Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo
Furono in tanti a orbitare intorno al sequestro di Aldo Moro, più o meno implicati. Stavano tutti, però, all’esterno di quelle mura claustrofobiche della prigione di via Montalcini 8. E questo è ciò che Marco Bellocchio, nella serie tv in onda su Rai1, Esterno notte, vuole raccontare: non il sequestro visto dall’interno, immaginato e ricostruito, ma dall’esterno, forse ancora più difficile da ripercorrere. A questa narrazione, il regista non è nuovo, perché nel 2003 usciva nelle sale il film Buongiorno, notte, ispirato al libro dell’ex brigatista Anna Laura Braghetti Il prigioniero, edito da Feltrinelli. A interpretare Aldo Moro, questa volta, vedremo Fabrizio Gifuni, autore del libro Con il vostro irridente silenzio (Feltrinelli, 2022), circondato da un cast eccezionale: Margherita Buy nel ruolo di Eleonora Moro, Toni Servillo in quello di Paolo VI, Gabriel Montesi come il brigatista Valerio Morucci e Daniela Marra come Adriana Faranda.
Aldo Moro durante la prigionia parla, ricorda, risponde, interroga, confessa, accusa, si congeda. Scrive lettere e compone un lungo Memoriale, che è discorso politico, storico, personale. In questo testo, originariamente destinato al teatro, Fabrizio Gifuni riannoda quelle pagine.
La serie è stata presentata a Cannes ed è stata accolta da oltre dieci minuti di applausi. L’idea di giocare sulla maratona della serialità anziché sulla finestra del film è stata abbracciata dal regista per potersi prendere il proprio tempo e raccontare, da molteplici punti di vista, una vicenda nota e ripresa da più media. La novità di sguardo di questa serie le ha valso l’Award for Innovative Storytelling agli EFA 2022, mentre i riconoscimenti di critica sono stati diversi e internazionali. Da “Le Monde” che giudica Esterno notte «un dramma shakespeariano in sei atti», a “Liberation” che scrive che «Bellocchio trasforma il piombo in oro rivisitando un trauma nazionale grazie a una serie magistrale e feroce che somiglia soprattutto a un film fiume in sei atti», i pareri sono più che entusiasti.
La prima puntata – in onda il 14 novembre – racconta del 16 marzo ’78: in via Fani, a Roma, il giorno del voto di fiducia al governo Andreotti IV, Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, è rapito dalle Brigate Rosse. Dei cinque agenti della scorta nessuno sopravvive all’agguato. Nella seconda parte entra in scena, durante la prigionia di Moro, Paolo VI, amico personale dell’onorevole, che segue la vicenda con apprensione e partecipazione, tanto da ammalarsi. Tra le fila dei brigatisti, intanto, comincia a serpeggiare il dubbio che poi porterà a mettere ai voti l’esecuzione di Moro; particolarmente titubante è proprio Adriana Faranda. Il 16 novembre, per la conclusione, vedremo i tentativi di Eleonora Moro di intercedere in favore del marito, ma la linea dura dello Stato impedirà qualsiasi compromesso o trattativa con i terroristi. Del tragico epilogo di cui tutti sappiamo e che racconterà quest’ultima parte della serie, Benedetta Tobagi ha scritto per noi un articolo nel giorno dell’anniversario della morte di Aldo Moro.
Una serie feroce che ci mette di fronte a uno degli episodi più drammatici della nostra storia nazionale. Un punto di vista autoriale e artistico per raccontare un contesto, una responsabilità e una politica ancora da indagare e da comprendere.
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