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Cinque blues per la banda Monterossi di Alessandro Robecchi

Leggendo Alessandro Robecchi si hanno due certezze, la prima: la trama non è poi così importante nei romanzi. La seconda: ci sta sempre un’indagine parallela a quella delle forze dell’ordine per trovare il cattivo. E sono due cose non così scontate oggi, perché nel mercato editoriale dei gialli, dove il gusto di noi lettori è stato plasmato per decadi da scelte basate sull’ispettore di provincia e il detective (sempre di provincia), la trama aveva il suo peso, così come i poliziotti.

Robecchi ha provato in questi dieci anni di lavoro a sparigliare le carte, inventando la figura di Carlo Monterossi, che non è uno sbirro, ma un autore televisivo. E nelle sue storie non ci sta la provincia, ma la super rampante Milano. La cosa è riuscita.

Cinque blues per la banda Monterossi
Cinque blues per la banda Monterossi Di Alessandro Robecchi;

Carlo Monterossi, il protagonista di questi racconti e dei romanzi di Alessandro Robecchi, è una figura di detective del tutto atipica. Pubblicare a dieci anni dall'esordio in un unico volume i racconti sparsi, già comparsi nelle diverse antologie gialle di Sellerio, serve «a fare il punto sull'evoluzione dei personaggi», a comprenderli a tutto tondo.

Questi cinque racconti, appena usciti in un’elegante edizione Sellerio, sono la somma del lavoro creativo di Alessandro Robecchi. Sono cinque racconti già pubblicati dall’autore in varie antologie, che fanno una cosa che è quasi blasfema in Italia: intrattengono. Noi italiani con l’intrattenimento abbiamo una relazione psicopatica; ci piace tantissimo ovviamente essere intrattenuti, ma deve essere sempre sui massimi sistemi, anche in modo farlocco sui massimi sistemi, ma sempre e comunque un racconto che tenda ai massimi sistemi.

Dio benedica Robecchi, che invece, fregandosene ampiamente di tutto questo, ci intrattiene con cinque storie divertenti, ironiche, assurde e frizzanti. Cani di nome Killer che hanno collari pieni di diamanti, sicari che devono uccidere prima la moglie e poi il marito perché il matrimonio non è felice e di mezzo ci stanno tanti soldi in eredità. E così via. Vanno giù come Ferrero Rocher.

E poi ci sta la lingua, così briosa, leggetevi questa descrizione della Brianza:

I confini della Brianza sono stati per secoli definiti da una recisa negazione popolare: «No, qui non è mica Brianza!». Oppure: «Son mica brianzolo, io». Una dissociazione, da est a ovest, un ostinato, quasi offeso, declinare l’offerta. Ma qui, dove sono ora Carlo e Oscar, non si può negare. Un triangolo col vertice in basso, che sarebbe Monza, e gli altri due angoli a toccare i due rami del lago famoso, Como di qua, Lecco di là, in mezzo la città di Erba dove Oròbi e Liguri si menarono come fabbri, cazzi loro.

In qualche modo si sente che Robecchi è anche autore televisivo, che la sua scrittura debba essere economica e lasciare il segno, una scrittura che in Cinque blues per la banda Monterossi, si trova a suo agio nella forma racconto come un musicista su un palco alla seconda birra. Dal suo primo Questa non è una canzone d’amore, 2014, Sellerio, Robecchi continua a produrre materiale vivo e intelligente, che fa il verso al genere, ma che prende anche molto seriamente il genere. Con i suoi personaggi strampalati e comici, ma anche terribilmente legati ai soldi, al potere del denaro. E poi c’è Milano, una Milano strana, appunto distorta o dai troppi soldi, o dall’assenza di soldi.

Bravo Robecchi e brava anche Sellerio, diciamolo, nel 2023 puntare su una raccolta di racconti significa dare un segnale all’editoria. Come dice Robecchi in apertura (leggete le poche pagine di apertura) i racconti in Italia non si vendono e in pochi ci puntano. Cattiva lettura del mercato e dei gusti del bel paese, mentre scrivo, in molte classifiche, il libro Cinque blues per la banda Monterossi, è nella top ten. Salute!

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Alessandro Robecchi scrive per vari giornali, per la tivù e per il teatro. È stato editorialista di «Il manifesto» e una delle firme di «Cuore». È tra gli autori degli spettacoli di Maurizio Crozza. È stato critico musicale per «L’Unità» e per «Il Mucchio Selvaggio». In radio è stato direttore dei programmi di Radio Popolare, firmando per cinque anni la striscia satirica Piovono pietre (Premio Viareggio per la satira politica 2001). Ha fondato e diretto il mensile gratuito «Urban». Attualmente scrive su «Il Fatto Quotidiano», «Pagina99» e «Micromega». Ha scritto: Manu Chao, musica y libertad (Sperling & Kupfer, 2001) tradotto in cinque lingue, e Piovono pietre. Cronache marziane da un paese assurdo (Laterza, 2011).Tra i suoi libri, tutti editi con Sellerio, si ricordano: Questa non è una canzone d'amore (2014), Dove sei stanotte (2015), Di rabbia e di vento (2016), Torto marcio (2017), Follia maggiore (2018), I tempi nuovi (Sellerio 2019), I cerchi nell'acqua (2020), Flora (2021), Una piccola questione di cuore (2022) e Pesci piccoli (2024).

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