C’è una rivoluzione in atto nel mondo della cultura italiana e questa rivoluzione si chiama Treccani. Sembra un ossimoro, e forse lo è, la più antica, nobile e consolidata istituzione culturale italiana, al centro di una rivoluzione che la sta trasformando in un’entità leggera, aperta, crossmediale, accessibile a tutti, in perenne movimento e aggiornamento. Incredibile? Eppure è vero!
Naturalmente stiamo parlando di una rivoluzione culturale, e questo cambiare pelle ma anche sostanza, coinvolge l’intero mondo, anzi la visione del mondo e della cultura, della nuova Treccani.
Ricordate i tempi in cui solo a sentire pronunciare il nome: ‘Treccani, la prima cosa che veniva in mente, era ‘la cara, vecchia, classica enciclopedia’, rilegata in pelle con i fregi dorati? Quella che se ne stava autorevole su qualche scaffale, a incutere paura e soggezione o al massimo una riguardosa riverenza? Quelli che osavano avventurarsi nelle biblioteche, tra gli scaffali e le migliaia di pagine a caccia di conoscenza erano i più ardimentosi, animati da una vera e propria sete di conoscenza.
Oggi quel mondo è cambiato e sta cambiando così come ‘la Treccani’. Oggi anche Treccani, mantenendo lo stesso approccio autorevole si è aperta al digitale, diventando un portale o meglio: un insieme di portali che assemblano un’attività culturale immensa, fatta non solo di enciclopedia e ricerca con saggi e approfondimenti sul mondo contemporaneo, su scienza e cultura, ma anche eventi, appuntamenti diffusi, risorse open source, cioè fruibili da tutti gratuitamente, come il web magazine Il Tascabile e naturalmente i social. Poteva Treccani rimanere immune dai social? Naturalmente no, e così è nato Treccanigram, il suo profilo social più seguito, ovviamente su Instagram.
Mi piace immaginare Treccani come un poliedro dalle tante facce, un nucleo compatto dato dalla solidità dei contenuti e dal rigore con cui vengono curati per poi essere presentati al pubblico attraverso facce diverse e utilizzando linguaggi diversi
Così Massimo Bray, Direttore Generale dell’Istituto della Enciclopedia Italiana, riassume la ‘rivoluzione’, quella che ha cambiato e sta radicalmente cambiando, quello che tutti noi chiamiamo familiarmente e semplicemente ‘Treccani’, che non è più solo enciclopedia ma un ‘sistema Treccani’ che rimane un unicum al centro del sistema culturale italiano.
Abbiamo dunque dato la parola prima a Massimo Bray e poi a Stefano Vittori, art director e visual designer, che si è occupato di dare una nuova forma visiva alle varie collane di Treccani Libri alimentando questa trasformazione.
Dottor Bray, partiamo dal cuore di questa trasformazione: anche Treccani, in quanto realtà editoriale, non può ignorare i nuovi spazi e le nuove forme di comunicazione. Quali strategie avete adottato?
Treccani si è aperta al digitale, agli eventi, a nuovi progetti che riguardano la didattica, l’attualità, i linguaggi di oggi. Il nostro portale, che è in continuo aggiornamento, può vantare circa 200 milioni di visite annuali e 300 milioni di visualizzazioni. La pagina Instagram dell’Istituto, Treccanigram, conta più di 120000 follower ed è impegnata in un continuo, duplice lavoro. Da una parte, la diffusione di contenuti tratti da ogni progetto di quella che ormai è un’impresa culturale crossmediale, dalla formazione alle esperienze, dalle collane di saggi tascabili di Treccani Libri alle ultime novità di Emporium, la nostra piattaforma di e-commerce. Dall’altra, la produzione di contenuti originali nativi social, come la fortunata rubrica domenicale dedicata al linguaggio dei meme. Porrei poi una particolare attenzione sul ciclo “Le parole delle canzoni”, un progetto con cui Treccani si propone di raccontare l’evoluzione della lingua italiana attraverso i testi delle canzoni di oggi, con lo scopo di dare uno spazio e favorire un riconoscimento agli artisti in questione. Nate inizialmente come rubrica social, dal 2020 Le parole delle canzoni sono diventate anche un ciclo di eventi dal vivo, il cui format prevede artisti e cantanti in dialogo con scrittrici e scrittori, in una conversazione dedicata ai testi, ai significati, alle parole e alle storie raccontate nelle loro canzoni. Gli incontri sono partiti dalla nostra Sala Igea, a Roma, e ad oggi si sono spostati su tutto il territorio nazionale grazie anche alla collaborazione e all’ospitalità di diverse fiere del libro e festival culturali.
