Il 24 settembre di 125 anni fa nasceva Francis Scott Fitzgerald, da molti considerato il più grande esponente dei "Roaring twenties", i Ruggenti Anni Venti, quel periodo cioè compreso fra la fine della Prima Guerra Mondiale e la crisi del’29 che a più riprese venne paragonato a una nuova età dell’oro, gravida di tutte quelle promesse e opportunità incarnate dall’ideale del sogno americano.
Ma più dolce è il sogno, più amaro è il risveglio. A causa delle derive della Grande Depressione e del Proibizionismo, l’età del jazz era destinata a vivere una parabola discendente, così come spesso accadde ai suoi cantori. Dopo una vita di eccessi e lussi sfrenati, infatti, Fitzgerald si ritrovò a confrontarsi con tragedie personali e familiari e dovette fare i conti con l’oblio nel quale pubblico e critica vollero confinarlo, oltre alla tanto temuta miseria.
“Non esistono secondi atti nelle vite degli americani” scrisse amaramente nel suo ultimo romanzo, The last tycoon, lasciato incompiuto e pubblicato postumo (in italiano uscito con il titolo Gli ultimi fuochi). Se Walt Whitman era convinto che, a dispetto di tutto, “il potente spettacolo continua, e tu puoi contribuire con un verso”, il Fitzgerald della fine degli anni Trenta si rendeva lucidamente conto che le luci dei riflettori ormai per lui si erano spente. Nessun deus ex machina sarebbe comparso da dietro le quinte. Non ci sarebbe stata nessuna risoluzione, nessuno scioglimento. L’età delle illusioni si era conclusa.
Dick Diver, un giovane psichiatra, ha sposato Nicole, che un incestuoso rapporto col padre ha reso schizofrenica. Dick lavora a un libro, vivendo delle ricchezze di Nicole tra la Costa Azzurra e Parigi, con un piccolo gruppo di amici.
Ma all’epoca della sua ascesa, all’inizio degli anni Venti, quando Scott e la moglie Zelda erano celebrati al pari di dei e come moderni Dioniso passavano da un eccesso all’altro, ecco, allora tutto sembrava ancora possibile. Anche l’idea di credere in quello che nell’ultima pagina de Il grande Gatsby lo scrittore avrebbe definito quel “futuro orgastico che anno dopo anno si ritira davanti a noi”.
L’idealismo di Fitzgerald non resta fine a se stesso e affonda le proprie radici in un topos assai caro all’immaginario statunitense: quello del self-made man, l’equivalente yankee dell’homo faber fortunae suae. Un modello che, sebbene godesse di prestigio fin dal Rinascimento, poteva concretizzarsi davvero solo in una fase di boom economico e solo in quella terra delle opportunità che è a lungo stata l’America. E quale miglior interprete del sogno americano di un giovane idealista nato a cavallo di due secoli, in bilico fra il mondo di chi è cresciuto nel privilegio e quello di chi ha dovuto invece lottare per affermarsi?
«Il grande Gatsby» ovvero l'età del jazz: luci, party, belle auto e vestiti da cocktail, ma dietro la tenerezza della notte si cela la sua oscurità, la sua durezza, il senso di solitudine con il quale può strangolare anche la vita più promettente.
Francis Scott Fitzgerald nasce nel 1896 in Minnesota. Il padre è un gentiluomo del Sud, distinto nei modi ma di scarsa fortuna economica, mentre la madre è una donna dal carattere romantico e inquieto, figlia di un ricco commerciante. È da questa particolare ascendenza che derivano i due lati del carattere dello scrittore: all’attrazione verso il mondo aristocratico e i suoi ideali di onore e coraggio si unisce infatti una naturale simpatia verso quella borghesia che è stata in grado di costruire da sé la propria ricchezza. Ne Il grande Gatsby, questa dicotomia fra old money e new money verrà incarnata dai due lati della baia sulla quale vivono i protagonisti.
Dopo una breve parentesi a Princeton, nel 1918 Fitzgerald lascia gli studi per arruolarsi nell’esercito, ma non viene mai inviato al fronte e sfrutta questo lungo periodo di relativa inattività per ultimare una bozza di quello che sarebbe poi diventato il suo primo successo, Di qua dal paradiso.
«Di qua dal paradiso» è l'esordio letterario di Francis Scott Fitzgerald e il romanzo che rivelò al mondo il suo talento narrativo. Opera in gran parte autobiografica, ha conosciuto un enorme successo sin dalla sua prima uscita.
Quando il suo reparto viene trasferito in Alabama, in occasione di un ballo, Scott incontra Zelda Sayre. Manic pixie dream girl ante litteram, affascinante, disinibita, sicura di sé, il genere di ragazza che si tuffa senza paura dagli scogli e passa ogni serata a flirtare con un uomo diverso. In poche parole, l’emblema della golden girl di cui Fitzgerald aveva sempre scritto.
Dopo il matrimonio, i due si trasferiscono a New York, dove iniziano ad affollare le pagine dei giornali scandalistici: litigi, spese folli e feste leggendarie li rendono carne da tabloid e contribuiscono a creare il mito che Scott e Zelda incarnano ancora oggi nell’immaginario comune. Per lo scrittore, sono gli anni della consacrazione letteraria, avvenuta prima con Belli e dannati e poi con Il grande Gatsby, ancora oggi considerato il suo capolavoro.
La storia di una coppia e della loro progressiva decadenza morale. Da una parte Anthony, giovane bello e annoiato. Dall'altra Gloria, ventiduenne di Kansas City, eccentrica, irrequieta, disincantata.
Il successo economico dà ai Fitzgerald la possibilità di viaggiare per l’Europa, ma i due non si accorgono che i loro demoni sono destinati a seguirli. Nonostante la magia della Costa Azzurra e di Parigi, il loro matrimonio è ormai giunto al capolinea, anche per via delle battaglie personali che Scott e Zelda stavano fronteggiando: da un lato l'alcolismo sempre più grave, dall’altro una diagnosi di schizofrenia – esperienze e condizioni che confluiranno nel romanzo Tenera è la notte.
Mentre sugli Stati Uniti pende la spada di Damocle della Grande Depressione, Fitzgerald tenta la via di Hollywood, senza successo. Si tratta dell'ennesimo colpo inferto alla sua già traballante situazione psicologica: a soli 44 anni, lo scrittore muore di infarto, seguito poco dopo dalla moglie. I due sono sepolti insieme. Sulla loro lapide, l'ultima frase de Il grande Gatsby: "So we beat on, boats against the current, borne back ceaselessly into the past".
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