Quarant’anni fa, il 30 novembre del 1982, usciva Thriller, il sesto album solista di Michael Jackson, allora ventiquattrenne ma già con una lunga carriera alle spalle, iniziata da bambino. Anche grazie alla produzione musicale di Quincy Jones (1933), artista di formazione jazz che aveva già ottenuto risultati eccellenti con Jackson lavorando al precedente album, Off the Wall (1979), Thriller segna la storia del pop, tanto che ancora oggi, a livello globale, detiene il record di vendite nella storia della musica.
Un grande classico della musica di tutti i tempi, in un'edizione speciale ed estesa per festeggiarne i quarant'anni.
Pur rievocando i fasti di un'era precedente dominata dalla disco e facendo perno su soul e funk, l’album ha suoni e arrangiamenti assolutamente moderni per l’epoca, e oggi capaci di suggerire subito all'ascoltatore immagini tipiche degli anni ’80. Non importa se si è vissuto o meno quel decennio, perché Thriller è un album composto sì da nove canzoni, ma anche da tre video, quelli di Billie Jean, Beat It e Thriller, che sono parte integrante dell'opera e hanno contribuito a definire un immaginario epocale.
Billie Jean, il secondo singolo estratto dall’album dopo The Girl Is Mine – cantato in coppia con Paul McCartney -, ha una sezione ritmica molto coinvolgente, con una memorabile linea di basso. Grazie al videoclip ufficiale, che spopola su MTV a partire dall’inizio di marzo del 1983, l’album vende altri 10 milioni di copie quando ormai sono passati circa tre mesi e mezzo dalla sua uscita. Le riprese di alcuni dettagli, all’interno di una scenografia urbana creata ad arte, esaltano le pose, le movenze e il look di Michael Jackson, a partire dal marciapiede che si illumina sotto i suoi passi volti a seminare un paparazzo pronto a speculare su un presunto scandalo provocato dalle attenzioni morbose di una fan – come racconta il testo. Risultato: una grande fetta di pubblico vuole imitare quel look, quelle pose e quelle movenze ed è la prima volta che un artista afroamericano ottiene una simile esposizione su MTV. È qui, insomma, che l’immagine e lo stile di Michael Jackson iniziano a diffondersi ovunque innalzando il personaggio a un’icona nota in gran parte del mondo.
A fine marzo esce anche il video di Beat It, la canzone più rock del disco, soprattutto grazie alla chitarra di Eddie Van Halen. I ragazzi della 56a strada di Francis Ford Coppola, è arrivato in sala appena sei giorni prima ma I guerrieri della notte di Walter Hill ha già portato alla ribalta, una volta per tutte, il fenomeno delle street gang nel 1979. Jackson, sulla scia di questo film, in contemporanea al regista italo-americano e rievocando West Side Story (1961), mette in scena, nel video di questo terzo singolo, il conflitto tra gang, e naturalmente lo fa a suo modo. Se nel preludio allo scontro tra le due fazioni, infatti, sguardi, outfit, camminate e piccoli gesti come il lancio di una sigaretta vengono messi in risalto, caricati di un’enfasi da “uomini duri” molto in voga all’epoca, quando la rissa si scatena i contatti si trasformano in una coreografia sempre più pacifica proprio grazie all’intervento del “nostro eroe” che fa sparire i coltelli e guida i ragazzi a ritmo e con stile.
Il 2 dicembre del 1983, invece, quando esce anche il video della title-track, è passato un anno dalla pubblicazione del disco, quindi per riprendersi tutte le attenzioni serve alzare ulteriormente il livello. A dirigerlo c’è uno dei giovani registi statunitensi con più talento, che negli anni precedenti ha firmato, in successione, Animal House, The Blues Brothers e Un lupo mannaro americano a Londra. Si tratta di John Landis, all'epoca trentatreenne, che esordisce nei videoclip musicali ripartendo proprio dall’immaginario dell’ultima sua pellicola, che ha colpito molto Jackson. Quello di Thriller è il più famoso videoclip musicale della storia perché diventa un cortometraggio horror che dura più del doppio della canzone e in cui non può mancare la coreografia con gli zombie.
Billie Jean, Beat It e Thriller sono la quarta, quinta e sesta traccia del disco, ne costituiscono il cuore. Oltre ad ascoltarli, il pubblico può anche vederli, dunque la risonanza dell’album viene amplificata come mai accaduto prima dalla televisione, medium che vive il suo periodo storico di maggior dominio. I tre video ufficiali di questi brani, insomma, danno una spinta fondamentale a questo incontro tra black music e pop facendolo diventare definitivamente un fenomeno mondiale.
Nell’album, oltre a queste tre hit, ci sono anche delle ballad come The Girl Is Mine o Human Nature ma, per quanto diano equilibrio alle atmosfere musicali, restano meno rappresentative anche rispetto a Wanna Be Startin' Somethin', il vivace brano d’apertura in cui i sintetizzatori convivono con delle influenze afro e che, ancora oggi, è citato tra le migliori canzoni della carriera di Michael Jackson. A coronare Thriller, inoltre, ci sono, chiaramente, le doti canore del “king of pop”, accresciute grazie agli arrangiamenti vocali di Quincy Jones che gli permettono, tra l’altro, di modulare con più maturità il falsetto, di passare con disinvoltura dalla morbidezza a un’energia a tratti dura che sfocia anche in urla studiate, e di usare sempre meglio la tecnica del “singhiozzo”. Non è sempre scontato ma in questo caso si può dire senza retorica che dietro il grande successo del disco c’è anche un duro lavoro in studio.
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