Un tuffo nella scienza

Proteggere i nostri dati e la nostra immagine in rete

Illustrazione digitale di Adèle Baer, 2023

Illustrazione digitale di Adèle Baer, 2023

In sintesi accadono questi tre fatti.

Uno: se creo un profilo su un qualsiasi social network “generalista” è tutto gratis (ovvero non pago una quota di iscrizione), nessuno controlla se i miei dati sono veri e corretti (potrei essere un fake) e non c’è una tutela dei miei dati (se è tutto gratis, come posso aspettarmela?).
Due: il servizio funziona bene, è graficamente gradevole e agile, non si interrompe mai, funziona in tutto il mondo… come è possibile che sia tutto gratis? Chi paga la gigantesca macchina tecnica fatta di migliaia di server, centinaia di chilometri di fibra ottica e antenne che tieni in piedi tutto quanto? Chi possiede queste piattaforme fa affari con le informazioni che ogni utente riversa sul suo profilo e con gli interessi che mostra andando ad apprezzare (pollicioni in su, cuoricini e quant’altro) le immagini e i testi diffusi dagli altri utenti. Se mostro entusiasmo verso quel paio di scarpe che qual profilo amico ha dichiarato di aver appena comprato attraverso una foto o un video, allora in pochi secondi sarò raggiunto da pubblicità di quella marca e di tutte le aziende che fanno scarpe di quel tipo.
Tre: se questo è il meccanismo con cui i proprietari di quel social network fanno i soldi (trasformare la mia presenza online in informazioni da vendere a chi vuole fare pubblicità), allora più sono attirato a stare online più soldi essi faranno alle mie spalle. Ogni mossa strategica per creare quella sorta di ipnosi (non riesco a staccarmi dal telefono e le mezz’ore volano come fossero un minuto) mista ad ansia (c’è un trillo! Chi mi avrà scritto? A chi sarà piaciuta la mia foto? Cosa sarà successo a tutti miei contatti mentre ero “distratto” dall’ora di matematica? E se non sono il primissimo a rilanciare e commentare quella storia che figura ci faccio?...), è funzionale per fare sempre più soldi. Più i creatori di piattaforme sono bravi a imbozzolare i loro utenti nel social più soldi guadagnano.

Tutti abbiamo bisogno di apprezzamento, di un sorriso e una pacca sulla spalla, di un abbraccio nei momenti di difficoltà… è naturale! Letteralmente: noi Sapiens siamo animali sociali e la nostra vita funziona bene quando siamo in gruppo, quando affrontiamo gioie e difficoltà insieme. Da una quindicina d’anni, una parte di questo bisogno di appartenere a un gruppo lo abbiamo soddisfatto tramite i social network, che sono stati abilissimi a creare un ambiente virtuale dove tutto è facile, veloce e piacevole. Personalmente apprezzo moltissimo il web per la possibilità che mi offre di raggiungere informazioni, saperi, musica, testi, storie, persone che mai nella vita reale avrei potuto raggiungere. E anche i social network sono efficienti nel tenere i contatti con persone lontane da me, con colleghi di lavoro o colleghi di interessi che mi arricchiscono con i loro racconti.

C’è purtroppo il rovescio della medaglia: i miei dati personali, i miei gusti, le mie inclinazioni, le mie opinioni sul mondo, le mie amicizie diventano di pubblico dominio. Se apprezzo un paio di scarpe non è un gran male. Ma l’opinione su film, un politico, se le mie vicende amorose o i successi a scuola o sul lavoro, il litigio con i genitori… ecco queste informazioni sono assai più delicate! Perché le dovrei mettere a disposizione di chiunque? Lo stesso vale per le immagini: ogni foto (selfie o foto scattata da altri) è un racconto, un tassello della mia vita. Se sono minorenne non è giusto che la mia vita venga messa in piazza. Se io ritraggo in un video altre persone ho chiesto loro il permesso di rendere pubbliche quelle immagini? Forse oggi siamo tutti d’accordo e persino contenti di metterci in mostra in quel modo; ma fra 5 o 10 anni saremo della stessa opinione? Perché tutto quello che va in rete è “per sempre”: è facilissimo perdere il controllo di un’immagine, potrò anche cancellarla dal mio profilo ma diverse copie resteranno visibili in rete. Impossibile rincorrerle tutte.

Ecco perché esistono tre leggi che ci aiutano a fare attenzione e soprattutto tutelano i minori. La prima si chiama Convenzione 108+, un documento europeo, scritto già 40 anni fa dal Consiglio d’Europa e aggiornato con l’avvento dei social network, che aiuta a ragionare tutti insieme sul diritto alla privacy. Soprattutto proteggere i deboli e proteggere i diritti umani dei cittadini europei.
Poi c’è un gigantesco librone, il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR), scritto nel 2016 sempre dall’Unione Europea, che si è inserito automaticamente nelle leggi di tutte le Nazioni che compongono l’Unione e che mette nuove regole non solo sui social network ma anche sul commercio elettronico, sulle banche online, su come vanno custodite le informazioni mediche o estremamente personali (anche la tua pagella, ad esempio).
Infine c’è una terza legge, bellissima e intelligentissima, che nasce in Italia, per prevenire il cyberbullismo: si chiama legge 71/2017 ed è stata pensata da Elena Ferrara, all’epoca senatrice della Repubblica italiana, prima (e anche adesso) professoressa alle medie. Uno degli obiettivi è quello di ricordare ai genitori e agli insegnanti il loro ruolo di protezione ed educazione, dunque devono esser i primi a imparare ad usare bene i social network per poi mostrarlo ai ragazzi e alle ragazze.

È infatti vietato per i minori di 13 o 14 anni avere un proprio profilo social e fino ai 16 anni la presenza sui social deve esser seguita dai genitori e non è pienamente autonoma. La realtà è ben diversa: diverse ricerche e sondaggi indicano che tra i 10 e i 14 anni circa il 70% di chi possiede un proprio smartphone ha anche uno o più profili social (e spesso anche qualche profilo fake). Spesso sono i genitori stessi (o altri adulti vicini ai minori) a pubblicare foto di minori senza permesso e, talvolta con poco senso dell’opportunità, dimenticandosi che quelle immagini saranno poi commentate in tutti i modi. Si tratta comunque di immagini che possono esser scaricate e manipolate per essere immesse in rete con finalità ben diverse.

Il 28 gennaio è la Giornata europea della protezione dei dati personali (Data Privacy Day) e il 7 febbraio è il Safer Internet Day, giornata internazionale, voluta dalla Commissione europea fin dal 2004, informare sui rischi che può comportare l'utilizzo del Web quando non si conoscono alcuni meccanismi e alcuni regolamenti.
Una bella chiacchierata con i tuoi genitori e dedicare qualche ora a scuola per confrontarsi tra compagni e compagne, ti farà apprezzare tutti i vantaggi della rete, tenendoti alla larga da quelle stupidaggini che poi finiscono per diventare un problema grave.

Consigli di lettura

Per conoscere il web e navigare in sicurezza

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Incontri ravvicinati del terzo topo

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Doctor Darkweb. Fuga dal telefonino

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Di Holly Bathie | Usborne, 2022

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Saremo tutti robot? Le 15 domande

Di Pierdomenico BaccalarioFederico TaddiaMassimo Temporelli | Il Castoro, 2022

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