Un buon editore è quello che pubblica circa un decimo dei libri che vorrebbe e forse dovrebbe pubblicare
Nato a Firenze il 30 maggio del 1941, Roberto Calasso si è spento un anno fa a Milano, il 28 luglio. Con lui, se ne è andato un pezzo dell’editoria italiana.
Dopo il liceo classico e la laurea in letteratura inglese prendeva parte, giovanissimo, al progetto di una nuova casa editrice con Luciano Foà e Roberto Bazlen. Nel 1962 nasceva quindi l’Adelphi, la raffinata e iconica casa editrice che oggi tutti conosciamo, nella quale Calasso operò per tutta la vita: ne divenne direttore editoriale, poi consigliere delegato e infine presidente, oltre che proprietario della quota maggioritaria dell’azienda. La passione per l’editoria, del resto, era di famiglia: il nonno materno Ernesto Codignola aveva fondato La Nuova Italia.
Quando Bazlen mi parlò per la prima volta di quella nuova casa editrice che sarebbe stata Adelphi – posso dire il giorno e il luogo, perché era il mio ventunesimo compleanno, maggio 1962, nella villa di Ernst Bernhard a Bracciano, dove Bazlen e Ljuba Blumenthal erano ospiti per qualche giorno –, evidentemente accennò subito all’edizione critica di Nietzsche e alla futura collana dei Classici. E si rallegrava di entrambe. Ma ciò che più gli premeva erano gli altri libri che la nuova casa editrice avrebbe pubblicato: quelli che talvolta Bazlen aveva scoperto da anni e anni e non era mai riuscito a far passare presso i vari editori italiani con i quali aveva collaborato, da Bompiani fino a Einaudi
L’impostazione dell’appena nata casa editrice Adelphi era chiara: “Faremo solo i libri che ci piacciono molto”, diceva Bazlen. Questo è uno dei punti difficili della gestione di una casa editrice, l’equilibrio tra la qualità e la vendibilità, che Calasso racconta in L’impronta dell’editore, in cui, oltre a descrivere il mestiere dell’editore, ripercorre parte della storia dell’Adelphi.
A quanto pare un'impresa editoriale può produrre guadagni notevoli soltanto a condizione che i buoni libri siano sommersi fra molte altre cose di qualità assai differente. E quando si è sommersi, può facilmente accadere di annegare e così sparire del tutto
Adelphi nasceva con un progetto ambizioso in un panorama non certo semplice: in Italia, allora, la casa editrice di qualità per eccellenza era l’Einaudi, e il confronto sarebbe stato arduo; ma l’idea era vincente, Foà, Bazlen e Calasso puntarono a creare una biblioteca di libri unici, ricercando grandi scrittori ancora non pubblicati in Italia quali Jorge Luis Borges, Joseph Roth, Georges Simenon, solo per citarne alcuni; nel tempo, molti altri nomi hanno contributo a conferire grandezza all’attuale catalogo Adelphi: Bruce Chatwin, Milan Kundera, Thomas Bernhard, Ingeborg Bachman, Arthur Schnitzler, Sándor Márai, Vladimir Nabokov, Leonardo Sciascia, Roberto Bolaño, Irène Némirovsky, Shirley Jackson, fino ai più famosi contemporanei Carlo Rovelli, Emmanuel Carrère, Patrick Mcgrath.
Con le iconiche copertine color pastello e la ricercatezza delle scelte editoriali, Adelphi si è imposta presto come casa editrice di estrema qualità nel panorama italiano e internazionale, fino a diventare un vero e proprio canone: un autore che entra a far parte del catalogo Adelphiano diviene immediatamente degno di considerazione. Il contributo di Calasso a questo successo è fondamentale: apprezzato in Italia e all’estero, l’intuito e il gusto raffinato erano la sua cifra distintiva.
Oltre che editore, Calasso è stato anche saggista, traduttore (di opere del calibro di Ecce homo di Nietzsche e Aforismi di Zürau di Kafka) e scrittore; la sua produzione letteraria è testimonianza della sua vasta ed eclettica cultura: dalla Bibbia (Il libro di tutti i libri, Sotto gli occhi dell’Agnello) alle figure di Baudelaire (La Folie Baudelarie, Ciò che si trova solo in Baudelarie), Kafka (K.), Giambattista Tiepolo (Il rosa Tiepolo), Daniel Paul Schreber (L’impuro folle), passando per la cultura indiana (Ka, L’ardore), la Grecia antica (Le nozze di Cadmo e Armonia), la mitologia (La Tavoletta dei Destini, Il Cacciatore Celeste, La letteratura e gli dei), il mondo editoriale (L’impronta dell’editore, Cento lettere a uno sconosciuto), il cinema (Allucinazioni americane), la filosofia (I quarantanove gradini), la letteratura (Come ordinare una biblioteca), fino all’attualità (L’innominabile attuale). I suoi libri sono stati tradotti in 28 lingue e pubblicati in 29 Paesi.
Chi desidera saperne di più, dia un’occhiata a Letteratura assoluta. Le opere e il pensiero di Roberto Calasso, un’indagine critica, storica e letteraria della produzione di Roberto Calasso condotta da Elena Sbrojavacca.
Andandosene, ha lasciato un grande vuoto non solo in casa editrice, ma nella cultura italiana in generale, di cui è stato dei più importanti rappresentanti:
Roberto Calasso ha segnato profondamente la cultura italiana del Novecento e del nuovo secolo, come editore e come scrittore. Ha guidato per cinquant’anni la casa editrice Adelphi, pubblicando nel nostro Paese libri che sono pilastri della civiltà europea (e non solo) e ha contribuito in maniera fondamentale a promuovere la cultura italiana all’estero
Alla sua morte, accadeva una profetica coincidenza: poche ore dopo venivano pubblicati, come da programma, i suoi due ultimi scritti, decisamente più intimi e privati: Bobi, un ricordo di Roberto Balzen, fondatore di Adelphi oltre che amico e maestro degno della sua più fervida ammirazione e Memè Scianca, un memoir della sua infanzia fiorentina negli anni della Seconda Guerra Mondiale, tra l’arresto del padre (antifascista) e il precoce amore per la letteratura. Una chiusura perfetta, il congedo forse più appropriato per uno scrittore – e uomo - di tale calibro.
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