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I fratelli che volevano cambiare il mondo di Walter Veltroni

Immagino che ogni ragazzino che per la prima volta entra nella villa della nonna, dopo averne sentito parlare per vari anni, sia incuriosito e meravigliato: è quello che succede a Giovanni, uno dei protagonisti del libro I fratelli che volevano cambiare il mondo, scritto da Walter Veltroni, edito da Feltrinelli.

I fratelli che volevano cambiare il mondo. La storia di John e Bob Kennedy

Due fratelli uniti dalla stessa passione politica e dalla spinta verso la libertà. L’ambizione di cambiare l’America e il mondo intero. La storia di un sogno che sembra infranto, ma non lo è. Lina vive con loro e con tanti giovani americani speranze e delusioni del suo tempo, senza però mai rassegnarsi, seguendo un ideale che guiderà tutta la sua vita e che lascerà in eredità al nipote Giovanni.

A Giovanni tornano alla mente i vari racconti di sua nonna Lina, dell’ultima volta che è entrata nella villa poco dopo la morte del marito per catturare con lo sguardo, con il ricordo delle emozioni i tanti anni trascorsi insieme, i momenti più felici e quelli più difficili; di quando il padre Arturo, barbiere del paese, è immigrato in America perché ormai erano rimasti 12 uomini; di quando, il giorno della partenza, il padre le ha regalato il dizionario italiano-inglese per studiare la nuova lingua.

Lina, in America, era venuta a conoscenza dal racconto di un suo compagno della storia sia di Claudette Colvin sia di Rosa Parks, due donne nere, che a distanza di mesi lottarono per i propri diritti: quando è arrivata a New York, all’età di 19 anni, nel 1959, i neri non avevano gli stessi diritti dei bianchi, non potevano frequentare gli stessi posti, le stesse scuole, università; non potevano entrare neanche negli stessi camerini per misurarsi i vestiti.

Dapprima un gruppo di donne organizzò un boicottaggio, poi un ruolo molto importante lo ebbe un pastore protestante, Martin Luther King che tenne un discorso il 28 agosto 1963 e le parole che risuonarono davanti a 250.000 persone erano di auspicio di una realizzazione di democrazia, di uguaglianza, di giustizia, di libertà, di non violenza

Dovremo continuamente elevarci alle maestose vette di chi risponde alla forza fisica con la forza dell’anima….io ho davanti a me un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della pelle, ma per le qualità del loro carattere. Ho davanti a me un sogno, oggi!

Martin Luther King

Oltre ai racconti, Giovanni ebbe in regalo la piccola chiave del diario che nonna Lina aveva scritto durante gli anni passati in America. L’intestazione diceva «Diario di un sogno, New York febbraio 1960».

Era alla lettura del diario a cui la nonna si riferiva quando gli aveva detto che era piccolo...

...ma che come tutti i ragazzi sei più sveglio e intelligente dei grandi. Il tempo non vi ha ancora cambiato. Non vi ha tolto i sogni e la fantasia, come accade agli adulti. Per questo vorrei che tu condividessi i miei sogni, [...] che mi hanno fatto diventare quella che sono ancora oggi [...]. Ho sfondato muri e abbattuto recinti, sono diventata avvocata, ho difeso i poveri e credo di aver aiutato il mondo a essere un po’ migliore. Ciascuno di noi può farlo

Così, mentre i genitori di Giovanni erano occupati in altre faccende, lui si era immerso nella lettura, di cui sentiva riecheggiare poi le parole, i punti salienti di ciò che aveva letto. Questi sono i vissuti densi della nonna, uniti insieme, come avessero voce in un percorso unico e immaginato, in prima persona:

Stava iniziando la campagna elettorale per eleggere il nuovo Presidente degli Stati Uniti e ascoltando per la prima volta il discorso di un senatore democratico, mi sono appassionata alla politica. Grazie ai sacrifici dei miei genitori mi sono iscritta al college, ho potuto scegliere la facoltà…L’idea di poter scegliere, di poter fare ciò che desideravo, mi dava senso di libertà, e ancor più questa idea di libertà me l’ha fatta venire il senatore che ho ascoltato: John Fitzgerald Kennedy. Le sue parole sulla ricchezza e sulla povertà, sull’immigrazione mi hanno coinvolto ed entusiasmato e così mi sono unita a una enorme massa di ragazzi allegri e festanti che appoggiando Jack - così potevamo chiamare John Fitzgerald Kennedy – fanno discorsi sulla giustizia sociale.

Jack, nella sua campagna elettorale afferma che serve una nuova leadership, che ci vogliono persone che rappresentino la società che sta cambiando in maniera repentina.

Per sostenere «il mio candidato» voglio capire meglio il suo pensiero, conoscerlo più a fondo e per questo sto leggendo tutti i suoi testi perché se dovrò parlare con le persone per convincerle a votarlo non potrò sbagliare. Anche i suoi avi sono immigrati, come la mia famiglia hanno dovuto affrontare le difficoltà del viaggio, del nuovo paese che li ha accolti ed è per questo che bisogna volgere lo sguardo al futuro e non al passato.

La maggior parte del tempo lo dedico alla campagna elettorale: mi è stato proposto dal comitato di andare, insieme al mio amico Anthony e ad altre persone nel Wisconsin a sostenere la campagna di Jack; anche se papà non era del tutto d’accordo mamma è riuscita a strappare il consenso per la mia partenza!

Jack ce l’ha fatta! Ha battuto l’altro candidato democratico, ora può finalmente concorrere

alla Presidenza degli Stati Uniti!

Caro diario, stasera è avvenuta una cosa pazzesca! Alle 20:30 c’è stato il primo dibattito fra i due candidati alla presidenza: John Kennedy, democratico e Richard Nixon, repubblicano. Quasi tutta la nazione ha visto i due candidati e ha ascoltato le loro proposte, le loro argomentazioni; Kennedy trasmetteva sicurezza, padronanza della situazione, Nixon sembrava passivo, balbettante.

Forse anche il loro confronto in tv ha contribuito… il mondo sta per cambiare: John Fitzgerald Kennedy è il nuovo presidente degli Stati Uniti!

La gente, caro diario, è felice, si abbraccia, sorride, in giro c’è tanta euforia, è come se la vittoria fosse anche nostra. Il discorso che ha fatto quando ha giurato da nuovo presidente degli Stati Uniti è stato memorabile, entusiasmante: ha parlato di libertà, di uguaglianza, di diritti, di progresso, di povertà

22 novembre 1963. È finita, è finito tutto… oggi hanno ucciso John Fitzgerald Kennedy. Gli hanno sparato a Dallas, in Texas. Sto piangendo, caro diario, il mio sogno di vedere un mondo diverso è svanito.

Sono passati 60 anni dalla morte di John Fitzgerald Kennedy e 55 dalla morte di suo fratello Robert, che raccolse il suo testimone e fu assassinato anche lui. Ai ragazzi che leggeranno questo libro sembrerà un tempo lontanissimo, eppure tante persone ricordano ancora quei momenti, la sua elezione, i suoi discorsi e infine la sua morte. È stata assassinata una fra le persone più influenti al mondo, che ha provato a far sì che i noi oggi non vivessimo più nel razzismo, nelle ingiustizie, fra le guerre.

Alla fine del libro si possono trovare interessanti foto di Kennedy con la sua famiglia, con i fratelli, durante una conferenza stampa e altre, ma forse, ancora più interessante è la nota storica che riporta gli avvenimenti dei secondi anni 50 del ‘900.

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