Da diversi anni a questa parte mi rompo da pazzi a stare con le mie amiche, perché quando avevamo vent'anni parlavamo di morosi, adesso che abbiamo toccato la soglia degli ottant'anni quelle parlano solo di malattie. Io mi ribello: preferisco stare con i giovani
Ed è proprio dalle conversazioni con le nipoti che Sveva Casati Modignani – all’anagrafe Bice Cairati – ha tratto ispirazione per il suo ultimo romanzo, L’amore fa miracoli.
Dopo Festa di famiglia e Segreti e ipocrisie, Gloria, Andreina, Maria Sole e Carlotta sono di nuovo alle prese con tutte le gioie e i dolori che l’amore porta con sé.
Sveva Casati Modignani torna a scrivere delle sue indimenticabili quattro giovani protagoniste, che in questo romanzo vanno incontro a nuovi batticuori: una storia brillante che rispecchia la realtà e i sentimenti delle donne di oggi
C’è chi deve affrontare la fine del proprio matrimonio e chi invece ha a che fare con una gravidanza inaspettata. Sullo sfondo, un Paese squassato da una pandemia che semina morte e dolore. Di fronte a tutte queste difficoltà non resta che fare fronte comune: il romanzo è intriso di un fortissimo senso di sorellanza, valore che può fare la differenza in una società patriarcale che spesso cerca di mettere le donne in competizione fra loro.
“Sono convinta che se noi donne imparassimo a fare squadra… hai voglia, quanto filo da torcere daremmo allo strapotere maschile!” chiosa Sveva. “Quando le donne si mettono insieme riescono a fare delle cose che gli uomini non sono mica capaci di fare”.
In un’intervista con Sveva Casati Modignani, poi, non ci si può esimere dal fare qualche domanda sulla mitica Valentina, la macchina da scrivere con la quale ha composto tutti i suoi fortunatissimi romanzi. E magari, già che i giornali ne parlano, si può anche domandare di un’amicizia mancata per un soffio con Enzo Jannacci: “Mi ha chiesto di ballare e ho risposto di no… Si può essere più cretini di così?”
Abituata a non nascondersi di fronte alle avversità della vita, questa gentilissima, elegante signora non si è tirata indietro nemmeno davanti alle nostre domande a volte un po’ indiscrete, mostrando una sicurezza in sé stessa che - assieme alla straordinaria carica di simpatia di cui è capace – fa intuire bene per quale ragione “la Sveva” (con l’articolo determinativo a precedere immancabilmente il nome) sia per le sue tantissime lettrici un’amica, oltre che la regina dei romanzi.
E che si tratti di romanzi rosa o di qualsiasi altro colore è in fondo poco più che un inutile sofisma: la Sveva sa come tener compagnia alle sue amiche, portandole per mano attraverso emozioni, passioni, colpi di scena e cambiamenti, che sono il sale di ogni romanzo che si rispetti. Fino all’immancabile lieto fine, che nei romanzi della Sveva arriva sempre a cementare un patto suggellato all’inizio della sua formidabile carriera coi lettori. Perché non c’è davvero niente di male a voler offrire un porto sicuro dalle frustrazioni e dalle fatiche di tutti i giorni con un bell’happy end. E quando l’happy end proprio non può arrivare… beh, allora consoliamoci con una bella flûte di bollicine, come quella che la Sveva condivide con noi alla fine della nostra chiacchierata.
E allora, signore e signori, siete pronti? Ecco a voi la nostra indiscreta ma amichevole intervista alla regina: Sveva Casati Modignani.
Sveva Casati Modignani, buongiorno! Come va?
Potrebbe andar meglio, però non mi lamento.
Ambasciator non porta pena, dicono, ma Il Messaggero a volte può portare notizie inattese: ci racconti del dottor Jannacci, Sveva…
Ah! Ero giovane e scrivevo per le pagine dello spettacolo, occupandomi delle note di colore. Una domenica andai a Salice Terme perché c'era un evento: dopo avrebbe cantato Jannacci. Arriva lì al bar e gli facciamo l'intervista, nel frattempo un'orchestrina si mette a suonare. Finita l'intervista, lui a un certo punto mi sorride e mi dice: "Signorina, facciamo un bel balletto?" e io – che scema! – gli ho detto: "No, grazie, un'altra volta"... ma si può essere più cretini di così?
