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Cosa hanno in comune un cavallo, Hollywoo(d), una scrittrice in cerca di successo e l’abuso di sostanze? Per chi ha un abbonamento Netflix la risposta è fin troppo facile: BoJack Horseman
Questa serie animata creata da Raphael Bob-Waksberg ha debuttato nel 2014 e ancora oggi non smette di godere della popolarità del primo momento. Si tratta infatti di un prodotto unico nel suo genere che mescola un’ambientazione reale con un mondo popolato sia da uomini che da animali antropomorfi. La scelta, di primo acchito stridente, è particolarmente azzeccata perché permette subito di identificare i personaggi in dei “tipi umani”. Inoltre l’adozione di un registro dissacrante permette agli autori di scendere nella loro psiche, mettendoli a nudo con la violenza tipica della comicità.
In particolare, a subire questo trattamento è il protagonista, un cavallo ricco e annoiato che vive delle sue glorie passate (a cui presta la voce Will Arnett). È infatti stato l’attore principale di Horsin’ around, una serie televisiva di spicco degli anni ‘90. Per tornare in contatto con il grande pubblico decide di farsi conoscere tramite la penna della ghost writer Diane Nguyen (a cui presta la voce Alison Brie), a cui affida le sue memorie.
Questo processo fa tornare a galla i suoi fantasmi: così incominciamo a scoprire un individuo fragile e imperfetto di cui non possiamo fare a meno di innamorarci. Perché sì, ci innamoriamo della sua cecità, del suo egoismo e della sua incapacità di fare i conti con un passato duro e ingiusto. Inorridiamo per le sue scelte sempre più abbiette, per la sua insensibilità verso chi lo ama davvero, per la sua corazza di nichilismo che solo Diane riesce a penetrare e a comprendere. Il loro rapporto, un incontro fra due solitudini, è una possibilità che viene sprecata a causa nel loro continuo rispecchiarsi l’uno nell’altra. Ma a BoJack Horseman perdoniamo anche questo perché i suoi comportamenti sono frutto di un disprezzo verso sé stesso, una maledizione del sangue che -come nelle tragedie greche- si tramanda di genitore in figlio.
Tu l’hai ereditata da noi la bruttezza che hai dentro. Sei nato sbagliato; questo è il tuo diritto di nascita. Ora tu puoi cercare di riempire la tua vita con progetti, con i tuoi libri, con i tuoi film e le tue amichette. Ma ciò non ti completerà. Tu sei BoJack Horseman e non c’è cura per questo
Sono queste le ultime parole di lucidità che gli rivolge l’anziana madre, dopo aver letto la sua biografia. E BoJack prova a darle torto, ma in cuor suo le crede. Infatti tenta di sfuggire a questa profezia ma inconsciamente si impegna a farla avverare, cadendo sempre negli stessi errori. Fino al momento in cui dovrà rendere conto del male che ha fatto e ancora una volta non riuscirà a prendersene la responsabilità.
Rimaniamo così con l’amaro in bocca per un anti-eroe che non ce l’ha fatta, nonostante le molteplici possibilità di redenzione. In un atto finale dove si appresta a diventare grande, ma ormai è troppo vecchio per farlo.
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