Illustrazione digitale di Sara Brienza, 2022, studentessa presso l'Istituto Europeo di Design di Milano
Soffrire e piangere significa vivere. E se lo diceva Dostoevskij non possiamo opporci.
Sì, diciamo che il caro autore non è proprio un esempio di felicità, ma è sicuramente un esempio di grande letteratura. Certo, citare i suoi libri sarebbe stato troppo banale, quindi ci siamo limitati a pescare nel calderone testi che ci hanno fatto versare altrettante lacrime. Testi che ci hanno fatti singhiozzare.
E allora, armatevi di fazzoletti che si parte!
Piangere è catartico. Doloroso, certo, ma di aiuto. Tra le lacrime versate in una vita, abbiamo saputo riscoprire varie sfumature. C'è chi piange per una vita diversa e chi per una vita come tante.
Tutti abbiamo pianto per un'amicizia o un amore tormentati, per una notizia improvvisa che ci ha rovinato la giornata o per ferite che stentano a ricucirsi.
Però piangere non è solo questo. Piangere è singhiozzare di fronte a eventi che non possono che accadere, restare fermi nella neve e sentirsi soli, soli perché nessuno è in giro a cercarti.
Ma forse, la forma più pura del pianto, le lacrime che nel nostro pensatoio personale sono le più limpide sono quelle che versiamo di fronte a ciò che non potremo mai cambiare e che dobbiamo imparare ad accettare: degli aquiloni che volano, un nonno che racconta le sue rughe.
E non importa quale di questi pianti oggi vorrete fare, alla fine l'unica cosa che vogliamo è far cadere quella lacrima che come un sasso nella scarpa ci infastidisce.
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