A volte le guerre scoppiano per motivi futili, incomprensibili se letti poco tempo dopo
Quello che voglio raccontarvi e consigliarvi è un romanzo per ragazzi sulla Resistenza, ambientato nell’estate del 1944. Il mese di giugno resta sullo sfondo, ma si sente nell’aria, nel caldo, in quella calma eccessiva e a tratti dirompente, così come la storia che grava sulle vite di tutti ragazzi e adulti nel piccolo paese di Montecalvo, circondato dalla campagna, così noioso e pianeggiante da non poter comprendere perché mai ci sia “Monte” nel suo nome...potrebbe al massimo chiamarsi “Montecalmo”. La guerra sembra essere altrove, lontana, anche se quel paese aveva salutato molti Alpini partiti per la campagna di Russia.
A Montecalvo pare non accadere nulla, ma i ragazzi si incontrano e si scontrano in bande che dividono il paese, il tempo e lo spazio delle giornate.
La Stazione guidata da Antonio, la Piazza con Alessandra, energica, coraggiosa, che non vuole compromessi, I Barotti di Michele e il Mulino di Adrian. Ci sono battaglie, risse, nascondigli, sfide, regole infrante che, in fondo, sono storie in cui potersi vedere, riconoscere.
Potrebbe essere strano o desueto parlare di bande al giorno d’oggi? Per nulla, lo scorrere delle vicende guidate da una penna esordiente, a mio parere in verità molto esperta di scrittura rivolta ai ragazzi, si susseguono con un ritmo bello, molto credibile.
Ogni attimo risulta assolutamente unico nella sua autenticità, e il lettore si incammina lungo un sentiero che si fa chiaro mentre si inoltra nelle dinamiche emotive dei protagonisti, che dialogano con una freschezza assoluta di linguaggio, eco del loro muoversi e sentire senza filtri nel giocare alla guerra; come direbbe Calvino, loro non sono come i grandi, “una razza ambigua e traditrice, non hanno quella serietà terribile nei giochi propria dei ragazzi.”
Giugno, 1944. La guerra sembra lontana, vista dal paese di Montecalvo. O Montecalmo, come tutti lo chiamano, perché è un posto in cui non succede mai nulla, almeno secondo gli adulti, sempre troppo impegnati o troppo distratti. Non è così per i ragazzi delle bande in cui è diviso il paese: la Stazione, guidata dallo "storpio" Antonio, la Piazza, con a capo l'energica Alessandra, i Barotti del saggio Michele e il Mulino, con il suo leader "figlio di papà" Adrien.
Volete fare la guerra? Fatela. Mi sembra che ne abbiamo già troppa in giro. Mio cugino è al fronte e non sappiamo nemmeno dove. Antonio, tuo zio non è tornato dalla Russia, se tornasse domani ti direbbe che sei uno scemo a voler giocare alla guerra. Adrien, tu vuoi la guerra, perché ti piace dare ordini senza muovere un dito, se toccasse veramente a te, saresti nascosto sotto la gonna di tua madre
Lo scontro, pagina dopo pagina, pare rivelarsi solo un espediente narrativo per il confronto e l’incontro in un luogo, forse una piazza simbolo di pace, dove pare non accadere nulla di importante per questi ragazzi che vorrebbero spendersi e affrontarsi o sfidarsi per qualcosa che possa valere, dentro una guerra che esiste, ma solo per gli adulti. Una guerra che incombe per le donne che non hanno tempo per guardare e possono solo piangere, da madri, per lo sconforto, per non riuscire a reggere quel gioco crudele, per un figlio che forse non hanno imparato a conoscere, seguire, crescere.
Ma gli adulti erano troppo distratti dalla guerra vera per accorgersi di loro. O almeno così credevano i ragazzi. In realtà qualcuno, a distanza e senza farsi notare, seguiva con interesse le loro scaramucce. Se ne sarebbero accorti di lì a pochi giorni
I ragazzi vengono rappresentati con il loro tratti ingenui, veri nei comportamenti, nelle parole che usano e nei conflitti, nel modo di aggregarsi; sanno essere crudeli e spietati, vogliono vincere in gare riconosciute e preparate, in sfide che tolgono spazio al gioco, ormai un orizzonte lontano dell’infanzia che non può più mostrarsi.
Perché forse dell’infanzia si è persa la spensieratezza, degli adulti non ci si fida del tutto…solo una persona riesce a vedere il coraggio di questi ragazzi e incanalarlo in un progetto più ampio, in una Resistenza che dalla guerra vuole uscire con passo determinato.
Nuto, partigiano e personaggio silenzioso, (prezioso tributo dell’autore al vero personaggio storico Nuto Revelli) determinato ed enigmatico, vede oltre e ingaggia i ragazzi - fermati dai carabinieri per aver messo in atto una sfida pericolosa e inutile nella quale un amico resta gravemente ferito - in una missione di appoggio alla Resistenza. Nuto è il primo che crede in loro, lui non si distrae come gli altri adulti, ma dona un perché alle loro sfide.
Inizia così un’estate di ribellione inattesa in cui ognuno dei protagonisti trova il suo posto in una vicenda che forse si chiama Storia, ciascuno sperimenta il coraggio di compiere azioni significative, anche se pericolose, in nome di qualcosa di più grande.
Camminare insieme nella guerra vera per arrivare a portare a termine un’operazione diventa dunque un addestramento alla vita, alle relazioni che crescono se gli obiettivi sono comuni e condivisi.
La guerra delle bande, compiuta per futili motivi, si allontana sempre più all’orizzonte e l’amicizia e l’amore si vestono di un sapore nuovo, mai provato.
Quel bacio nella miniera è stato il primo e unico che ci siamo dati, ma tu sei sempre stato al mio fianco, come nessun altro mai. Amici, come quell’estate, complici, indispensabili uno all’altra, “soldati” nell’amicizia
Affrontare la paura tra le montagne, per distrarre una postazione di militari tedeschi, porta Alessandra a riprovare il coraggio che sempre l’ha contraddistinta, ma ora respirato con altri, suoi compagni, e scopre che da soli non si può vincere, occorre agire insieme, se ognuno si sente pronto a morire per l’altro.
Saper camminare nel buio, portare uno zaino, leggere una mappa, non perdersi, sparare se necessario: tutto questo ora non è più un gioco come scalare la roccia, non è più una sfida per vincere ma per sopravvivere, ora c’è la paura vera, quella che ti mozza il fiato e ti fa misurare con il lato più complesso di te stesso: aver fame davvero, tremare nella notte, essere disposti a sacrificare la propria vita per salvarne un’altra…
Questo è l’addestramento che Nuto dà loro in un’estate indimenticabile, dove tutti crescono sperimentando un coraggio che ciascuno pensava di non possedere, il coraggio di difendere la libertà.
I miei soldati!” urlò, correndo loro incontro. Li abbracciò, strinse le gote dei ragazzi, accarezzò i capelli della ragazza e continuava a ripetere “I miei valorosi soldati!”. Il clima di allegria era contagioso e i tre ragazzi si lasciarono coccolare da quell’uomo duro e freddo quando serviva, ma che sapeva scaldarsi, e molto
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