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La trilogia della Patria del giornalista e scrittore Enrico Deaglio è una raccolta in presa diretta dei fatti più importanti che hanno segnato la storia del nostro paese dal 1967 al 2020. I volumi:
26 luglio 1968, Roncole
È lo scrittore più venduto in Italia e più tradotto al mondo.
Eppure, ai funerali di Giovannino (così all'anagrafe) Guareschi, non va praticamente nessuno. Nel corteo funebre che si svolge il 26 luglio a Roncole, vicino a Busseto (Parma), oltre ai familiari, due sole "personalità": Enzo Ferrari, il fondatore dell'omonima famosissima casa automobilistica, e il giornalista Enzo Biagi. "L'Unità" dà l'annuncio della morte in un corsivo di poche righe, dove si parla del "malinconico tramonto dello scrittore che non era mai sorto".
Non è esattamente così.
Guareschi (giornalista emiliano, già illustratore del giornale di satira "Bertoldo" diretto da Cesare Zavattini negli anni Trenta) è stato il maggiore, il più efficace (e spesso il più spiritoso) propagandista anticomunista che l'Italia abbia prodotto (sua l'espressione: "trinariciuti", per definire i comunisti, dotati di una terza narice per aspirare il Verbo di Mosca).
Ha avuto una vita tormentata punteggiata da ribellioni individuali e da ostinate resistenze.
Ufficiale dell'esercito, viene arrestato nel 1943 dai tedeschi e gira diversi campi di concentramento per gli Imi (internati militari italiani), fino all'ultimo, Sandbostel in Germania, senza cedere alle lusinghe di una liberazione in cambio del reclutamento nell'esercito di Hitler.
Monarchico e cattolico tradizionalista, nel 1948 pubblica il primo libro della saga di Mondo Piccolo, nel quale crea i personaggi di don Camillo (il prete sanguigno che parla con Dio) e Peppone (il comunista obnubilato dalla propaganda sovietica, ma in fondo umano).
I suoi libri venderanno venti milioni di copie e i film tratti dalle sue opere (con Fernandel nella parte di don Camillo e Gino Cervi nella parte di Peppone) sono successi internazionali.
Per le elezioni del 1948 inventa lo slogan "In cabina elettorale Dio ti vede e Stalin no", probabilmente il miglior colpo di genio di un pubblicitario politico.
Viene condannato con la condizionale per aver vilipeso il presidente della Repubblica Luigi Einaudi e poi, nel 1954, per aver diffamato il presidente del Consiglio Alcide De Gasperi (unico giornalista italiano nella storia) sconta tutta la pena (409 giorni, più 6 mesi di libertà vigilata; non chiede appello, né grazia) in carcere.
Nel 1963 partecipa, insieme e in contraltare a Pier Paolo Pasolini (i due sono considerati i due grandi intellettuali eretici italiani), al film La rabbia, che si propone di scandagliare i motivi del malessere sociale. Il film non avrà successo, e anzi la parte di Guareschi - che si scaglia contro la Russia, la Chiesa del dissenso, il centro sinistra, l'indipendenza dell'Algeria e la libertà dei costumi - sarà tagliata.
L'assenza di partecipazione ai suoi funerali sembra essere il segno di una morte avvenuta quando i tempi sono ormai cambiati.
Il "Mondo piccolo" della Bassa emiliana sembra essersi fatto ancora più piccolo.
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