La società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia
45 anni senza manicomi.
45 anni da quel 13 maggio 1978 in cui venne approvata la Legge 180, anche conosciuta come Legge Basaglia, dal nome dello psichiatra che si batté per la sua attuazione.
Fino ad allora, l'esistenza dei manicomi soddisfava quel bisogno di contenere la paura: paura del diverso, dell' "anormale", del "deviato", dell'incontrollabile...
Allontanare, alienare, persino eliminare (basti vedere le atroci - a dir poco barbariche - pratiche spacciate per trattamenti come l'elettroshock e la lobotomia), sono stati per anni gli unici modi per trattare i "folli".
Ma chi erano i folli?
In realtà, chiunque fosse una minaccia per la società.
I vagabondi, i criminali, i malati mentali, i depressi, persone dipendenti da alcol o droghe, gli omosessuali... tutti loro venivano istituzionalizzati: privati, cioè, di ogni identità, di ogni rapporto sociale e di ogni contatto umano.
I manicomi erano veri e propri luoghi di prigionia.
Lo schema viene rotto da un uomo, che era uomo prima ancora di essere psichiatra e neurologo. Franco Basaglia non accettava le condizioni di vita - se così si potevano chiamare - di quelli che avrebbero dovuto essere pazienti, e non carcerati.
Riuscì a scindere la malattia mentale dalla vita di una persona, dimostrando che si potesse convivere con essa e condurre un'esistenza degna ma, soprattutto, umana.
Come? Con un intervento terapeutico, una riabilitazione che seguisse i concetti della psichiatria sociale e con un supporto da parte del territorio che potesse accompagnare e sostenere chiunque soffrisse di una malattia mentale, senza essere lasciato da solo.
Riconoscere che queste persone avevano dei diritti tanto quanto quelli che venivano considerati "normali", fu il punto di partenza per la realizzazione di questa legge.
Negli anni '60, Franco Basaglia - direttore del manicomio di Gorizia - dimostrò concretamente il potere di una cura a discapito della segregazione, dando vita - anni dopo - alla prima e unica legge quadro che impose la chiusura dei manicomi e regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio, con l'istituzione di servizi di igiene mentale pubblici. Ciò fece dell'Italia il primo paese al mondo ad abolire gli ospedali psichiatrici.
In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia
Oggi, la salute è definita dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplicemente l'assenza di malattia o infermità”.
Lo studio dei disturbi mentali ha permesso di classificarli e variarli, attribuendo ad ognuno caratteristiche, peculiarità e riconoscendone ogni sfaccettatura, dal disturbo alimentare alla depressione post partum, dalle psicosi al disturbo bipolare, dalle disabilità intellettive ai disturbi dello sviluppo e molti altri.
Il sistema sanitario cerca di aiutare le famiglie a prevenirli e/o trattarli efficacemente, lavorando con i servizi sociali sul territorio per fornire cure e assistenza.
In questa bibliografia, cominciamo dal benessere mentale dei nostri giorni, con saggi di Massimo Recalcati e Daniel Kahneman, per arrivare poi a quelli che riguardano più da vicino le nostre emozioni e la nostra parte più irrazionale, come nel caso del Libro delle emozioni di Umberto Galimberti. Per i lettori più specialistici, invece, la nostra selezione si è concentrata sui saggi più specifici, dall'inchiesta di Jessica Mariana Masucci Il fronte psichico. Inchiesta sulla salute mentale degli italiani, alle testimonianze raccolte da Massimo Cirri in un istituto per malati mentali con A colloquio.
Scopriamo quindi insieme i migliori saggi che raccontano la salute mentale e i suoi disturbi, ricordandoci, ogni giorno, di comprendere, accettare e soprattutto salvaguardare.
Noi, e chi ci sta attorno.
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