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Il razzismo. Il libro dei perché di Jordan Akpojaro

Il razzismo è trattare le persone in modo diverso e scorretto per il colore della pelle, il Paese d’origine, la religione o le tradizioni che seguono

Sono sincera: trovo doloroso parlare di razzismo. È assurdo che ancora oggi, nel 2023, esista gente che ne maltratta altra per via della diversa pigmentazione della pelle o del diverso Paese di provenienza. Posso solo immaginare la sofferenza che si prova nell’essere costretti a lasciare la propria casa, la propria famiglia, la propria cultura, doversi adattare a un posto nuovo dove spesso non si parla nemmeno la stessa lingua e, per di più, scoprirlo ostile.

Il razzismo. Il libro dei perché. Ediz. illustrata

Il razzismo è un problema di tutti e ognuno di noi deve fare la sua parte per eliminarlo. Risposte chiare e approfondite a tante domande senza peli sulla lingua, come sanno esserlo solo quelle dei bambini, per affrontare con loro un tema delicato ma fondamentale.

Il razzismo è la forma di ignoranza che tollero meno perché significa dimenticare di chi siamo figli e non conoscere la nostra stessa storia, ovvero quella della civiltà greca-mediterranea.

Nell’opera fondativa della nostra letteratura, l’Odissea, il razzismo non esiste. Gli stranieri vengono accolti incondizionatamente e viene offerto loro riparo e ristoro, prima ancora di richiederne e conoscerne l’identità. I Greci andavano anche oltre, stringendo amicizia con gli stranieri che venivano omaggiati con molti doni al termine della visita; si opponeva, quindi, l’amicizia (xenophilía) al terrore verso lo straniero (xenophobía) e si usava perfino un termine specifico per definire il galateo che regolava i rapporti con i forestieri, la xenía.

Naturalmente, il loro agire era mosso da una punta di utilitarismo, il fine ultimo era quello di creare alleanze da spendere in guerra e nel commercio, ma non solo, poiché l’altro in Grecia era considerato fonte di ricchezza tanto materiale quanto culturale.

Perché, dunque, ha avuto origine il razzismo nella sua accezione attuale?

Probabilmente la risposta sta nel falso nesso tra superiorità tecnica e culturale di un popolo rispetto a un altro. Ne abbiamo prova nel comportamento assunto da due popoli, entrambi scopritori dello stesso continente. Nella Saga dei Groenlandesi si narra del primo approdo dei Vichinghi in America intorno all’anno 1000; all’incontro e scontro con i Nativi, militarmente loro pari se non addirittura superiori, i Vichinghi reagirono con timore, mai con commenti denigratori a sfondo razziale.  Mezzo millennio più tardi, invece, sostituita la polvere da sparo alle lance, gli Europei di Spagna, Portogallo, Francia, Olanda e Inghilterra si presentarono sulla sponda opposta dell’Atlantico con un marcato vantaggio militare. Fu così che per giustificare alle loro coscienze cristiane la repentina e impune sottrazione delle vite e delle terre dei Nativi, gli Europei concepirono il concetto di superiorità culturale. Essi sostennero addirittura di farsi carico del fardello e della missione civilizzatrice dell’uomo bianco in tutte le sue declinazioni: religiosa, economica e politica. Nei sistemi coloniali, i Nativi erano classificati dagli Europei tanto più in alto quanto più aderivano ai valori della civiltà che invadeva.

Ultimi tra gli ultimi furono le vittime del commercio triangolare, ovvero della tratta che ridusse in schiavitù milioni di uomini e donne condotte dall’Africa all’Europa e ai campi di lavoro in America.

Sono passati più di duecento anni da quando il movimento abolizionista ha preso piede in varie parti del mondo. Tuttavia, schiavitù, segregazione e discriminazione non hanno cessato di esistere nelle menti e nelle azioni di molti.

Centinaia di anni di razzismo hanno portato molti di noi ad avere idee sbagliate su chi ha la pelle più scura

Sebbene il razzismo sia una terribile distorsione percettiva, molti persistono nel temere chi è diverso da sé per carnagione, religione, cultura o provenienza geografica.

Non si nasce razzisti, purtroppo lo si diventa ascoltando adulti poco istruiti e poco aperti alla conoscenza di altre culture. Nella società multiculturale odierna, la scuola, nel suo ruolo di co-attore protagonista della comunità educante insieme alla famiglia, è pertanto più che mai fondamentale. Classi dalla composizione etnica e culturale variegata non possono funzionare se non poggiano su fondamenta inclusive, tese a valorizzare tutti i discenti indipendentemente dalla loro storia famigliare.

Il libro dei perché: Il razzismo scritto da Jordan Akpojaro e meravigliosamente illustrato da Ashley Evans, per Usborne, mira proprio a questo. Un volumetto cartonato di grande formato che, grazie alle simpatiche alette da sollevare, risponde a tutte le domande, sensibilizzando il bambino con l’aiuto di piccole riflessioni empatiche quali: “Cosa prova chi ne è vittima? Cosa succede se ignoriamo il razzismo? Perché le persone cambiano città o Paese?” e molti altri interrogativi spazianti dalla storia a come stimolare il cambiamento in sé e negli altri.

Con scrittura semplice, mai banale, Il libro dei perché: il razzismo è uno strumento necessario per i bambini frequentanti la scuola materna e primaria, negli anni formativi in cui possono emergere e consolidarsi dinamiche razziste, quali la derisione o la marginalizzazione nel gruppo classe. Ma è anche un libro da sfogliare sul divano insieme a mamma e papà per riflettere su quanto sia pericoloso il razzismo ed evitare che attecchisca e germogli il seme che lo genera, l’odio.

In questa lotta, ciascuno deve fare la propria parte. Il razzismo non ha motivo di esistere perché:

Al mondo ci sono tantissimi tipi diversi di persone, ma esiste solo una razza… quella umana!

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