Solitamente per inabissarmi nelle pagine di un giallo, di un noir, ho bisogno di stabilire una distanza spaziale o almeno temporale con il luogo in cui si intrecciano gli avvenimenti, così che l’ansia dell’attesa o i brividi dei colpi di scena mi diano un margine spaziale a cui ancorarmi. Così, il thriller che sempre mi attende sul comodino in attesa del sonno, raramente è ambientato nella città in cui vivo.
Un'unica eccezione: l’avvincente serie dei protagonisti dell’ Unità di Analisi del Crimine Violento, uscito dalla penna di Gian Andrea Cerone, giunto con questo coinvolgente capitolo, alla sua seconda prova.
Lungo le strade di una Milano fradicia di pioggia e di corruzione, in un crescendo senza respiro, pagina dopo pagina il lettore viene trascinato in un vortice di inganni e colpi di scena, senza trovare, fino all'ultima riga, una salvifica verità alla quale aggrapparsi.
I suoi personaggi, dal commissario Mandelli, arrivato ad un bivio della propria vita in cui deve prendere un’importante decisione, all’ ispettore Casalegno “che sta perdendo interi pezzi della sua vita, uno a uno”, con le loro vicissitudini personali, i loro caratteri così diversi, insieme a tutti i protagonisti della squadra investigativa ci rimangono sotto pelle.
Così, come indimenticabile è la Milano che fa da sfondo alle indagini in questo secondo libro, “una città che porta in faccia tutti i segni della sua età”, in una distanza in perfetto equilibrio: così vicina nell’odonomastica in cui riconosciamo quartieri, vie e perfino negozi e trattorie che ce la rendono così familiare e nello stesso tempo luogo altro e perturbante in cui il Male sembra agire sotto le sembianze di una vendetta atavica che si alimenta dal passato.
Una pioggia incessante accompagna per otto giorni le indagini, il grigio del cielo è la sfumatura costante che rende sfuggente la città, lo stato d’animo del commissario è quello di chi ha, per la lunga esperienza, la consapevolezza che “ogni giorno ha a che fare con la feroce variabile dei sentimenti umani. Una quotidianità che alla lunga ti fa sanguinare l’anima”. Eppure, l’umanità, i sentimenti profondi e autentici, la pazienza e l’intelligenza di Mandelli che ama immensamente sua moglie, la storia e passeggiare per le vie della sua città, insieme all’imprevedibilità, l’irruenza, la simpatia dei colleghi si stagliano sulla superficie del male, con un indagine che ci lascia ad ogni pagina in trepidante attesa.
La sparizione di un libro misterioso, una serie di delitti macabri e scenografici, poche tracce e riferimenti occulti da seguire in un alternarsi di intuizioni e depistaggi. Due vicende drammatiche che si intrecciano con grande maestria, e una squadra eterogenea ma legata corpo e anima al loro commissario che con grande abilità non si lascia sfuggire dettagli e particolari dissonanti che possono apparire insignificanti e che sa leggere tra le false righe di un sorriso o di uno sguardo, sempre senza smettere di essere umano.
Due figure del Male, “il Cacciatore”, presenza inquietante e “lo Spettro”, un vendicatore seriale venuto dal passato che sembra sfidare apertamente la polizia, entrano in scena, e fino all’ultima pagina, rimaniamo col fiato sospeso. L’indagine è scandita, in un crescere di suspense, in otto giorni e le giornate dalle differenti intensità con cui la pioggia di novembre, incessabile, colora le ore. Si scava sotto l’apparenza dei fatti, ora con quell’abilità dovuta all’esperienza, ora con quella “naturale abilità intuitiva” che sovente infiamma lo sguardo di Mandelli, ma sempre in un gioco di squadra, in cui anche il meno brillante ma simpaticissimo agente semplice Santosuso può dare il suo personale contributo all’indagine.
Gian Andrea Cerone riesce con grande abilità a delineare, con un sorriso mal celato, i caratteri, le debolezze e l’umanità dei suoi personaggi nella loro vita familiare e a mettere in rilievo le loro peculiarità investigative nel gioco di squadra. Così il “prevedibile e abitudinario” Mario Mandelli di cui perfino “le serate speciali sono di dominio pubblico”, non ha eguali per capacità deduttive e spirito di osservazione e per saper leggere nei volti e nel cuore dei colleghi sostenendoli e guidandoli. Tutta la squadra - “Quel gruppo un po’ sgangherato ed eterogeneo di donne e di uomini (che) rappresenta tutta la sua vita professionale, una sorta di famiglia allargata” - dovrà scavare a fondo nella vita delle vittime per far luce sul passato in una corsa contro il tempo per fermare il Male.
La scrittura di Cerone riesce nell’intento, che è proprio dei grandi thriller: quello di saper incollare il lettore alla pagina, in un gioco sospeso di equilibri, fatto di attese, sorprese, colpi di scena, per farlo avvicinare alla verità che sembra farsi sempre più lontana riga dopo riga, in un’attesa trepidante in cui si finisce quasi per percepire “quello strano formicolio dietro alla nuca” che prende all’improvviso il commissario Mandelli quando “i particolari si vanno definendo e il barlume di una folle idea inizia a farsi strada”.
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