Una volta Albert Einstein commentò, a mo’ di sintesi, che Dio non gioca a dadi, per sottolineare come nell’Universo tutto è regolato da leggi precise e prevedibili. Al contrario, sulla Terra la natura si evolve decisamente per caso. Nel senso che non c’è un progetto prestabilito e non c’è intenzionalità (faccio così o cosà perché ho capito che andrà meglio): tutto in natura cambia, si modifica, cresce e si diffonde o scompare per sempre per una sequenza di combinazioni casuali. Oggi è possibile ricostruire a ritroso l’evoluzione, ovvero perché alcune specie esistono e hanno la forma che hanno e altre specie (la stragrande maggioranza) sono estinte per sempre. Prevedere con esattezza come le specie attualmente viventi sulla Terra saranno evolute fra 50 mila anni proprio invece non è possibile.
Quanti animali riusciresti a nominare in 1 minuto? 20? 40? È molto probabile che la maggior parte siano vertebrati, ossia animali che hanno un cranio e una spina dorsale. Per quanto familiari ai nostri occhi, i vertebrati non sono affatto il gruppo animale più numeroso. I più popolari e diffusi sono gli insetti, come le formiche, i vermi o i molluschi. Al mondo ce ne sono milioni di tipi diversi. I vertebrati, invece, sono stati fra gli ultimi ad apparire su questo pianeta, perché si sono evoluti da progenitori invertebrati, ossia privi della spina dorsale. I primissimi vertebrati comparvero nel periodo Siluriano (440 milioni di anni fa), ed erano dei pesci senza mascelle, che furono seguiti da altri pesci dotati invece di mascelle e armature spesse.
Oggi, grazie ai fossili, conosciamo bene la storia evolutiva dei vertebrati, anche di quelli che non abbiamo mai visto dal vivo come i dinosauri. Studiando gli scheletri pietrificati, abbiamo ricostruito il percorso che hanno compiuto i vertebrati, a partire dalle profondità del mare, da cui sono risaliti fino alla superficie per diffondersi, quando hanno sviluppato i primi arti, sulla terraferma. È probabile che all’epoca somigliassero un po’ a tritoni e salamandre. Oggi i vertebrati presenti sulla Terra sono: i pesci (quelli simili agli squali, con ossa fatte di cartilagine, o quelli simili a salmoni, con ossa fatte di... ossa) e i tetrapodi, ovvero gli animali con quattro arti. I tetrapodi sono quindi gli anfibi (come rane e salamandre), i rettili (come lucertole e tartarughe), gli uccelli e i mammiferi (come te, il tuo cane, o gatto, e via dicendo).
Così come abbiamo fatto con i mammiferi, sommando le informazioni che ci danno i fossili a quelle racchiuse nel DNA dei viventi di oggi, possiamo ricostruire la storia evolutiva di ogni specie, animali, vegetali, funghi…. Una storia che parte da un primissimo mucchietto di cellule (gli eucarioti) che si sono poi organizzati in organismi multicellulari che poi si sono evoluti in qualunque cosa un batterio come il tuo gatto? Magia? No. Semplicemente uno scambio continuo (dura da 3 miliardi di anni) di stimoli tra gli habitat che mutano e gli abitanti di quell’habitat che devono sopravvivere o estinguersi.
Le mutazioni che portano a evolversi o a sparire molto spesso sono piccoli cambiamenti che avvengono nella sequenza di DNA. Si verificano in modo casuale e, di norma, non hanno alcun effetto (raramente causano malformazioni o malattie). Per esempio, durante una delle tante ere glaciali, alcuni individui si sono messi a lottare tra loro, altri hanno cambiato il loro cibo preferito, altri sono riusciti a sopravvivere meglio nelle nuove condizioni. Come? Mutando! Non perché fosse una strategia stabilita a tavolino in quel momento, piuttosto perché alcune mutazioni già esistenti sono d’un tratto diventate l’asso nella manica per superare quelle nuove inattese difficoltà ambientali.
A ogni ostacolo superato, gli individui che hanno vissuto una evoluzione e la loro prole saranno sempre più diversi dalla specie originale. A volte non succede nulla (le tartarughe sono uguali a sé stesse da 220 milioni di anni) oppure poco a poco potrebbero diventare una specie nuova, perché cambiamenti all’interno di una specie sono così drastici da renderla completamente diversa da quella di partenza.
Per ogni specie animale o vegetale c’è un capostipite da cui discendono mille varianti: nei felini il capostipite risale a 10 milioni di anni fa e oggi abbiamo 41 specie, dal leone al gatto domestico. Tutti questi “bivi” evolutivi sono sempre stati innescati dall’habitat, che poi mette alla prova una mutazione: quelle favorevoli permettono a quel gruppo di animali di cavarsela e quindi vengono infine tramandate. Nessuna tigre ha scelto di farsi il manto a strisce per mimetizzarsi meglio; fu un errore genetico vantaggiosissimo tanto che si è tramandato fino a diventare caratteristico della specie.
Dopo aver osservato la storia evolutiva di migliaia di specie, gli scienziati hanno individuato che il cambiamento avviene generalmente in tre modalità principali: convergenza evolutiva, evoluzione graduale, evoluzione saltatoria.
Uniti di fronte al nemico: a volte specie diverse che vivono nello stesso ambiente, sviluppano caratteristiche simili. Ad esempio contro uno stesso predatore e la sua arma velenosa. In questo caso si dice che l’evoluzione è convergente. Cioè la stessa soluzione è stata scelta da specie che non hanno antenati comuni ma per vie diverse risulta che quella soluzione è la migliore per tutti.
Cambiamenti lenti e progressivi: altre volte l’evoluzione avviene in modo graduale, un animale mantiene alcune caratteristiche, finché una variante (sempre spuntata per caso) evidenzia che alcuni cambiamenti sono utili e a poco in quella famiglia sono trasmessi ai propri discendenti. Dopo centinaia di migliaia di anni questo può portare alla nascita di una nuova specie.
Con l’equilibrio punteggiato infine la natura può fare anche un salto evolutivo in poche migliaia di anni. In periodi molto brevi (brevi dal punto di vista dei meccanismi evolutivi) avvengono grandi variazioni, quasi dei bivi improvvisi, che molto spesso sempre danno origine a una varietà dello stesso animale… del tutto nuova!
Capire i meccanismi dell’evoluzione, da un lato ci aiuta a comprendere meglio il meraviglioso mondo dei viventi, e magari imitare qualche soluzione che poi ci troviamo nella vita quotidiana (come il velcro che nasce imitando i semi di alcune piante). E ci aiuta anche a capire quanto noi sapiens siamo diventati aggressivi rispetto agli habitat, su cui provochiamo pesanti modifiche in pochissimi anni (inquinamento e modifica del clima), mettendo in difficoltà piante e animali. In tempi lunghissimi potrebbero anche cavarsela ed evolvere, ma in 50-60 anni non è possibile. Risultato: una spaventosa perdita di biodiversità di cui facciamo fatica ad accorgerci e che potrebbe portare a conseguenze pesanti per la nostra stessa sopravvivenza. Ma questa è un’altra storia che racconteremo in una futura puntata.
Di
| Nord-Sud, 2019Di
| Mondadori, 2019Di
| Gribaudo, 2021Di
| Editoriale Scienza, 2022Di
| Editoriale Scienza, 2019Di
| Tunué, 2020Di
| Usborne, 2022Di
| HarperCollins Italia, 2022Di
| Erickson, 2017Di
| Editoriale Scienza, 2019Di
| Codice, 2022Di
| Piemme, 2020Altri consigli di lettura
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