A me quelle strade non mostravano l'anima cruda del loro passato, erano solo il teatro dell'infanzia smemorata. Le stesse cose che a me rivelavano un volto, un'atmosfera, a babbo rivelavano un'anima. E arrivava anche a mio padre quest’anima e lui ci sentiva ancora un ricordo, un affetto, anche se non diverso da quello che si porta a una vecchia fidanzata con cui non si riusciva ad andare d'accordo
Leonardo: il nonno. Babbo. Ha fatto la guerra, parla dialetto, comprende e mastica l’italiano.
Riccardo: il padre, il figlio. Ha lavorato sodo per tutta la vita, è cresciuto a metà tra due epoche, tra la povertà del dopoguerra e lo scoppio del boom economico, parla italiano e dialetto.
Nicola: il figlio del figlio. È un professore di lettere disoccupato, aspetta settembre per le supplenze. Comprende il dialetto ma non lo parla, l’italiano lo ha studiato a fondo.
Tre uomini con tre ruoli definiti, imprescindibili per rapportarsi l’uno con l’altro.
Vivono tutti a Milano, ma le loro radici stanno nelle crepe di una vecchia casa a Barletta, in Puglia, da dove Riccardo se ne è andato da adolescente. La casa delle origini, ormai abbandonata ai piccioni che vi hanno fatto il nido, lasciata alle intemperie che ne hanno crepato i muri, come la distanza e il tempo hanno crepato i rapporti della famiglia che la abitava.
Tre uomini che tirano le somme della propria vita. Tre lingue diverse per raccontare l'emigrazione e la perdita delle radici; il bisogno di partire e la conquista di un posto in cui tornare.
La famiglia non c'è più. È rimasto il perno dell'ingranaggio che muoveva tutti gli altri e che ora ne fa ruotare a fatica uno per volta. Ma rotto che sarà anche quello, chiusa che rimarrà anche l'altra casa dei nonni, nessuno forse si incontrerà più
Perché adesso che in quella casa non torna più nessuno, che la vita è cambiata, è arrivato il momento di venderla. Così Babbo e Riccardo partono, e Nicola, annoiato dall’estate e dal padre, decide di andare con loro, di compiere questo viaggio a ritroso nel proprio tempo.
Forse partii non solo per fargli dispetto, ma anche per vederlo nei suoi panni di figlio
Perché i loro ruoli sono talmente definiti che a Milano non è possibile uscirne. Ma a Barletta, dove si torna dopo essersene andati, forse l’inversione è possibile.
Così ha inizio un viaggio che sembra durare un’eternità, cosparso di volti del passato, di ricordi, radici e di quei silenzi che sembrano essere l’unico affare di famiglia che i tre protagonisti condividono in egual misura.
Un ritorno che serve a mettere un punto, per poter avere, forse, finalmente, un nuovo inizio, insieme.
Con la voce di Nicola, Balzano ci mostra i territori pugliesi, ce ne fa sentire gli odori e i sapori. Il lettore si siede insieme a lui sul sedile posteriore della Punto amaranto e osserva le tre generazioni districarsi nella complessa rete di detti e non detti che il tempo e lo spazio hanno creato. Un romanzo fatto di terra e di mare, di appartenenze e abbandoni. Una prosa morbida e gentile, che segue i protagonisti come gli sguardi degli ex compaesani di Babbo ne seguono i movimenti tra i vicoli di Barletta. Una malinconia accecante, che ha il sapore del mare e della famiglia. Tre generazioni, tre pezzi di un puzzle con lo stesso cognome, Russo.
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