Sapore di sala

La città incantata: i 20 anni "italiani" del film caposaldo dell’animazione giapponese (e non solo)

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Primo, e al momento unico, film anime a essere riuscito a portare a casa l’ambito premio Oscar come Miglior Film d’Animazione, La città incantata di Hayao Miyazaki compie 20 anni.
O meglio compie 20 anni “italiani” dal momento che il film è del 2001, ma è uscito nelle sale del nostro paese soltanto nel 2003, precisamente il 18 aprile.

Prodotto dallo Studio Ghibli, il film è ispirato al romanzo fantastico Il meraviglioso paese oltre la nebbia della scrittrice Sachiko Kashiwaba. Al centro della storia c’è la piccola Chihiro, una bambina di dieci anni, che, senza rendersene conto, insieme ai genitori, entra in contatto con una città incantata abitata da degli spiriti dal nome yōkai.
Qui i genitori vengono trasformati in maiali dalla maga Yubaba e Chihiro tenta di liberarli.

Apprezzato da tutti e considerato uno dei migliori film degli anni 2000 e della storia del cinema, La città incantata non vanta solo la vittoria agli Oscar, ma anche quella alla 52esima edizione del Festival di Berlino.

Il titolo originale Sen to Chihiro no kamikakushi contiene il termine kamikakushi (letteralmente “scomparsa/occultamento attuato da un kami”) e indica un elemento strettamente legato alla cultura giapponese, facendo riferimento al fatto che quando un bambino scompare improvvisamente si dice che sia stato nascosto da degli spiriti.
Per questo nella versione internazionale si è optato per Spirited Away che rende nel miglior modo possibile l’idea di sparizione legata a queste entità.

Un film, quello che si è guadagnato l’appellativo di capolavoro di Hayao Miyazaki, che, come la maggior parte di quelli appartenenti allo stesso genere, cioè anime e, ancor di più animazione, è considerato indirizzato principalmente a un pubblico giovane o giovanissimo.
Una tesi avvalorata anche dal fatto che al centro della storia ci sono, quasi sempre, legami affettivi e familiari tra bambini e adulti. Ciononostante si serve del romanticismo per rinforzare l’esperienza dell’attaccamento affettivo, come la relazione proto-romantica tra Chihiro e il ragazzo Haku che si sviluppa per colmare il vuoto lasciato dai genitori, temporaneamente trasformati in maiali.

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La città incantata ha dimostrato, già 20 anni fa, ma ancora oggi, in maniera prepotente che la qualità tecnica dello Studio Ghibli è altissima. Questo, per tutta una serie di ragioni è considerato il capolavoro del cineasta giapponese Miyazaki, ma ha dalla sua la sempre più ampia popolarità che la casa di produzione e distribuzione sta acquisendo a livello mondiale.
Una popolarità che è andata di pari passo con la crescita dell’attenzione rivolta agli anime a partire dagli anni Novanta.

Lo Studio, infatti, nasce nel 1985 per volere dei registi Hayao Miyazaki e Isao Takahata, ma in realtà ha una storia molto più antica che risale almeno a trent’anni prima, più o meno in concomitanza con l’incontro dei due autori che lavoravano entrambi in uno studio di produzione che all’epoca, dopo essersi occupato solo di film di animazione per il cinema, aveva iniziato poi a produrre soltanto cartoni animati per la tv.
I due, insoddisfatti dei limiti del piccolo schermo, avevano il desiderio di creare un’animazione di maggiore qualità, che permettesse loro di approfondire anche tematiche più importanti.

Dal punto di vista estetico è con Principessa Mononoke che si ha una prima grande svolta per quanto riguarda lo Studio Ghibli e il lavoro di Miyazaki. È, quindi, nel 1997 che, per la prima volta, l’autore giapponese decide di accostare all’animazione realizzata a mano l’utilizzo della computer graphic che, però, «non sembrasse in computer grafica», come lo stesso Miyazaki ha tenuto a sottolineare riuscendo a centrare il proprio obiettivo.

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Con questo film, a differenza dei precedenti, ancora in via più sperimentale da questo punto di vista (Laputa – Castello nel cielo, Il mio vicino Totoro, Una tomba per le lucciole, Kiki – Consegne a domicilio, Pioggia di ricordi, Porco Rosso, Si sente il mare, Pom Poko e I sospiri del mio cuore), l’animazione giapponese raggiunge una nuova importante soglia in cui i grandi effetti sono tutti nei dettagli.

Grazie al successo di critica e pubblico Principessa Mononoke ha indubbiamente contribuito a riabilitare in parte l’immagine dell’animazione giapponese in Italia e nel mondo, accentuata ancora di più dal successivo I miei vicini Yamada, ma soprattutto, come detto, dalla città incantata. Un film in grado di colpire a tal punto da far sì che la DreamWorks di Spielberg e la Lucas si facessero avanti per acquistarne i diritti di distribuzione dalla Disney.

Al film che, ancora oggi, dopo 20 anni, è considerato il capolavoro di Miyazaki hanno fatto seguito molti altri titoli, tutti dello Studio Ghibli, da Il castello errante di Howl a Si alza il vento, tutti, seppur in maniera diversa, sorprendenti e in grado di catturare e tentare di immergere nella civiltà giapponese.

Libri da cui sono stati tratti i film di Studio Ghibli

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