Nei primi film che hanno raccontato l’hip hop sul grande e piccolo schermo, a partire dal capostipite Wild Style (1983) di Charlie Ahearn, non mancava mai la messa in scena dei party, momenti collettivi in cui si celebravano le quattro discipline originarie della cultura urbana nata a New York. Queste sequenze di immagini ritraevano il dj che armeggiava sui suoi due giradischi mixando le parti più ritmiche dei brani e facendo qualche scratch, il Maestro di Cerimonia (l’MC, poi evolutosi in rapper) che con la parola intratteneva e aizzava un pubblico misto che magari aveva appena marchiato qualche muro con i suoi soprannomi grazie alle bombolette spray, e cerchi di persone che ballavano a turno esibendosi in mosse plastiche e snodate, rigorosamente a ritmo.
Ristampa della colonna sonora originale di “Wild Style” (1983). La Animal Records - fondata da Chris Stein dei Blondie - ha pubblicato un solo album nella sua breve storia dei primi anni '80, ma che album! Quella di Wild Style rimane la colonna sonora più importante della storia dell'hip hop, un'istantanea della scena nel momento in cui si è evoluta dalle strade allo studio di registrazione. La tracklist originale è stata realizzata dai più noti esponenti della vecchia scuola hip-hop.
Chi appartiene alle ultime generazioni è più probabile che abbia visto queste scene in The Get Down, serie tv andata in onda su Netflix tra il 2016 e il 2017 e che, appunto, racconta le origini dell’hip hop, ma i film della prima metà degli anni ’80 sono fondamentali perché in paesi come Francia e Italia i pionieri dell’hip hop compaiono proprio in quel periodo: in altre parole il cinema, in principio, è stato il mezzo che ha contribuito maggiormente alla diffusione di questa cultura, complice una piccola scena della pellicola campione di incassi del 1983, Flashdance, in cui si vedono danzare alcuni membri della Rock Steady Crew.
Una cosa, in ogni caso, è certa: oggi l’hip hop è arrivato ovunque, si è talmente diffuso che le quattro discipline originarie, Djing, Mcing, Writing e Breaking, le loro evoluzioni e altre forme di espressioni “sorelle”, sono entrate stabilmente nella cultura popolare, coinvolgendo varie generazioni.
Il primo evento a cui si fa risalire la genesi di questa variegata cultura urbana è proprio un party e ha avuto luogo a New York, nel Bronx, l’11 agosto 1973. Ai piatti c’era Kool Herc (1955), Dj con origini giamaicane che da qui in poi è diventato una vera leggenda soprattutto perché è considerato il primo ad aver fatto durare a lungo le parti ritmiche dei brani funk facendo girare sui due giradischi altrettante copie in vinile dello stesso brano, mixandole a ripetizione ed esaltando così il pubblico danzante. Il Bronx viveva un periodo particolarmente buio, le faide tra le gang imperversavano ed era consuetudine assistere a scene violente, ma grazie a party del genere, spesso fatti in strada attaccandosi abusivamente alla corrente elettrica, l’atmosfera nel giro di qualche anno è cambiata. Chiaramente la figura dell’MC è diventata presto fondamentale e, da banali frasi rivolte al pubblico a commento della musica, si è passati a veri e propri versi in rima e a tempo sempre più strutturati. Ecco, così ha preso forma il rap, diventato presto la disciplina più nota dell’hip hop. Quest’anno, però, in quasi ogni parte del mondo, si celebra nel complesso tutta la cultura hip hop perché 50 anni di vita sono un traguardo ragguardevole e i pionieri, tra cui figurano anche Afrika Bambaataa e Grandmaster Flash, hanno quasi tutti compiuto o superato i 65 anni.
In questa epoca in cui i rapper sono protagonisti sui social media, dominano le classifiche di vendita discografica quasi ovunque e fanno spesso notizia sui TG e sui maggiori quotidiani nazionali (dove, però, difficilmente ci si sofferma sulle origini dell’hip hop), fa effetto tornare indietro nel loro albero genealogico culturale e trovarsi in un party della prima metà degli anni ‘70 neanche così affollato - si dice – e in cui il protagonista assoluto era un Dj.
A ben vedere, però, da tempo i rapper nei loro testi hanno fatto proprie, assimilato e rielaborato varie forme espressive - dal disimpegno all'ego trip, dall'immaginario gangsta alle provocazioni antiborghesi, dalla militanza politica all'autoreferenzialità, dai racconti di strada alla ricerca della poesia, dal citazionismo sfrenato, anche colto, a un gergo coniato ad hoc, dall’afrocentrismo all’improvvisazione totale ecc –, dunque associare la loro musica ad altre discipline artistiche sembra una cosa del tutto naturale.
Il rap, insomma, è onnivoro proprio perché ha preso forma insieme ad altre forme di espressione artistica che lo hanno ispirato, gli hanno dato spunti e ne hanno allargato il punto di vista. Oggi, in questo senso, alcuni rapper hanno meno consapevolezza di un tempo ma questi anniversari servono appunto a rinfrescare la memoria. Per esempio, proprio la visione del primo film che ha raccontato la prossimità tra le quattro discipline, Wild Style, anche visto che ha un approccio documentaristico, con tutti i limiti che il corso del tempo ha messo sempre più in evidenza (il plot debole e la recitazione approssimativa, per esempio), potrebbe essere ancora utile per prendere atto delle origini di tutto.
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