Un'opera di graphic journalism coraggiosa e importante.
Laura Cappon e Gianluca Costantini l'hanno fatta grossa.
Sì: una giornalista coraggiosa e un bravissimo artista del fumetto hanno realizzato un graphic novel che incide nell'attualità come un bisturi, permettendoci di capire a fondo tutto quel che è in gioco nell'affaire Zaki. Il caso di Patrick Zaki, che tiene banco da due anni sui giornali italiani ed europei, è efficacemente riassunto nella presentazione del fumetto del quale ci accingiamo a parlare con i due autori.
Ecco i fatti: Sette febbraio 2020. Patrick Zaki, studente egiziano iscritto a un master in Studi di genere all'Università di Bologna e collaboratore di EIPR, l'Egyptian Initiative for Personal Rights, viene fermato all'aeroporto del Cairo, mentre sta facendo ritorno a casa. I capi d'accusa che gli vengono mossi sono diversi: minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento alle proteste illegali, sovversione, diffusione di notizie false, propaganda per il terrorismo. Le prove adotte per avvalorare il quadro sono una decina di post sul feed di Facebook facente capo all'account di Patrick.
I post, che verranno poi ritenuti non autentici dagli avvocati di Zaki, inciterebbero alla rivolta. Sulla base di questo fragilissimo castello di accuse, Patrick rimane in detenzione preventiva per 22 mesi nelle durissime carceri egiziane. Nel settembre del 2021 Zaki è stato rinviato a giudizio con l'accusa di diffusione di notizie false e per "aver seminato il terrore fra la popolazione" con un articolo sulla situazione della minoranza cristiana in Egitto. A dicembre 2021 il giudice decide per la sua scarcerazione - anche a seguito delle crescenti pressioni esercitate dall'Italia nei confronti dell'Egitto - ma il ragazzo non è stato ancora assolto.
La vicenda di Patrick è importante anche perché - nei tempi e coi modi che i media hanno impiegato per raccontarla - illustra bene la sensibilità e l'attenzione verso alcuni temi cruciali per l'epoca in cui viviamo, soprattutto il rispetto dei diritti umani da parte dei paesi coi quali l'Europa intrattiene importanti relazioni commerciali.
Mancava, quindi, un graphic novel d'inchiesta, che - nella tradizione dei migliori reportage a fumetti - riuscisse a convogliare in un'opera intelligente e coraggiosa tutta questa complessità.
Il gap è stato colmato da Laura Cappon, giornalista che segue da vicino le vicende egiziane sin dai tempi di Piazza Tahrir e della cosiddetta "Primavera araba", e da Gianluca Costantini, il cui segno descrittivo non manca mai di lasciare al lettore lo spazio interpretativo di cui questi ha bisogno per godere dell'opera nel modo migliore.
Ecco dunque la nostra intervista con gli autori di "Patrick Zaki. Una storia egiziana". Guardatela e leggetela: scoprirete perché quella di Patrick è anche una storia italiana, che ci riguarda tutti.
L'INTERVISTA
Perché proprio la storia di Patrick, Laura?
Laura Cappon: Perché è un caso di cui mi sono occupata da tempo. Non avevo mai visto un'attenzione così alta sul caso di un detenuto politico egiziano, sulla situazione dei diritti umani in Egitto, quindi credevo - e ora ne sono ancora più convinta - che valesse la pena fare un progetto lungo e usare Patrick per raccontare anche di tutti gli altri sessantamila detenuti egiziani.
Gianluca, cosa ti ha colpito nella vicenda di Patrick Zaki?
Gianluca Costantini: La vicenda di Patrick mi ha coinvolto sin dalle prime ore dopo che è stato arrestato al Cairo, quando un attivista anonimo mi scrisse chiedendomi un disegno per aiutarli a diffondere questa notizia. Il disegno è uscito nell'ora dopo e da quel giorno è diventato l'immagine sostitutiva del corpo di Patrick per tutti questi anni.
Qual è il valore aggiunto del fumetto nel raccontare un caso sul quale ancora non è stata scritta la parola fine?
Laura Cappon: Se avessimo raccontato questo caso con un saggio ci saremmo addentrati nella storia e le storture della giurisprudenza egiziana. Sarebbe stata una noia mortale. Per raccontare una storia del genere ci voleva un linguaggio diretto, un linguaggio coinvolgente e un linguaggio popolare... proprio com'è diventato il caso di Patrick e grazie anche alla campagna portata avanti da Amnesty International, dall'università di Bologna e dalla società civile italiana era il linguaggio giusto, perché è il linguaggio che deve essere alla portata di tutti.
Gianluca Costantini: Ho bisogno di raccontare prima l'essere umano e poi il contesto e il fumetto era il modo giusto per farlo.
Qual è una tavola che ti emoziona particolarmente riguardare, Gianluca?
Gianluca Costantini: La tavola forse più difficile è quella cui sono più vicino: è la tavola in cui Patrick è nel carcere dove viene torturato.
Patrick ha visto tutto il libro?
Laura Cappon: Quando Patrick è stato liberato noi abbiamo ridisegnato le ultime quattro tavole perché il libro finiva con una dedica a tutte le persone che ci avevano aiutato a fare questo libro. ricevo questo libro per loro no che a te che aspettano patrick era l'ultima tavola loro che aspettavano Patrick... invece Patrick è uscito, noi stavamo praticamente chiudendo la sceneggiatura e abbiamo fatto quattro tavole dove abbiamo raccontato la sua liberazione, ma soprattutto gli ho subito mandato il libro. Dopo una decina di giorni (se l'è fatto anche un po' tradurre in inglese, perché lui non parla correntemente italiano) mi ha chiamato e mi ha detto che gli piaceva. Ci ha scritto un bel pensiero sopra e mi fa pensare che alla fine abbiamo fatto una cosa buona.
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