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È difficile essere un dio di Arkadij e Boris Strugackij

Il regno è in tumulto. Sotto il comando di don Reba, il ministro del re, milizie armate portano avanti una crociata oscurantista catturando, torturando e uccidendo artisti, scienziati, scrittori e chiunque dimostri di avere un minimo di cultura. Il nobile Rumata vorrebbe agire e fermare in qualche modo quest’ondata barbarica ma non può farlo: gli scienziati della Terra possono solo osservare e registrare ciò che avviene sul lontano pianeta Arkanar. Non devono intromettersi nelle loro faccende, né tantomeno uccidere.

È difficile essere un dio
È difficile essere un dio Di Arkadij Strugackij;Boris Strugackij;

Arkanor è un pianeta lontano, abitato da una società tardo medioevale. Tartassato da predoni e assassini fascistoidi pronti a sterminare chiunque pensi con il proprio cervello, o peggio si dedichi a filosofia, musica, arte.

«E, mentre attenderemo» disse «pianificando e calcolando, le bestie, ogni giorno, ogni minuto, annienteranno le persone».
«Anton» disse don Kondor «nell’universo ci sono migliaia di pianeti dove noi ancora non siamo arrivati e dove la storia fa il proprio corso».
«Ma qui noi ci siamo già arrivati!»
«Sì, ci siamo arrivati. Ma per aiutare questi uomini, e non per appagare la nostra ira legittima. Se sei debole, vattene. Torna a casa.

Dopo Picnic sul ciglio della strada, la casa editrice Marcos y Marcos riporta in libreria È difficile essere un dio, un classico della fantascienza sovietica firmato da Arkadij e Boris Strugackij, curato da Paolo Nori e nella traduzione - per la prima volta dal russo - di Diletta Bacci.

Il libro dei fratelli Strugackij è una profonda riflessione sui temi del potere e della moralità, in cui le domande poste non hanno risposte univoche. Rumata per capacità e sapere è un dio in confronto agli altri, ma il divieto di intervenire lo mette in crisi: come si può restare inerti di fronte a un massacro di innocenti? Al tempo stesso, il protagonista è disgustato dall’arretratezza degli abitanti di Arkanar e continua a paragonare il loro livello di progresso a quello di casa sua, una Terra in cui il comunismo ha vinto e ha instaurato un’utopia interplanetaria. Le stesse regole che gli vietano di interferire sono quelle che lo rendono moralmente migliore rispetto agli altri.

Come suggerisce il titolo, È difficile essere un dio porta in superficie i dubbi e le difficoltà di un essere superiore che avrebbe il potere ma non può usarlo, e lo contrappone al debole ma scaltro don Reba, un male oscuro e calcolatore che vuole il controllo unicamente per esercitarlo. Don Reba incarna il grigiore che diventa nero, l’orrore generato dai regimi totalitari.

Adesso non ho più tempo per la teoria, pensò Rumata. So solo una cosa: l’uomo è il portatore oggettivo della ragione, tutto ciò che impedisce all’uomo di sviluppare la ragione è il male, e questo male deve essere eliminato nel più breve tempo possibile e in qualsiasi modo. Qualsiasi? Davvero in qualsiasi modo? No, probabilmente non uno qualsiasi. O uno qualsiasi? Sei un pappamolla! pensò di sé stesso. Bisogna decidere. Prima o poi avrebbe dovuto comunque decidere.

Il libro inserisce tutte queste riflessioni all’interno di una efficace cornice di genere. È difficile essere un dio è un’avventura medievale ricca di cavalieri, intrighi di corte, spade sguainate e risse da taverna, in cui la narrazione viene sempre portata avanti attraverso l’azione senza essere appesantita da spiegazioni didascaliche o descrizioni superflue. Lo stile di Arkadij e Boris Strugackij trascina il lettore nel corso degli eventi mantenendo la tensione su cosa farà (o non farà) Rumata fino all’ultima pagina.

Il romanzo non è solo un ottimo esempio di fantascienza ma un libro che parla di banalità del male, del significato di progresso e del suo costo, di cosa succede se si decide di intervenire e delle conseguenze che si hanno anche in caso scegliessimo di non agire. È un monito sul potere e sulla fragilità della cultura quando viene presa di mira dai tiranni e dai dittatori. Un libro sulle atrocità che può generare l’uomo e sulla purezza che bisogna cercare di proteggere.

Pubblicato per la prima volta nel 1964, risuona potente e attuale ancora oggi.

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