terrà all’Istituto Culturale Italiano di Parigi) il tema cruciale dell’appartenenza linguistica, del linguaggio e della sua manipolazione il 20 settembre, con Gianrico Carofiglio, Maddalena Fingerle e Diego Marani. E uno degli incontri più attesi della rassegna pugliese – oltre alle serate più pop con ospiti come Piero Pelù, Ermal Meta e Barbara Alberti – è quello con il giornalista ed economista Moisés Naim che presenterà “Il tempo dei tiranni. Come Putin, Bolsonaro e gli altri governano il mondo”, in uscita per Feltrinelli.  

Saranno centinaia gli autori ospiti a Pordenonelegge, per un programma spalmato su 4 giorni, 9 territori comunali e 2 regionali.  
I curatori sono particolarmente felici del ritorno degli autori stranieri, avendo dovuto sacrificare un po’, nei due anni passati, la vocazione internazionale della manifestazione. Fra letteratura, filosofia, scienza, economia, arte e attualità politica, non c’è ambito del sapere che non venga indagato. A Jhumpa Lahiri sarà assegnato in quei giorni il Premio Crédit Agricole FriulAdria, una delle tantissime, prestigiose partnership del festival; da segnalare anche l’incontro con Frans De Waal, uno dei più importanti scienziati al mondo, il cui ultimo libro è Diversi. Le questioni di genere viste con gli occhi di un primatologo (Cortina), o quello con Jonathan Gottschall, autore de L’istinto di narrare (Bollati Boringhieri), che si addentrerà nel lato oscuro delle storie, e cioè come lo storytelling cementa le società (e talvolta le distrugge).

Come dargli torto? 
Il racconto, attraverso qualsiasi linguaggio avvenga, è sempre un “modo di leggere il mondo”, dice Carla Bernini Nicolini.
Anche al Festivaletteratura tornano quest’anno tantissimi grandi nomi della letteratura e della saggistica a livello mondiale ma saranno protagoniste anche altre modalità espressive: «Abbiamo voluto rendere conto delle tante contaminazioni in atto fra le varie modalità espressive del teatro, della poesia, della sceneggiatura e della letteratura» Mariangela Gualtieri, che oltre a confrontarsi, insieme ad Ermanna Montanari sul dire la poesia, sarà intervistata dai ragazzi dei Blurandevu (come Kento, Caterina Bonvicini e Roberto Saviano), «e abbiamo collaborato con la Scuola del Teatro Stabile di Torino per portare in scena degli “atti unici” di grandi autori autori classici. Dedicheremo molto spazio anche a fumetti e graphic novel: come l’incontro con Sara Garagnani, giovane autrice di MOR (Add editore), racconto autobiografico con una forza narrativa straordinaria. Lo stesso si può dire anche della fotografia, se pensiamo ad esempio a Viaggio sul fiume mondo (Mondadori) di Giovanni Marrozzini e Angelo Ferracuti, racconto di una traversata in barca in Amazzonia di grande valenza sociale, o al reporter di guerra Alessio Romenzi che con le sue fotografie ci costringe a vedere tutto quello che accade nel mondo»  

Incrociando le dita, il 2022 dovrebbe segnare il ritorno alle modalità pre-2020, dopo due edizioni davvero faticose per tutti gli organizzatori dei festival. Ma la pandemia ha lasciato in eredità qualche insegnamento? “Quest’anno siamo tornati ad allargare il programma”, dice Carla Bernini Nicolini, “in particolare agli autori stranieri che siamo felici di accogliere di nuovo – con tutte le difficoltà organizzative legate ai voli aerei di quest’anno – ma vogliamo anche fare tesoro delle due edizioni passate caratterizzate da una cifra di sostenibilità e godibilità che vorremmo ci continuasse ad accompagnare.”