Oltre al digitale ci sono naturalmente ancora i libri, quelli da sfogliare. Nonostante l’Istituto sia stato fondato nel 1925, l’attività editoriale di Treccani Libri è iniziata solo nel 2019. Visioni, Voci, Echi, Fuori collana, sono i nomi delle quattro collane di questa nuova impresa. Ce le presenta una per una?
Vorrei anzitutto ricordare che le grandi Opere Treccani – vocabolari, enciclopedia, libri d’arte – hanno ancor oggi una centralità nella nostra produzione, come nella distribuzione. Ma arricchiscono questo nostro lavoro le collane che compongono il catalogo di Treccani Libri che rispondono ciascuna ad un intento ben preciso: Visioni soddisfa il bisogno di guardare ai grandi mutamenti in atto provando ad allungare lo sguardo fino a interrogarsi su ciò che accadrà domani e dopodomani e lo fa con saggi a firma di grandi autori italiani e internazionali. Voci intende riproporre al lettore, attraverso volumi agili e di piccolo formato, tasselli di quel sapere senza tempo che costituisce il grande patrimonio di conoscenza di Treccani, e lo fa attualizzandoli attraverso la lettura offerta dagli intellettuali contemporanei che ne firmano le introduzioni. Echi è invece la nostra collana di e-book, attraverso la quale, con uno strumento estremamente agile, offriamo ad un prezzo simbolico riflessioni di grandi autori su temi di stretta attualità. A questi si aggiungono i Fuori collana: un insieme composito di cui fanno parte non solo i nostri tradizionali annuari, il Libro dell’anno e l’Atlante geopolitico, ma anche opere di grande formato, corredate da un ricco apparato di immagini di elevata qualità editoriale.
In questo rinnovamento generale, quali sono le linee guida per intercettare i gusti di una platea così eterogenea e soprattutto per suscitare curiosità nei lettori più giovani?
Nella selezione dei titoli abbiamo scelto di privilegiare l’approfondimento dei grandi temi della contemporaneità, da indagare sia attraverso saggi inediti che si interrogano su come il mondo sta cambiando e cambierà nei prossimi anni, sia riscoprendo e riproponendo riflessioni del passato ma che, vista la loro grande attualità, si presentano come dei veri e propri classici. Un tratto molto importante del nostro rinnovamento è rappresentato però dalla nuova veste grafica con cui abbiamo esordito nel 2022, e che, grazie alla creatività e alla sensibilità di Stefano Vittori, ha avuto subito un grande riconoscimento da parte del pubblico.
... e noi, allora, facciamo qualche domanda a Stefano Vittori, classe 1983, art director e visual designer, incaricato di rivoluzionare l’identità visiva di Treccani Libri.
Stefano, come hai gestito questo incarico importante e prestigioso, ma in grado di far tremare la matita (o il mouse… ) al più temerario art director?
Quando Treccani mi ha commissionato il restyling di Treccani Libri ho preso parte al fermento dei cambiamenti in atto all’interno dell’Istituto che da anni ormai lavora in maniera brillante alla fluidità della propria immagine e all’ampliamento del proprio pubblico. Tenendo a mente questo sguardo ampio di cui parlava Massimo Bray e dialogando costantemente con la redazione di Treccani Libri, e ho immaginato una nuova veste grafica per le loro collane, in particolare Visioni, la collana di saggistica destinata alle librerie, e Voci, i tascabili che, partendo da parole chiave o voci dell’Enciclopedia, ne espandono gli orizzonti con saggi critici.
Sulla collana Visioni abbiamo fatto lo sforzo maggiore per identificare un progetto grafico che, con poche regole di base, permettesse alla casa editrice di raggiungere una platea molto variegata di lettori. Fare degli one shot (così sono chiamate in gergo le collane dove ogni libro ha tipografia e progetto differenti) è stata la mia prima idea ma poteva essere rischioso, andare in libreria con un’immagine così frammentata, ci volevano alcuni punti fermi per permettere una certa riconoscibilità.
Parliamo di questi ‘punti fermi’: come hai impostato, praticamente, il tuo lavoro?