Parliamo de L'amore fa miracoli e delle sue protagoniste, le quattro “amiche del giovedì” le cui vite ci racconta da tempo. È affezionata a qualcuna di loro in particolar modo?
A tutte: le ho create basandomi sulla realtà. Sono un po' il frutto del rapporto che ho con le mie nipoti. Da diversi anni a questa parte mi rompo da pazzi a stare con le mie amiche, perché quando avevamo vent'anni era una meraviglia e parlavamo di morosi, adesso che abbiamo toccato la soglia degli ottant'anni quelle parlano solo di malattie. Io mi ribello: preferisco stare con i giovani. Pratico il loro linguaggio, ascolto le loro riflessioni, le loro storie, le delusioni, le gioie e mi diverto moltissimo! Ed è proprio parlando con loro che sono venute fuori queste amiche del giovedì: sono giovani amiche, ma amiche vere. Uno di quei rari casi in cui l'amicizia tra donne diventa sorellanza: perché quando le donne si mettono insieme riescono a fare delle cose che gli uomini non sono mica capaci di fare. Sono convinto che se noi donne imparassimo a fare squadra… hai voglia, quanto filo da torcere daremmo allo strapotere maschile!
Non è la prima volta che trae spunto dalla vita reale per scrivere i suoi romanzi… com’era successo ad esempio quando ha visitato una fabbrica a Rho …
Volevo scrivere un romanzo sul mondo operaio, (Suite 105, NdR), così mi sono detta: "Ma chi posso sentire?" e ho pensato a Maurizio Landini, che allora era segretario della FIOM. Gli ho telefonato e ho preso un treno: sono andata a Gabicce, dove lui va in vacanza. Siamo stati insieme alcuni giorni e l'ho ascoltato. Landini non è bello, ma quando lo senti parlare dei suoi operai come se ti parlasse dei figli che non ha… diventa bellissimo. È un uomo meraviglioso, perché capisci che crede nel lavoro che fa.
In un'intervista con Sveva Casati Modignani non può mancare una domanda su Valentina, la sua macchina da scrivere.
Valentina ha scritto migliaia e migliaia di pagine, e a differenza della tastiera di un computer non mi ha mai mollata in asso. Ogni due anni ho un vecchio signore – che una volta lavorava all'Olivetti – che viene a pulirmela. Ammetto che ho qualche difficoltà a reperire i nastri per la macchina da scrivere: quando entro in cartoleria e chiedo se li hanno, tutti mi guardano come se avessi chiesto, non so, una dose di droga… Però poi li trovo su internet. Io e Valentina abbiamo un rapporto molto affettuoso.
Chiudiamo questa piacevole conversazione offrendo ai nostri lettori la ricetta di un cocktail?
Il mio cocktail preferito è una flûte di bollicine, anche se io ne bevo mezza perché per lunghissimi anni sono stata astemia. Per tutta l’infanzia sono stata nutrita a vino rosso perché c'era la guerra, non c'era da mangiare ed era credenza comune che il vino rosso facesse sangue. Da bambina ero spesso ubriaca, tant'è che da adolescente, quando ne combinai una e mia madre mi disse: "Sei una povera tarata", io mi voltai e le dissi: "E ti stupisci, con tutto il vino che mi hai fatto bere quando ero bambina?". Fino ai 60 anni non ho più bevuto un sorso di alcol, poi ho conosciuto un'associazione italiana straordinaria: quella delle Donne del Vino. Conoscendole e frequentando i loro vigneti, da allora un pochino di vino lo prendo. Se vado al Gin Rosa (mitico bar di Piazza San Babila – NdR) a fare aperitivo, prendo mezzo bicchiere di bollicine.
E allora buon aperitivo, grazie alla Sveva per il cocktail che ci ha gentilmente offerto, e ... al prossimo libro!
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