Quello che i librai non dicono

Lettori ostici

Illustrazione di Gaetano Di Riso, 2021

Illustrazione di Gaetano Di Riso, 2021

«Scusi, può consigliarmi qualcosa per un amico che non legge?»

Eccola, è esattamente questa la domanda burrone, il crepaccio fatto questione in cui prima o poi è destinato a strapiombare ogni libraio del sistema solare. La più tipica e a volte più paventata delle prove su strada.

E ciascuno davanti all’abisso reagisce a modo suo. C’è il pragmatico, che, a seconda di dove viene erogata la richiesta, punta il primo torrione di libri a favore di palmo e porge il titolo al cliente, a prescindere che si tratti di Joel Dicker, Ciccio Gamer o Antonino Cannavacciuolo.

C’è il rassegnato, che non avendo alcun elemento orientativo a sua disposizione, sbandiera fin da subito la totale infattibilità del suggerimento e propone di virare verso un set di calzini, un kit da viaggio comprensivo di tappi per le orecchie o magari un abbonamento allo stadio.

E poi c’è l’ostinato, che si appassiona a tal punto alla missione da cercare di mappare il destinatario a tutti i costi, anche se il suo interlocutore di turno lo ha visto in tutto sei volte attraversare la strada o lo incontra di striscio ogni giovedì all’uscita da pilates. Ma potrebbe anche non essere lui.

E allora verrebbe da porre la sola vera domanda: “Ma se neanche sai come si chiama, perché diamine hai scelto di titillarmi l’anima con questa simpatica idea regalo?”

Indovinate in quale categoria mi sento più a casa?

Quindi, per un’incoercibile legge d’attrazione, il cliente tipo che invoca titoli per un "non lettore" mi capita circa otto volte su dieci.

Esiste poi un sottoinsieme ancora più ostico all’interno del macro contenitore: i ragazzini allergici.

Le flotte sterminate di bambini/adolescenti convinti che il libro sprigioni un’alta carica batterica, in grado di compromettere prestazioni sportive, minacciare l’appetito e/o rallentare la crescita di unghie e capelli.

Quelli che i libri li giudicano con l’occhio del salumiere, ovvero a peso.

Più è leggero, minore sarà il prezzo da pagare. In termini di risorse energetiche.

Eppure, anche lì c’è un avido cuore di libraio che pulsa in attesa di ottemperare al suo compito.

In più, da qualche anno a questa parte abbiamo un ulteriore competitor con cui raffrontarci: il telefono, la propaggine del novanta per cento delle mani dei teenager. E non solo.

C'è poco da fare. Mi imbatto spesso in genitori vagamente impensieriti perché i propri figli non sollevano il cranio dallo schermo nemmeno se il profeta youtuber che tanto amano sta annunciando il passaggio di un asteroide davanti al loro balcone. Ma poi, mentre lasciano timidamente trapelare il disagio, con un occhio lambiscono il quadrante dell’infopoint e con l’altro sbirciano il tutorial su come investire in blockchain.

Succede spesso. E pochi sono immuni al fenomeno.

Ma come dico ancora più spesso, il libro è sempre un’occasione.

E così è stato anche per Daniela. Mamma trafelata, con lo smartphone impugnato per la battaglia quotidiana di sopravvivere agli urti del mondo occidentale. Con due pargoli al seguito. Sguinzagliati ad ammirare tutte le nostre attrazioni. Ed ovviamente confluiti nel reparto giochi.

Daniela mi intercetta al volo e si mostra perentoria: «Allora, salve, io devo uscire di qui con due libri per loro. Quindi mi dia una mano perché questi non leggono manco sotto tortura.»

Prima telefonata «Sì scusa, poi ti rispondo con il link in chat così mi dici della call, ok?»

Frase che fino a 20 anni fa, avrebbero sfornato in una parodia di un canale locale.

Impiego qualche secondo a capire di chi fosse in compagnia, dato che il sabato pomeriggio la sala ragazzi è fortunatamente un pulviscolo di esploratori allo stato brado.

«Aspetti un attimo che li chiamo: Alberto! Ilaria! Ecco, manco si girano».

Le premesse mi sembrano ottime. Seconda telefonata «Sì mamma, siamo da Feltrinelli. No, non le fanno le fotocopie. Ora compro due cosette per loro e ti richiamo.»

Daniela si sbraccia simulando un annegamento e dopo aver mulinato gli arti con una certa insistenza, ottiene un cenno reattivo. I due infanti si avvicinano con l’entusiasmo del lunedì mattina, sbuffando come una moka anni’50. E Daniela mi passa il testimone: «Oh, la ragazza adesso vi trova due libri fantastici».

Mi piace quando vengono seminate aspettative alla portata.

«Ciao ragazzi. Quindi, che vi piace fare?» «Non mi piace quando mi costringono a fare qualcosa.»

Ilaria schizza dritta al punto. «E lui pensa solo alla piante». Alberto si limita ad un silenzio-assenso.

«Lo sapete che per ogni persona sulla Terra c’è un libro che parla della sua storia, vero? Cioè ormai non è più un segreto» «Ah sì? Io non ci credo»

«Vediamo un po’, la conosci Amy? Lei era sempre stata una ragazzina disciplinata e tranquilla, ma a un certo punto, dalla biblioteca dove andava sempre cominciano a svanire tutti i libri che adorava, incluso quello che aveva consumato con gli occhi tutte le volte che ne aveva avuto bisogno. E non perché qualcuno li avesse rubati, ma perché una mamma aveva stabilito che non fossero adatti ai più piccoli. E allora Amy s’infuria, perché i divieti non li sopporta più»

«E come va a finire?» si accende Ilaria «Fattelo raccontare da lei. Sta qua.» E Proibito leggere di Alan Gratz le plana tra le mani. Ilaria lo afferra. E se lo tiene.

Il resto Alberto lo ha fatto da solo. Adocchia una copertina meravigliosa, come il testo che racchiude.

Lo guarda e non dice nulla. Non serve. Si sono già scelti a vicenda.

Il giardiniere di sogni ha piantato il suo germoglio. Perché ogni titolo può fiorire e resisterci dentro.

Daniela era arrivata alla quinta conversazione, ma è uscita dicendo a una certa Rebby: «Mi sa che stavolta ce l’abbiamo fatta». Eh sì, il gioco di squadra è fondamentale.

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