Quello che i librai non dicono

E vissero tutti più che amici e contenti

Illustrazione di Gaetano Di Riso, 2021

Illustrazione di Gaetano Di Riso, 2021

Noi librai siamo qui. Certo, impiliamo novità croccanti. Smantelliamo campagne per riallestirne di nuove, in un eterno susseguirsi di apocalissi e palingenesi. Ma, tendenzialmente, siamo qui. Pattugliamo la sala. Presidiamo il punto info. Insomma, volente o nolente, siamo una certezza.
Per chi cercasse un libro di cui non ricorda né titolo né autore, ma che, forse, sette mesi fa, era esposto in classifica. Per ordinare un incunabolo fuori catalogo dal 1746 e pretendere che si materializzi in tre giorni lavorativi. Per recuperare un romanzo presentato in un programma radio di stazione ignota in cui era intervenuto anche quel famoso filosofo con la zeppola, anzi no, con la erre moscia.

E poi, soprattutto, sussistiamo per raccogliere umori. Confidenze, debolezze, sogni in sospeso. Figli adolescenti che non leggono neanche se minacciati di crescere senza Tik Tok. Colleghi sabotanti che si fingono fraterni, diatribe condominiali ai limiti della faida gomorriana. E noi siamo sempre qui.
A recepire, ascoltare, annuire. E poi, magari, a consigliare.

Com’è successo con Marco. All’epoca non sapevo si chiamasse così. All’epoca era solo un ragazzo arruffato, con sulla bocca una domanda imbarazzante. Almeno così sembrava, considerando l’incurvatura di occhi e vertebre. «Ciao…senti…ho bisogno di un aiuto.» E chi non ne ha? Questo ovviamente non lo dissi, ma credo mi scorresse sullo sguardo tipo lampeggiante stroboscopico. «Mi serve un libro per una mia amica. Cioè, al momento siamo amici, però non ho capito se è tipo Friendzone a vita o se la situazione può tipo modificarsi. E…quindi, sì ecco…mi serve un libro tipo per mandarle un messaggio tipo non troppo esplicito ma nemmeno tipo incomprensibile. Una storia tipo d’amore, ma non troppo».
Un’altra frase che non pronunciai era che se il tempo impiegato a dire “tipo” lo avesse canalizzato per provare un approccio, magari sarebbe stato un pezzo avanti.
D’altronde, mi si dispiegava davanti un’ennesima missione, col suo narcotico odore di sfida. Io non sono una gran patita di storie romantiche. Hanno il potere di detonare aspettative dilanianti, ti seminano dentro il germe di un ottimismo insano, come se, mentre selezioni gli ultimi straccetti di scottona in offerta, nello scaffalista in turno potesse incarnarsi un mix tra Tom Hardy e Alessandro Borghi, ovviamente pronto ad amarti indiscriminatamente come non sa fare neanche il tuo maremmano quando torni dalla posta.

Comunque, malgrado il mio inveterato catastrofismo sentimentale, alcune collisioni letterarie non ho potuto schivarle. E ogni tanto tornano utili. «Pensavi a un classico o a qualcosa di più contemporaneo?»
«In che senso classico?». Ecco, in questi momenti lo sconforto mi attanaglia, come se avessi sete e il barista ignorasse il concetto di bicchiere. Ma per Marco ero disposta a non disperare.
«Intendo qualcosa di famoso, una storia di passioni contrastate scritta magari tra metà Ottocento e primi del Novecento…»
«Ah, tipo?» In effetti il termine aleggiava innominato tra noi già da troppo tempo.
«Un romanzo come Orgoglio e pregiudizio, Le notti bianche o magari Il grande Gatsby…»
«E di che parlano? Perché a lei piacciono di più le cose strane. Non vorrei tipo annoiarla.»
Qui si rischiava di sconfinare nella lectio brevis. E per altro nutrivo anche un certo timore di sviscerare quanto strane fossero quelle cose. Ma ormai ero invischiata.
«Strane tipo?» Mica aveva l’esclusiva. «Tipo che legge le carte, crede nelle reincarnazioni, nelle anime gemelle». Ecco, esiste, in ogni libraio che ami il suo mestiere, un momento epifanico, in cui dopo tanto brancolare tra richieste non meglio identificate, si accende un neon da accecamento immediato. Con tanto di titolo annesso.
«Ho il libro per te. È la vicenda di due creature, un uomo e una donna, che si incontrano più volte lungo il filo della Storia. Hanno età diverse, ma sono spiriti predestinati ad amarsi, indipendentemente dal momento del mondo in cui impattano. È una dichiarazione, ma camuffata dentro un’avventura travolgente»
E così, senza più dire “tipo”, Marco è uscito dalla libreria impugnando La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo di Audrey Niffenegger. E sorrideva anche parecchio.

Lo vedo ancora. E spesso è affiancato da una ragazza. Non le ho chiesto se le piacciono i tarocchi, ma so che presto lo farò.

Nel frattempo mi piace pensare che sia lei. E che un po’ sia anche merito mio.

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