Inoltre, si sa, l’esperienza degli incontri on line, e in generale lo sviluppo del digitale ha, come dice Rosanna Gaeta dei Dialoghi di Trani, “da un lato ha facilitato il coinvolgimento di ospiti a distanza, dall’altro ha favorito la creazione di un archivio digitale sempre consultabile sui canali del festival, una risorsa preziosissima soprattutto per le scuole”.  Per Pordenonelegge la via del digitale si è tradotta, solo per l’edizione 2020, in una sessantina di incontri trasmessi su PordenoneleggeTV. Uno sforzo titanico, racconta Alberto Garlini, e un risultato straordinario. Anche commovente, per certi versi: “È stata un’esperienza importante, un modo di esistere che ci ha dimostrato quanto fosse forte la comunità dei lettori. Detto questo, dopo due anni di eventi on line,  confesso che non ne posso proprio più: saremo antichi, ma il contatto umano, l’affetto del pubblico, gli applausi, i sorrisi non si possono sostituire. Noi abbiamo fin da subito concepito il festival come un’occasione di assembramento, di incontro e di scambio, grazie al corto circuito che trasforma l’esperienza solitaria della lettura in un rito collettivo.”

Il valore aggiunto degli eventi vissuti in presenza è evidente anche per Benedetta Marietti: “Il nostro festival ha come scopo la divulgazione della conoscenza e la creazione della bellezza, che acquista senso se da questo nasce una comunità. E io credo che una comunità si possa formare solo attraverso la condivisione, lo scambio di emozioni e di empatia che avviene tra relatori e pubblico. E che può essere davvero stupefacente, come quando sale sul palco Alessandro Barbero: «Il boato che ogni anno si leva dal pubblico è un’emozione indimenticabile: un’accoglienza pari a quella di una rockstar!»

Anche Piero Dorfles, il critico letterario più amato della TV, ogni anno riceve manifestazioni di un affetto rinnovato da parte del pubblico di Trani.
A patto che non siano giornate di tramontana: «Dorfles frequenta I Dialoghi fin dalla loro fondazione», racconta Rosanna Gaeta.
«È una persona mite e noi gli siamo particolarmente legati, ma basta un po’ di vento per mandarlo su tutte le furie. Anche in piena estate, si presenta come in montagna indossando un bel berretto caldo di lana. Anni fa, durante una cena in una masseria, abbiamo collettivamente invocato Zefiro perché ci desse tregua e soprattutto placasse le ire del nostro adorato Piero.»

Spesso, in effetti, i momenti più speciali di un festival avvengono dietro le quinte: a cena, in hotel, o magari all’aeroporto all’arrivo di un “big” dall’estero: «I nostri volontari», racconta Carla Bernini Nicolini, «senza i quali, voglio dirlo, non sarebbe proprio possibile organizzare tutto questo – hanno raccolto negli anni una quantità infinita di aneddoti sugli ospiti. Dovremmo raccoglierli e farne un libro – mantenendo l’anonimato, naturalmente...»

Alcuni episodi indimenticabili tornano invece spesso nei racconti, come quella volta a Pordenone, ricorda Alberto Garlini, quando George Steiner entrò nel ristorante in cui stava pranzando il suo ex-editore e soprattutto ex-amico Michael Krüger. «Krüger si alzò», ricorda Garlini, «e gli andò incontro tenendogli la mano. Steiner, che si muoveva con le stampelle, lo ignorò completamente. Un attimo dopo, però, raggiunse Krüger al suo tavolo e disse, “Poco fa un amico mi ha teso la sua mano e io ho sbagliato a rifiutarla. Adesso sono io a chiederti di stringerla”»

Poter testimoniare di momenti unici come questi, e soprattutto incontrarsi, emozionarsi, abbracciarsi, condividere domande e tentativi di risposte, provare, insieme a decodificare il mondo: l’esperienza dei festival ci offre tutto questo. Per essere pronti ad affrontare l’inverno con nuove curiosità nella testa e qualche libro in più nella borsa

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