Il punto di partenza è stata la tipografia, la sfida è stata utilizzare sempre lo stesso carattere per le titolazioni ma variando di volta in volta pesi, allineamenti, composizioni, così da rendere possibile raccontare un legame tra i titoli pur nella loro diversità. Il carattere scelto è l’Avenir (Adrian Frutiger, 1988), lo stesso della nuova corporate identity di Treccani, un carattere geometrico e austero, senza grazie (allungamenti ortogonali delle lettere, chiamati così in tipografia, N.d.R.), che conferisce ai libri un’aria di famiglia rispetto alle altre produzioni dell’Istituto. Per stemperarne la freddezza però abbiamo deciso di abbinare un secondo carattere graziato a fargli da contrappunto, un carattere elegante, ben leggibile, da utilizzare anche per gli interni, la scelta in questo caso è ricaduta sul Baskerville (John Baskerville, XVIII sec.) che in Italia è sinonimo di letteratura alta e raffinata.
La seconda linea direttrice è stata l’uso di colori più vivaci, potenti sullo scaffale e utili a creare una distanza con l’editoria accademica, che fa uso di progetti grafici più rigidi e classici, che non permettono di tarare “la temperatura” del singolo titolo e che livellano tutta la produzione ad un unico tono comunicativo. Inoltre questa scelta cromatica più pop contribuisce a creare un cortocircuito con la produzione storica della Treccani comunicando, già dal colore, l’intento di percorrere strade nuove e contemporanee.
Terzo, infine, il contenuto iconografico, ridotto all’osso. La titolazione diventa anch’essa immagine interagendo senza soluzione di continuità con i segni e le immagini introdotti. La fotografia, quando utilizzata, è privata del colore e tagliata o scontornata per porre l’accento su un pezzo preciso e “parlante”. La parte visiva non si ferma al piatto di copertina ma si espande e prosegue su dorso e quarta di copertina, volevo che il libro potesse continuare a comunicare su ogni lato. Un insegnamento prezioso che ho imparato dal grande Chip Kidd, un book designer newyorkese, che lo racconta in un popolare Ted Talk.
In sintesi la combinatoria di questi tre punti cardine, tipografia, colore e immagini, consente di avere sia copertine mainstream - penso ad esempio a “Gli ultimi Re di Shanghai”, che potremmo definire un “saggio che si legge come un romanzo” - sia copertine con un tono più asciutto e classico, adatto a un saggio "alto" come “Dossier Benjamin”. Penso che, adattandosi in modo fluido alle differenti visioni degli autori, il progetto potrà evolvere nel tempo e cambiare insieme ai nostri lettori.
E per quanto riguarda la collana Voci, i tascabili della casa editrice, come avete lavorato?
Per la collana di tascabili “Voci”, il lavoro è stato più lineare, si è trattato di un lavoro di restyling del precedente progetto. Su queste copertine l’argomento viene raccontato con delle texture, dei pattern ripetitivi o delle immagini astratte che suggeriscono un’assonanza più o meno esplicita col titolo. Ho portato questo concetto fino in fondo e deciso di espandere l’immagine su tutto il libro, che ora avvolge completamente le pagine, dal fronte alla quarta di copertina. I testi, che prima erano composti a epigrafe in un rettangolo posizionato al centro, li ho raccolti in una fascetta decentrata a cavallo del dorso e le titolazioni hanno ogni volta un colore diverso. Sono piccoli dettagli ma cruciali, la composizione precedente comunicava solennità, riportava il medesimo spirito dell’Enciclopedia dentro i libri, in questo restyling invece si è optato per un cambio d’abito, da un completo elegante a un abito più informale: questi sono i Treccani da tenere in tasca.
Infine la carta, con il cambio di grafica abbiamo colto l’occasione per ripensare anche l’aspetto materico dei libri, adottando la collezione di carte naturali Arena della cartiera italiana Fedrigoni: una versione più bianca e liscia per le copertine, una più ruvida al tatto e con un grado di bianco meno acceso per rilassare l’occhio durante la lettura. Abbiamo escluso la plastificazione e le serigrafie per essere attenti alle questioni di sostenibilità e riciclo.
Insomma tutto è cambiato nell’universo Treccani, e lo si vede anche dai nomi: dai filosofi e pensatori del primo Novecento, Gentile, De Sanctis, Einaudi, quelli che hanno dato vita a questa ‘impossibile impresa’, quella cioè di sistematizzare la cultura italiana, ai collaboratori di oggi, autori delle tante, mille facce di questo nuovo poliedro, da Francesco Pacifico a Igiaba Scego, dai blogger e agli instagrammer che ogni giorno contribuiscono a costruire e ad arricchire questo nuovo universo culturale chiamato Treccani. E volete chiamarla ancora solo enciclopedia?
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