Il noir per certi versi è l’esaltazione dell’uomo solitario, l’uomo solo che si trova a fronteggiare drammatiche situazioni. Solo nel senso morale, è l’unico a vedere il male, è l’unico a volerlo arginare, intorno a lui ci sono solo schiere di persone che o sono conniventi o sono vittime. Dopo la triade magica Hammett, Chandler e Macdonald, il noir a stelle e strisce ha subito molte influenze e si è distaccato dal “modello californiano” diventando un genere fortemente psicologico. Mi viene da pensare a un autore come Derek Raymond che in una sorta di flusso continuo di coscienza ha scritto bellissimi libri.
Nella sua prima traduzione italiana, il noir letterario di un ex poliziotto diventato un gigante della letteratura brasiliana: il romanzo d’esordio di Rubem Fonseca. Pubblicato nel 1973 e da subito bestseller oltre ogni aspettativa, Il caso Morel aprì la strada a un’incredibile carriera: un romanzo geniale, costruito da una penna di prim’ordine.
Rubem Fonseca si immette in questo solco. E ci si immette alla grandissima. Se Chandler e Hammett erano classici nella scrittura, questi autori del dopoguerra lo sono meno – a loro modo sperimentano sulla pagina e vogliono un lettore attento. Il male e i personaggi dei loro romanzi sono diventati più psicologici, più contorti.
Il caso Morel racconta la storia di due uomini, Paul Morel, artista recluso in carcere per avere ucciso una ragazza, e Vilela, ex poliziotto adesso diventato scrittore di gialli. Morel farà leggere un manoscritto, con il riassunto della sua rocambolesca vita a Vilela, il quale all’inizio prende in considerazione il manoscritto dal punto di vista artistico, per poi appassionarsi al caso della donna uccisa. Non dico altro, perché non è interessante. Quello che sorprende sono i personaggi, così materici, così carnali, hanno tutti forti pulsioni o deterioranti malattie che esplodono sulla pagina come un bicchiere di champagne.
Rubem Fonseca, con una scrittura che deve molto al “modello californiano”, costruisce un romanzo frantumato, pieno di rimandi, di citazioni, che lentamente (ripeto, vuole un lettore attento) costruisce un quadretto meraviglioso, umanissimo; una Rio de Janeiro malata di alcol e droghe, appartamenti spettacolari con affaccio sul mare e sesso, tantissimo sesso, che alla fine diventa quasi un personaggio del romanzo.
Fazi ha sempre avuto un grande occhio per portare autori stranieri in Italia, soprattutto autori di gialli con la collana Darkside. Il caso Morel, pubblicato nel 1973, ora per la prima volta in Italia, è un’importante pubblicazione, che porta aria fresca in un panorama di romanzi nazionali che puzza sempre un po’ troppo di provincialismo.
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